NOIA E DISPERAZIONE

Quando la situazione è drammatica, quando si vive una seria crisi, si ha la sensazione di essere a un tornante della storia. Si sente dunque il dovere di fare la cosa giusta; si trepida e si spera; insomma si vive intensamente. Addirittura si discute con sé stessi: “Mi devo separare da mia moglie, da mio marito?” La coscienza dell’importanza della decisione non lascia tregua: “Faccio la peggiore sciocchezza della mia vita, o manco del coraggio di salvarmi, quando ancora posso farlo? Magari per poi rimpiangere di non averlo fatto, quando la situazione sarà irrimediabile?” Momenti terribili di cui tutto si può dire, salvo che siano noiosi.
Noiosa è invece – crisi pandemica ed economica a parte – la vita pubblica italiana. Infatti non soltanto non sentiamo di essere a un tornante della storia, ma abbiamo la sensazione di essere del tutto incapaci di reazione. I partiti non hanno idee, litigano all’interno di loro stessi e fra loro. Spesso per motivi che ci inducono ad una smorfia di disprezzo, come il fatto che Letta conduca una battaglia politica per costringere due capigruppo a dimettersi, pur di avere due “capegruppo”. Sai che guadagno, per l’Italia e per la causa femminista.
E che dire di un M5S deliquescente, privo di idee e guidato da un uomo anch’egli privo di idee, salvo il narcisismo? Io stesso, vecchio sfaccendato, trovo questi argomenti troppo noiosi per leggere gli articoli dei grandi editorialisti. Grande problema: la Raggi si candida alla rielezione e il Pd non si sente di sostenerla. Come la metteranno con i loro progetti di alleanza? Il Pd dovrà o no presentare un proprio candidato, diminuendo ulteriormente le possibilità che il sindaco sia di sinistra o dovrà chinare la testa e fare il tifo per una sindaca di cui i romani hanno già detto peste e corna? Ecco un problema che non mi toglie il sonno. Come mi diceva una signora, “quelli che difendi non sono migliori di quelli che attacchi”.
Ma passiamo dalla noia alla disperazione. Per anni George Friedman, fra i fondatori della geopolitica, ha sostenuto che nei grandi Paesi c’è una continuità che va ben oltre il cambio dei governi e dei regimi. Infatti quel “geo” all’inizio della parola pare stia per “geografia”, non per “Terra”. Secondo Friedman la politica di un Paese come la Russia è molto più determinata dalla sua geografia che dal resto. Ecco perché, dopo tutto, non c’è stata e non c’è molta differenza fra zarismo, comunismo e democrazia.
Friedman non ne ha parlato, ma se io mi chiedo quale sia la “geopolitica” dell’Italia le conclusioni non sono liete. Innanzi tutto l’Italia è “moderatamente” europea. Nel senso che con gli altri Paesi europei comunichiamo poco. E anche questo si spiega con la geografia. Gli olandesi studiano (e parlano) sul serio le lingue straniere, anche perché, se passeggiando si distraggono, si ritrovano all’estero. E all’estero nessuno parla neerlandese, salvo i fiamminghi. Noi italiani invece, anche essendo molto sbadati, non potremmo mai superare distrattamente le Alpi. E infatti viviamo in vaso chiuso. Nessuno o quasi parla seriamente una lingua straniera. Quelle che mastichiamo le strapazziamo orribilmente (ovviamente per la mancanza di una scuola seria, ma anche di pratica). Non ci confrontiamo spesso con l’estero, e finiamo col credere in coro le panzane più assurde. Perché da noi le dicono tutti, e nessuno li contraddice. Soltanto in Italia si pensa che abbiamo vinto la Seconda Guerra Mondiale. Una simile, immensa falsificazione della verità è seconda soltanto alla credenza che, nella Russia sovietica, gli operai e i contadini fossero contenti della vita che facevano. Ma anche questa è una cosa che soltanto gli italiani (comunisti) sono riusciti a credere. Non potevano crederci i tedeschi, che avevano notizie aggiornate dalla succursale sovietica chiamata Germania Est.
Tornando al vaso chiuso di cui si diceva, quali sono le idee italiane in materia di economia? Le ho descritte troppe volte perché debba tornarci. Oggi voglio soltanto aggiungere che la speranza che Mario Draghi, grande economista di successo, rappresentasse sul serio una novità, era del tutto infondata. La politica italiana ha le sue costanti. Qual è stata la soluzione che l’Italia ha adottato per i suoi problemi, dall’inizio degli Anni Settanta? Fare debiti. Qual è stata la politica dopo la svolta epocale della caduta del comunismo? Fare debiti. Quale è stata la soluzione offerta da Mario Draghi e dalla Banca Centrale Europea al rischio (e più che rischio) di fallimento dell’Italia, nel 2011? Fare debiti. Come ha affrontato la pandemia il governo Conte? Facendo debiti. E come affronta invece la crisi il governo Draghi? Facendo debiti. Pardon, “scostamenti di bilancio”. Tanto che abbiamo superato il livello di indebitamento raggiunto dall’Italietta alla fine della Prima Guerra Mondiale. Una guerra che per giunta avevamo vinta, mentre oggi quella economica l’abbiamo persa.
Non ce l’ho con Draghi, ed anzi lo stimo, anche se ho disapprovato le sue idee economiche già dieci anni fa. Ma la sua azione dimostra che quella di fare debiti, per l’Italia, non è una scelta, è un’irresistibile coazione a ripetere. Non solo Draghi sbaglia a caricare i giovani d’oggi di un fardello enorme, ma se non sbagliasse lo butterebbero fuori dal governo. Perché il dogma è sempre lo stesso: “Questo non è il momento di risparmiare”. Un dogma che è ripetuto da mezzo secolo. E lo sarà fino alla catastrofe finale. E poco importa che la follia sia parecchio condivisa, nel mondo. Se un singolo beve troppo, finirà alcoolizzato. E non è che le cose vadano diversamente se a bere troppo sono in dieci o in cento.
Così spiego il mio stato d’animo. Quasi sorrido fantasticando su questa scenetta: Qualcuno mi viene a dire: “Ti cerca l’Italia”, ed io rispondo: “Ditele che non ci sono”.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
17. aprile 2021

NOIA E DISPERAZIONEultima modifica: 2021-04-17T10:25:51+02:00da gianni.pardo
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