IL CONFORTO E LO SCONFORTO

Quando a presiedere il Consiglio dei Ministri è stato chiamato Mario Draghi, siamo stati tutti confortati. Dopo un tempo interminabile in cui abbiamo visto degli incompetenti tenere le leve del nostro destino, non ci poteva essere notizia migliore. Quando poi il governo da lui presieduto ha cominciato a muovere i primi passi, e con esso hanno cominciato ad interagire i partiti, il conforto si è tramutato in sconforto. Perché abbiamo ricordato che su una vecchia diagnosi non ci sbagliavamo: il problema non è chi comanda l’esercito, ma l’esercito stesso.
Anni fa il regista Nanni Moretti si rese famoso gridando sconsolato da un palco: “Con questi dirigenti non vinceremo mai!” Parlava del Pd, ma sarebbe stato meglio che pensasse anche ad altro: qui non si tratta di vincere. Infatti avrebbe dovuto gridare: “Con questi italiani non faremo mai le riforme. Con questi italiani non ci riprenderemo mai economicamente. È soltanto quando cambieranno gli italiani che cambierà il governo”.
Ma, appunto, quante probabilità ci sono, che cambino gli italiani? A breve e medio termine, è impossibile. Nel lungo termine, è sicuro che cambieranno ma purtroppo, come diceva Keynes, “Allora saremo tutti morti”.
Non si tratta di pessimismo programmatico. Qui non si non guarda al futuro ma al passato. Se un giovane, dai quindici ai venticinque anni, si è comportato male, non è pessimistico reputare che continuerà a comportarsi male anche in seguito. Se invece, per miracolo, di colpo metterà la testa a posto e si comporterà in modo ammirevole, tutti ne saranno contentissimi. Ma quanto sono frequenti i miracoli?
Per l’Italia è il passato che ci rende poco convinti del cambiamento e del miglioramento. Dunque lo scetticismo è più giustificato dell’ottimismo.
Per David Hume, famoso critico del concetto di causalità, la ripetizione del fenomeno non dimostra la sua ineluttabilità. E dunque mi permetto di inventare una sua citazione: “Chi ci vieta di pensare che, ad un certo momento, l’acqua dei fiumi si metta a scorrere verso la sorgente?” Niente e nessuno, ovviamente. Ma a che servirebbe? Chi mai conterebbe su un simile fenomeno, per risolvere un problema?
Come qualcuno ricorderà, prima che Mattarella conferisse a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo governo, alcuni commentatori davano per sicuro il rifiuto dell’economista. Non era una previsione sballata. Io stesso un po’ mi sono stupito, quando Draghi ha accettato. E infatti già oggi lo vedo obbligato a confrontarsi con problemi insolubili. Ecco un paio di alternative: se “apre” l’Italia, per non far morire la sua economia, tutti lo accuseranno di avere provocato migliaia di morti sull’altare del Dio Denaro; se “chiude” l’Italia lo si accuserà di essere stato sordo al grido di dolore delle migliaia di imprese che fallivano, dei milioni di italiani che perdevano il lavoro e il modo di guadagnarsi il pane. E gli stessi partiti che in questa occasione gli avranno tenuto il sacco avranno la faccia tosta di dire che loro erano del parere opposto. E intanto danno ragione alla protesta, per lucrare qualche voto, od anche soltanto qualche “intenzione di voto”.
Nello stesso modo tutti sono d’accordo che, per riformare la Pubblica Amministrazione, bisogna fare una frittata delle uova che la costituiscono, all’unica condizione – su questo c’è l’unanimità – di non rompere le uova. E lo stesso vale per il fisco e per la giustizia. Draghi non soltanto si troverà ad affrontare l’opposizione di tutti, ma un’opposizione disonesta e sleale, perché chi lo accuserà saprà benissimo che non poteva fare diversamente. Che anche l’“altra” soluzione era costosa. Per non dire che loro stessi, pubblicamente o sottobanco, ne hanno sostenuto l’azione. Se ora la rinnegano, è perché contano (con ragione) sulla scarsa memoria degli italiani. E comunque, se necessario sosterranno che sì, loro hanno aiutato il governo, ma perché erano male informati. In ogni caso, la responsabilità è di chi governa, non di chi collabora.
In fondo però questa ipotesi rimane ottimistica. È come se si stesse dicendo: il governo ha fatto la cosa giusta e i partiti protestano. La realtà invece sarà: il governo proporrà qualcosa e, qualunque cosa sarà, i partiti gli impediranno di farla. Se no come si spiegherebbe che, dall’eternità, e con i più diversi governi, non si è mai riusciti a riformare la Pubblica Amministrazione?
Non c’è accordo fra i partiti nemmeno su ciò che tutti reputano evidente, per esempio la necessità di vaccinare la massima quantità di italiani. Soprattutto essi sono incapaci di accettare preventivamente il costo dell’operazione. Se – per esempio – pur di ottenere dei vaccini, da chiunque e a qualunque costo, bisognasse “litigare” con l’Europa, una volta che il governo l’avesse fatto, nessuno si asterrebbe dal criticarlo, per avere contraddetto il suo sbandierato e sacrosanto europeismo. E se invece il governo aspetterà che Bruxelles corregga la rotta e ottenga più dosi, quanti ne approveranno la prudenza, mentre tanta gente protesta, aspettando invano di essere vaccinata?
Come si vede, non è difficile immaginare come vanno le cose. I governi forse non sanno governare, ma una cosa è sicura: gli italiani non vogliono essere governati. E quando lo vogliono si riservano il diritto di condannare senza appello chi ha osato farlo. “Come, avete rotto quelle belle uova?”
Ed è per questo che i governanti reputano che il minor danno lo subiranno non facendo niente. In questo senso il più grande politico italiano non è Camillo Benso conte di Cavour, ma l’avv.Giuseppe Conte, da Volturara Appula.
Di Atatürk ne nasce uno ogni secolo, e quello del XX secolo i turchi se lo sono già giocato. Quante speranze abbiamo che ne nasca uno in Italia, e che ne seguiamo l’insegnamento? Ognuno lo calcoli da sé.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
25 febbraio 2021

IL CONFORTO E LO SCONFORTOultima modifica: 2021-02-25T14:34:52+01:00da gianni.pardo
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