LINGUAGGIO E REALTA’

Ho la fortuna di avere un quasi nipote che è un neuropsichiatra con ventennale esperienza in un’università degli Stati Uniti e decenni di pratica professionale. Le rare volte in cui ci incontriamo, passiamo un paio d’ore a discutere di tutto (io faccio finta di essere al suo livello) e spesso siamo d’accordo. Ma su un punto, finiamo col dissentire: il linguaggio. A sentir lui, il linguaggio è tutto, tanto che a volte ho pensato che forse si è passati dal pansessualismo freudiano al pan-”linguaggismo” attuale. E la cosa è strana, perché delle lingue io ho quasi fatto il mio mestiere, mentre lui se ne è servito soltanto come strumento di comunicazione. Ma la notte “porta consiglio”. E l’insonnia di questa notte mi ha fatto balenare un’idea che propongo agli amici.
Il linguaggio non è sostanza, è soltanto un mezzo di comunicazione. Un tramite. Se un animale territoriale vede apparire un congenere, assume tutta una serie di atteggiamenti per comunicare all’intruso (linguaggio) che è disposto a combattere per il proprio territorio. La speranza è che l’altro rinunci al suo progetto di conquista e il proprietario di quel pezzetto di mondo se la cavi senza dover combattere. Avendo soltanto mostrato le proprie armi e le proprie intenzioni.
Il linguaggio è un mezzo col quale si trasmettono idee, convinzioni, rappresentazioni del reale. Il canale attraverso il quale si inculcano concetti come il bene e il male, come il ruolo dell’uomo e della donna, come il dovere di obbedire al capo, e mille altri dati che danno sostanza alla realtà “umana”. Al punto che alla fine si può dire che l’individuo non vive nel mondo qual è oggettivamente, ma nel mondo quale lo immagina e lo percepisce.
In una certa società, dove si insegna che l’uomo ha il dovere di essere superiore alla donna, un uomo potrebbe reagire male, se la sua donna avesse più successo di lui. Potrebbe esserne geloso, odiarla e volerle imporre malgrado tutto la propria immaginaria superiorità. Mentre in una società dove si concepisce che in una coppia la donna possa essere “superiore” all’uomo, potrebbe avvenire che i due si vogliano bene, che lui sia felice dei successi di lei, e la stessa situazione di prima (un inferno) potrebbe trasformarsi in un caso di perfetto accordo e di perfetta armonia (un paradiso).
A questo punto (se ho capito bene) mio nipote direbbe che “è tutta una questione di linguaggio”, io direi invece che non è una questione di linguaggio, ma una questione di realtà soggettiva percepita come oggettiva. O magari una situazione di convinzioni generalizzate veicolate, questo sì, attraverso il linguaggio. Dunque non un diverso giudizio sul problema, ma soltanto la visione dello stesso fenomeno da due punti di vista diversi. Lui guarda il tramite del risultato, io il risultato direttamente.
Se un referto mi indica che ho un cancro, sarò assolutamente disperato, e con ragione. Se poi mi si dimostra che quel referto è erroneo, sarò felice come non ero mai stato. Ma, direbbe qualcuno, sia la disperazione, sia la felicità, sono il risultato di due notizie: dunque ciò di cui hai sofferto e ciò di cui sei stato felice sono stati soltanto due messaggi. Una questione di linguaggio. Io invece direi che non è stata una questione di linguaggio ma di vita o di morte. Il linguaggio è il tramite attraverso il quale ho notizia della realtà (che la notizia sia vera o falsa) ma ciò cui reagisco non è il tramite della realtà, è la realtà che credo di percepire.
Le conseguenze di tutto ciò sono tuttavia immense. La maggior parte degli esseri umani non vive la realtà “immediatamente” ma “mediatamente”. Una bella ragazza di vent’anni che non soffre di nulla – vede, sente, cammina, digerisce, dorme e via di seguito – dovrebbe essere contenta della propria situazione. Invece può essere perfettamente infelice perché quel porro che ha sulla fronte, e che non può rimuovere perché il dermatologo le ha vivamente sconsigliato di toccarlo, la rende a suo parere “imperfetta”. “menomata”, “brutta”. E il mondo come le è stato rappresentato, o come lei stessa se lo rappresenta (direbbe Schopenhauer “die Welt als Vorstellung”) le impone di essere perfetta. Perché in quel mondo le brutte sono destinate all’infelicità.
E allora le infinite false rappresentazioni della propria realtà, a causa delle quali tante persone soffrono psichicamente, sono e non sono linguaggio. Sono linguaggio nel senso che gli sono entrate nella mente attraverso il linguaggio, ma il loro malessere non deriva dalle parole di quella lingua, deriva dal risultato che esse hanno provocato nella loro mente.
Ecco perché è indifferente che si parli italiano o tedesco: il fenomeno sostanziale è il risultato del complesso dei messaggi che la realtà invia al singolo. E le comunicazioni non arrivano soltanto attraverso le parole, ma attraverso i comportamenti degli altri e attraverso tutti i condizionamenti imposti della società. Tanto da poter dire che noi viviamo dentro una bolla di illusioni.
Naturalmente la corrispondenza del reale con la rappresentazioni del reale è variabile e va da un minimo ad un massimo. Il minimo è quello dello schizofrenico, il massimo è quello dell’uomo colto e saggio, Ma ciò non impedisce che anche il più colto, il più saggio e il più equilibrato degli uomini abbia almeno una parte della propria realtà del tutto illusoria, tale che, se fosse vissuto in un’altra epoca o in un’altra parte del mondo, sarebbe stata del tutto diversa.
A mio parere, il fenomeno di cui stamo parlando non va descritto come “linguaggio” ma come una “situazione percepita”, spesso attraverso il punto di vista di segnali che sono stati accolti senza nessun vaglio critico. Dunque dati illusori, devianti, patologici, e che l’individuo normalmente non è capace di decodificare correttamente.
Ecco perché l’umanità che incontra l’uomo riflessivo sembra composta quasi esclusivamente di pazzi. E non aveva torto Shakespeare quando, nel Macbeth, decrive la vita come la vicenda raccontata da un folle, piena di rumore e di furore che “non significa nulla”.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
Pasqua 2021

LINGUAGGIO E REALTA’ultima modifica: 2021-04-04T10:14:18+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LINGUAGGIO E REALTA’

  1. Buona giornata! Il «nipote» potrebbe commentare che, a fronte di una discussione sull’importanza del linguaggio, Lei decide di usare il linguaggio del blog. Però, se il linguaggio non servisse ad altre entità comunicanti, dotate anche di altri strumenti di elaborazione delle informazione, non avrebbe motivo per proseguire.
    Oggi gli informatici, per approfondire l’Intelligenza Artificiale, propongono temi di discussione a diversi elaboratori elettronici: se ne possono dedurre meravigliose informazioni sulla comunicazione, ma in questo modo non vengono aumentate le conoscenze in merito agli argomenti discussi. Diversi elaboratori possono discutere sul campionato di calcio, impareranno come avere ragione, ma non impareranno chi vincerà lo scudetto, almeno non utilizzando questo metodo.
    Alessandro Zucchelli

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