IL COVID, A CONTI FATTI

Da un anno, in tutte le sedi e a tutte le ore, non si parla che di virus. E a questo punto quanto sarebbe bello potersi presentare sul proscenio e dire: “Ecco qua la soluzione, dovete soltanto far questo”. Non sarebbe una straordinaria “genialata”? E pensate allo spettacolo, agli applausi, al sollievo del mondo.
Se state scuotendo la testa avete ragione. Quella soluzione non esiste. Oppure è mitologica come chi dicesse: “Immaginate che il virus si sconfigga con una pillola, monodose, e che l’Italia disponga di settanta milioni di pillole (più della popolazione perché si sa, aprendo la confezione, qualcuna rotola sotto il letto e non c’è modo di trovarla). Basta che domani tutti e sessanta i milioni di italiani ingoino quella pillola e nel giro di tre settimane, alleluia, tutti immuni, tutti al lavoro, a scuola a divertirsi, il virus non c’è più. O, almeno, ce ne sarebbe ancora una buona scorta nella legione di cretini che si fida dei cibi “bio” ma non si fida dei farmaci.
La soluzione per il virus non esiste per almeno queste semplici ragioni: non disponiamo di un numero sufficiente di vaccini; non possiamo chiudere tutto e non possiamo aprire tutto. Non possiamo neppure un giorno chiudere e un giorno aprire, cumulando gli svantaggi di ambedue le soluzioni.
Ma dinanzi ad un problema insolubile, prima di arrendersi, bisogna chiedersi: può fornire una soluzione, o almeno un orientamento, il cosiddetto “pensiero laterale”? Il pensiero laterale è quello che offre una soluzione impensata, perché affronta il problema partendo da un punto di vista imprevisto. In questo caso il pensiero laterale potrebbe chiederci: “Se non sapete che cosa fare, sapete almeno che cosa non fare?” E qui le risposte si fanno più concrete.
Se un problema è insolubile, la prima cosa da fare è riconoscerlo. Non ricordo come si chiama il matematico che ha dimostrato che la quadratura del cerchio è impossibile, ma l’umanità gli deve “une fière chandelle”, come dicono i francesi, una sorta di eterno omaggio (si chiamava Ferdinand von Lindemann, grazie, Wikipedia). Infatti egli ha liberato le accademie delle scienze di tutto il mondo dalle proposte di soluzione che presentavano legioni di matematici speranzosi. E che, ad un attento esame, si rivelavano invalide. Oggi, se vi presentate con la vostra soluzione della quadratura del cerchio i vostri documenti non vengono neppure esaminati. Che riposo.
Dunque, riconosciuta la natura del virus, si sarebbe dovuto dire: “Non abbiamo un vaccino e non l’avremo per molti mesi. Se chiudiamo tutto moriremo di fame. Se apriamo tutto moriremo come le mosche, anche perché non si potranno curare le folle di infettati. Qualunque soluzione adotteremo sarà ‘sbagliata’. Né lo Stato potrà sostenere economicamente coloro che in questo periodo perderanno il loro reddito. Inutile parlare di sussidi, sostegni e risarcimenti (come se la perdita fosse colpa dello Stato). Sarebbero comunque mancette. Dunque lo Stato si limita ad annunciare la calamità, pregandovi, nel vostro interesse, di essere prudenti, e nel frattempo farà l’impossibile per avere al più presto decine di milioni di fiale di vaccino”.
Questo avrebbe mostrato alla gente la gravità della situazione ed avrebbe scaricato lo Stato dalle accuse derivanti da dichiarazioni demenziali come quelle di Giuseppe Conte: “Nessuno perderà il lavoro”, “Nessuno sarà lasciato indietro”, “Lo Stato indennizzerà tutti” ed altre favole. Se non aiutiamo qualcuno perché non abbiamo la possibilità di farlo, non dobbiamo nemmeno irriderlo promettendogli un aiuto che non gli daremo.
Donald Trump e Boris Johnson da prima hanno tentato la carta di minimizzare il virus, e gli è andata male. Altri, come l’Italia, hanno cominciato col chiudere tutto e gli è andata male, soprattutto economicamente. Chi ha sbagliato? Tutti e nessuno, perché il problema è insolubile, e si risolve soltanto con i vaccini.
Anche per questi, quale fosse la soluzione giusta si è visto dopo. Gli Stati Uniti spensierati di Trump hanno tuttavia investito miliardi per produrre al più presto un vaccino, ed oggi sono molto avanti a noi, in questo campo. L’Italia non soltanto non si è preoccupata dei vaccini (per produrli), ma ha riso dei privati che hanno creato (a loro spese) un ospedale anti-Covid nella Fiera di Milano ed ha creduto nell’estate del 2020 che l’epidemia fosse finita. Con le conseguenze che sappiamo. Addirittura noi non abbiamo “opzionato” le quantità di vaccino rimaste disponibili (ce lo ha detto la nostra rappresentante Sandra Gallina) come hanno fatto altri Paesi (la Germania, credo) ed oggi non sappiamo come fare e dipendiamo dagli altri. Si trattava di scommesse. L’Italia, per risparmiare, non ha puntato, ed ha perso. La Germania e soprattutto gli Stati Uniti si sono giocati miliardi, ed hanno vinto. Ma nessuno sa in anticipo quale cavallo vincerà la corsa.
Qualcuno mi dirà: “Ma quanto sei intelligente! Ci stai rivelando che nessuno sa il futuro”. No, sto appunto sottolineando che è inutile voler dare colpe e medaglie: quando il futuro è incerto, magari qualcuno ha l’intuizione migliore ma da qui a condannare e disprezzare colui al quale è andata male, ce ne corre. A volte lo sconfitto ha inutilmente prolungato la propria agonia e pagato un prezzo superiore a quello che avrebbe potuto pagare; a volte lo sconfitto si è scoraggiato troppo presto, e avrebbe vinto se avesse avuto la forza d’animo di resistere e combattere. La storia, per chi la conosce, è piena di episodi che dimostrano come, in realtà, ci muoviamo a tentoni, di notte, in una foresta sconosciuta. E nessuno dovrebbe dire: “Non temete. So io la strada”. Perché non la conosce nessuno.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
29 marzo 2021

IL COVID, A CONTI FATTIultima modifica: 2021-03-29T09:15:44+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IL COVID, A CONTI FATTI

  1. Caro Professor Pardo, mi permetta di essere franco. È vero che nessuno ha la soluzione semplice in tasca, ma se almeno quegli imbecilli (Le ho chiesto il permesso di essere franco) del secondo governo Conte non avessero irriso il buon senso, ora mi sentirei anche di scusarli. Invece non solo hanno deriso chi allestiva rapidamente un padiglione della Fiera per tamponare la probabile emergenza, ma alla proposta di mettere in quarantena chi fosse arrivato dalla Cina risposero “abbraccia un cinese; il problema non è il virus ma il razzismo”, e “Milano non si ferma!”. Ed alla richiesta di isolare Codogno e dintorni, dopo alcuni giorni di riflessione (?) risposero con la chiusura di tutta Italia, Lombardia piena di malati quanto Calabria senza forse nemmeno un caso. Intanto Speranza scriveva il suo capolavoro “Perché guariremo”. Per una volta, caro Professore, se lo lasci dire, Lei è troppo buono.

  2. Di Covid si muore, certo. Ma anche di cancro, infarto, incidenti, suicidio ecc.
    Addirittura si muore di più di cancro, infarto ecc. che di Covid. Notizia letta un paio di giorni su su Televideo RAI: nel 2020 le persone decedute in Italia sono state 746’146, con un incremento del 17,2% rispetto al 2019. I morti di Covid nel 2020 (marzo-dicembre) sono stati circa 112’000.
    In Italia muoiono in media ogni giorno 1800-2000 persone, circa 700’000 l’anno.
    OGNI ANNO. 746’146 – 112’000 = 734’146 morti NON di Covid che sono apparentemente morti di Serie B o C, visto che di questi nessuno parla, anzi la maggior parte della gente non sa nemmeno quanti muoiono in media in Italia ogni anno.
    Le conclusioni? Le lascio a voi. Io non mi farò vaccinare, dunque sarò considerato un no vax, un negazionista, un delinquente o un criminale o un cretino. Ma lo sapete che c’è qualcuno a cui questa similpandemia piace? Il papa per esempio, che ci ordina di farci vaccinare. Ma anche Mattarella, Draghi, Bill Gates ecc. Disse Jacques Attali, ex consigliere di Mitterand, nel 2009: “Una «piccola» pandemia accelererà l’istituzione di un governo mondiale”. Questa pandemia è piccola, media o grande? Comunque a qualcuno piace ed è un affare enorme per le cause farmaceutiche.
    E dopo il Covid cosa verrà?
    Rileggete la descrizione della peste a Firenze nel Decameron (nell’introduzione, sono poche pagine, l’unica testimonianza o descrizione che abbiamo della peste del 1348).

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