LA VANITA’

Se io scrivessi: “Ci sono le persone vanitose e ci sono le persone normali” tutti mi direbbero: “È ovvio”. In realtà bisognerebbe dire: “Ci sono le persone vanitose e ci sono le persone anormali”. O anche, se si vuole: “Ci sono le persone ingenuamente vanitose e ci sono le persone segretamente, e forse più efficacemente, vanitose”. Semplicemente perché il desiderio di vedersi apprezzati è una delle tante facce del normale amore di sé. Dunque val la pena di occuparsene.
La ricerca del consenso ha anche una funzione conoscitiva. Se scrivo poesie, come faccio a sapere se sono poeta o no? Non possono essere che gli altri a darmi la risposta, secondo che accolgano i miei componimenti col loro apprezzamento o col loro disprezzo. Ecco perché si è in diritto di gioire dell’apprezzamento positivo altrui. Purtroppo poi si è in dovere di dare il giusto peso al giudizio negativo degli altri: perché, in sé, ha la stessa validità. Se qualcosa cambia, nel peso della sentenza, è la qualità di chi l’ha emessa. Non è senza importanza che il giudice sia competente o incompetente, che abbia l’intenzione di farci piacere o di umiliarci.
Il vanitoso ingenuo è colui che si affanna a spiegarvi i suoi meriti: “Hai visto quanto sono bello? Hai visto quanto sono elegante? Lo sai che parlo due lingue straniere? Io sono stato tre volte a Parigi, tu ci sei mai stato?” Questo genere di vanitoso è un perfetto imbecille. Se è veramente bello, indurrà il non bello a pensare che in compenso il nostro Adone è stupido. Se è elegante, l’ascoltatore lo irriderà per il minimo errore di gusto e perfino, crudelmente, penserà che intanto è basso di statura e dunque vagamente ridicolo. Ad andar bene, lo giudicherà fatuo. Vantarsi, a torto o a ragione, è quasi sempre un pessimo affare. Non è vantando l’etichetta che si predisporranno gli altri ad un giudizio positivo sul vino.
Non si salvano nemmeno le vanterie giustificate, a tal punto la vanità ingenua induce il prossimo a una critica spietata. “Ti vanti di essere poliglotta? E intanto hai detto sàlubre invece di salùbre. Perché non cominci con lo studiare bene l’italiano?” Sottolineare i propri meriti ottiene il risultato contrario a quello sperato. Se uno si vanta di essere andato in Grecia in barca a vela, e alcuni degli astanti sanno che quel signore che sta in un angolo e non dice niente ha partecipato alla regata intorno al mondo in solitario, l’imbarazzo si potrà tagliare col coltello, e la cattiva figura del velista della domenica rimarrà per tutti un ricordo incancellabile. Quand’anche, per delicatezza, nessuno gli segnali il fatto.
Ma non bisogna fraintendere. Chi, avendo più numeri, assiste allo spettacolo dello sciocco che si vanta per molto meno, non è che non sia abbastanza umano per aver voglia di dargli sulla voce. È che se lo vieta. Spera eroicamente che alcuni conoscano già i suoi meriti e che gli altri “li scoprano”. Perché se invece intervenisse, non che essere più stimato, lo sarebbe meno: “Poteva anche non dirlo. Quel povero ingenuo che poteva saperne di avere nella stanza un numero uno del ramo? E lui lo ha reso ridicolo. Non è un comportamento da gentiluomo”.
Il vanitoso intelligente sa che i meriti altrui fanno ombra, a meno che non siano stati scoperti autonomamente o celebrati da terzi. Se l’interessato li tace siamo contenti di attribuirgliene il merito, siamo contenti di comunicarli ai terzi e lui stesso lo dichiariamo “modesto”.
Ma è modesto? Io credo di no. Nessuno ignora i propri meriti e tutti ce ne esageriamo il valore non fosse altro che perché il nostro metro di giudizio è, appunto, il nostro metro di giudizio. Immaginiamo una bella indossatrice ventenne: la sua scala di valori avrà al primo posto la cultura storica? E la grazia e l’avvenenza staranno mai al primo posto, per uno storico?
Ecco un’ulteriore ragione per non vantarsi. Anche se i nostri meriti sono effettivi, può accadere che essi occupino per gli altri un posto così basso, nella scala dei valori, che rischiamo di renderci ridicoli. Né le cose andranno meglio se gli ascoltatori hanno la nostra stessa scala, perché in quel caso rischiamo di suscitare la loro gelosia e loro non ci ameranno e stimeranno più di prima.
L’umiltà in generale è più che giustificata dal fatto che, in ogni campo, ci sono decine, a volte centinaia, a volte milioni di persone migliori di noi. E se proprio siamo il numero uno del mondo, ci sono molte altre classifiche in cui non siamo nemmeno il numero cento. La maggior parte delle volte l’umiltà, più che una virtù, è il risultato di una constatazione. I nostri meriti e i nostri demeriti sono come la nostra statura e il nostro naso: che siano belli o brutti, tutti li vedono, e non li modificheremo parlandone.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
11 marzo 2021

LA VANITA’ultima modifica: 2021-03-11T14:12:12+01:00da gianni.pardo
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