CONTE E IL M5S

Giuseppe Conte è stato chiamato ad essere il leader del M5S. Scrivo “il leader” perché non so che cosa sarà tecnicamente. E del resto, avendo lui detto che non accettava senza condizioni, sarebbe teoricamente possibile che di questo incarico non se ne facesse niente. In realtà, è interesse del Movimento avere a capo una figura centrale e nota e, quanto a Conte, so che accetterebbe anche di essere il capo della Carboneria o della Massoneria, purché lo chiamassero Presidente. Dunque per il momento diamo per assodato che Conte sarà il leader del M5S.
Ora bisogna superare la personale antipatia per il personaggio per vedere quale potrà essere l’effetto concreto di questa mossa, difficilmente di grande successo. Infatti, se Conte è stato chiamato soltanto perché “visibile”, “noto” e perfino (a sentire i sondaggi di qualche tempo fa) “gradito” al grande pubblico, la mossa è pericolosa. Se invece lo si è chiamato perché lo si reputa realmente capace di guidare il Movimento, la mossa è anch’essa pericolosa, seppure per un motivo opposto.
Se Conte dev’essere la faccia pulita e sorridente del Movimento, il rischio è che, dopo un po’ di tempo, gli amici e gli avversari comincino a chiedersi con chi devono parlare, se il discorso si fa serio. Ricordiamoci che Zingaretti è stato spinto a dimettersi probabilmente perché ha cercato di mettere pace, di essere moderato, di far convivere le correnti facendo contenti tutti. E questa non sempre è una buona politica. Finché in Russia c’è stato Stalin, che ha fatto morire di piombo, di fame e di freddo milioni di russi, per lui non ci sono state che lodi. Non appena il “Capo” è diventato più umano – si chiamava Khrushchev – lo hanno messo da parte. Né meglio è andata a Gorbaciov, il quale ha ridato la libertà ai russi.
In secondo luogo, si deve ricordare che i partiti più litigiosi sono quelli in cui gli adepti hanno profonde convinzioni. Chi lotta per interesse può accettare il compromesso perché, se voleva cento, accetterà cinquanta, se l’alternativa era niente. Se viceversa qualcuno si batte per l’ideale, da un lato non farà sconti a nessuno (perché non è mosso dall’egoismo) e dall’altro preferirà perdere piuttosto che arrendersi. Forse per questo la Democrazia Cristiana è durata così a lunto: perché i suoi dirigenti erano semplicemente cinici.
Oggi il Movimento è sull’orlo della scissione perché è nato come partito ideologico – seppure infantilmente ideologico – e presto si è trovato costretto a scendere ai peggiori e più disonorevoli compromessi. Così c’è chi ne ha abbastanza. Gente che vorrebbe una sterzata verso le origini, mentre il partito governa con un banchiere, con Salvini e con Berlusconi.
Conti avrà il suo bel daffare, per cavalcare questo cavallo imbizzarrito. Stavolta non è detto che la diplomazia e l’inerzia facciano miracoli. Mentre era al governo Conte ha beneficiato del terrore delle urne, ma da capo del M5S non potrà né evitarle né determinarle: dovrà cavarsela a mani nude. E nello stesso movimento c’è chi si crede più qualificato di lui al ruolo di numero uno. La partita è difficile.
Ma bisogna fare una seconda ipotesi. Conte potrebbe accentuare le sue tendenze ad essere imperioso, autoreferenziale, arrogante e accentratore. Se le è potute permettere nei mesi in cui ha profittato dei pieni poteri regalatigli dal Covid-19. Ma oggi il pericolo è doppio: per il partito, quello di subire un capetto con tendenze dittatoriali: per lui, quello di essere fatto fuori a pedate. Infatti il capo imperioso si può permettere di essere tale quando è insostituibile (per esempio Berlusconi) o quando ha la maggioranza del partito dietro di sé (chi, nella Lega, si sente di contestare Salvini?). Ma Conte continuerà comunque a pagare il prezzo del suo peccato originale: è un quisque de populo, e non ha nessuno dietro di sé. Se sbaglierà qualche mossa di troppo gli presenteranno subito il conto.
Naturalmente, per finire, si deve fare una terza, fantastica, inverosimile ipotesi. Il Conte 1 era in una posizione impossibile: la massima carica col minimo potere. Infatti di lui si diceva che era il vice dei suoi vice. Il Conte 2 è stato un ras perché la paura era che, cadendo lui, si dovesse andare alle urne. E dunque tutti a casa. Infine, perché il virus ha permesso un’infinita serie di DPCM. Il Conte 3, capo del M5S, potrebbe invece essere una sorpresa positiva. Potrebbe dimostrare capacità insospettate per salvare sé stesso e il Movimento, guidandolo con sapienza al successo. A volte la carica rivela l’uomo: basta pensare a Napoleone, cui fu affidata la campagna d’Italia proprio perché era un incarico privo d’importanza, e che invece lui trasformò nel trampolino della sua gloria. Sarebbe bello se questa terza ipotesi fosse quella giusta. Io continuerei ad averlo in antipatia – questione di pelle, e di stile – ma l’Italia avrebbe guadagnato un grande uomo politico. E Dio sa quanto ne ha bgisogno.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
9 marzo 2021

CONTE E IL M5Sultima modifica: 2021-03-10T14:00:07+01:00da gianni.pardo
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