LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI INSOLUBILI

Caterina Sforza a chi minacciava di morte i suoi figli per indurla ad arrendersi, gridò dagli spalti agli assedianti che potevano benissimo ucciderli, lei non si sarebbe arresa e del resto – aggiunse sollevandosi la gonna – lì fra le gambe aveva tutto il necessario per farsi tutti i figli che voleva.
Di un uomo molto forte e coraggioso, si dice volgarmente che ha le “palle quadrate”. Caterina era una donna ma di questo genere di palle quadrate ne doveva avere almeno otto, a grappolo. E credo che gli assedianti rinunciarono anche ad impiccare quei ragazzi. Era chiaro che non sarebbe servito. Si può pensare tutto ciò che si vuole di questo episodio, ma è interessante prenderlo come paradigma di “soluzione di un problema insolubile”
Vediamo tuttavia la questione come, probabilmente, l’ha vista la stessa Caterina Sforza. Lei ovviamente amava i suoi figli. ma sapeva di vivere non in un’epoca di ferro (l’inizio del Cinquecento) ma addirittura una “epoca di fango”, dove il tradimento, oltre della parola data era moneta corrente. Basti dire che Caterina era contemporanea del Duca Valentino, di machiavellica memoria.
Nel momento in cui i suoi nemici avevano catturato il suoi figli, Caterina sapeva che non aveva molte speranze di riaverli vivi. Sapeva soprattutto che non avrebbe avuto maggiori speranze se avesse ceduto agli assedianti. In questo caso, oltre ad uccidere i suoi figli lo stesso, chissà, probabilmente avrebbero ucciso anche lei. Un episodio che si è rinnovato in Spagna meno di un secolo fa, col famoso José Moscardò.
Il Cinquecento è veramente una grande lezione. Machiavelli non ha inventato niente e non ha affatto esagerato. Non bisogna mai dire: “Non arriveranno a tanto”, perché non soltanto gli uomini arrivano “a tanto”, ma vanno oltre. Dopo avere raggiunto il livello più basso, non si fermano: scavano.
E tuttavia queste amare considerazioni accendono una luce. Se gli altri sono capaci del peggio, direbbe Ser Niccolò, anche noi dobbiamo essere capaci del peggio. E per questo, quando la situazione è tragica, bisogna distinguere fondamentalmente due casi: quello in cui assolutamente non c’è via di salvezza, e quello in cui anche la via della [possibile] salvezza fa orrore.
Il condannato a morte, vicino all’ora di esecuzione, non ha scampo. Non può fare assolutamente niente. Può solo scegliere “come” morire, può comportarsi con dignità o dare un pessimo spettacolo di sé. Senza concludere nulla.
Ora invece ipotizziamo il caso di un murato vivo in una cantina, dove sa che morirà, lentamente, di sete. Ma la sua posizione non è del tutto senza speranza, perché vede che ci sono parecchi esplosivi. Dunque ha la possibilità di far crollare la casa. Normalmente dovrebbe morire anche lui, ma chissà che non si crei una breccia e riesca a fuggire. E infatti il suo dubbio non è quello. Al primo piano della casa c’è un asilo infantile. Quanti bambini potrebbero morire, se lui facesse rovinare la casa?
Grazie al Cielo non sta a me dargli un consiglio: volevo soltanto distinguere l’alternativa fra l’assenza di rimedio o l’orrore del rimedio.
Cominciamo dal problema dei migranti. I dati sono noti. Non possiamo accogliere milioni di emigranti e l‘Europa rifiuta di farsi carico di loro. Noi stessi non possiamo né dargli un lavoro né ospitarli dignitosamente. Tuttavia, dicono molti, non possiamo chiudere i porti, neanche alle navi delle “Organizzazioni non governative” che i migranti vanno addirittura a cercarli appena fuori dalle acque libiche. Né possiamo riportarli in Libia, perché la Libia non è “un porto sicuro”, dimenticando che un “porto sicuro° non è quello appartenente a un Paese democratico (ce ne sarebbero ben pochi, al mondo) ma quello in cui non entrano i cavalloni. E certamente non possiamo chiudere i porti a coloro che arrivano con una barchetta o un peschereccio. Anche perché non potrebbero riprendere il mare se non rischiando ancor più di prima la vita. Problema senza soluzione? No.
È soltanto che non si ha il coraggio di adottarla: non salvare nessuno fuori dalle nostre acque territoriali e non accogliere mai le o.n.g., oggettive corree dei mercanti di uomini. Salvini l’ha fatto. Per quanto riguarda quelli che arrivano da soli, salvarli, trainare il loro barcone in vista delle acque territoriali del Paese di provenienza (nel dubbio, la Libia), farli scendere nel loro natante, al bisogno rifornendolo di carburante, e abbandonarli lì. Se hanno potuto fare centinaia di miglia per arrivare in Italia potranno benissimo farne una decina per tornare a riva. Così non sarebbe morto nessuno e nessuno sarebbe sbarcato in Italia. Amen. La soluzione non piace? E sia. Ma non si dica che non esiste. Comunque, nel giro di un mese o due, nessuno si imbarcherebbe per venire in Italia. Garantito. E nessuno più morirebbe in mare.
Ed ora un altro problema insolubile: La Striscia di Gaza. Un nido di vipere terroristico che nessuno vuole. Non l’Egitto, non la Giordania e nemmeno Israele che, per non occuparsene, lo ha lasciato a sé stesso, sigillandolo. Ma da Gaza ora partono centinaia e centinaia di razzi con la speranza di ammazzare degli israeliani. Problema insolubile? No, neanche questo.
I Palestinesi sparano razzi che o cadono nei posti sbagliati (inclusa la Striscia di Gaza) o vengono intercettati dalla fantastica contraerea “Iron Dome”, o fanno pochi danni. Israele potrebbe dire: “Noi vi invieremo un razzo ogni dieci vostri. Ma faremo centro, nella vostra città più importante. Finché questo gioco vi piacerà”.
Sistema numero due, che non fa vittime umane. Israele dice: “Se p14/05/202114. maggio 2021di Gaza. Gli abitanti sono invitati ad evacuarlo entro stasera”. Naturalmente, finché ciò vogliono i palestinesi.
Il bello è che in questo modo non ci sarebbero vittime. Anche se, conoscendo i Palestinesi, non ci sarebbe da stupirsi se mettessero in quegli isolati decine di bambini per farli morire e poi indicare gli israeliani come colpevoli. Ma se facessero una cosa del genere, il giorno dopo la mia Israele, dopo avere avvertito, distruggerebbe non un isolato, ma dieci. Forse a Gaza non basterebbero i bambini.
Il problema di Israele è che teme la cattiva stampa. Io penso che la cattiva stampa ce l’ha già oggi. Caterina Sforza for President.
Gianni Pardo, giannipardo1@myblog.it
14 maggio 2021

LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI INSOLUBILIultima modifica: 2021-05-14T12:35:58+02:00da gianni.pardo
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