IL CONFLITTO D’INTERESSI, OGGI

IL CONFLITTO D’INTERESSI, OGGI
Il conflitto d’interessi costituisce un problema dal 1993. Allora se ne parlò moltissimo. Si diceva che Berlusconi non avrebbe dovuto o potuto fare politica e si auspicava quotidianamente che si ponesse rimedio a quel conflitto, magari escludendo il Cavaliere dall’elettorato passivo. Poi, dopo avere pestato l’acqua nel mortaio per quindici anni, ci si è stancati e oggi nessuno si occupa più seriamente di questo argomento. È come il triangolo della Bermuda: alcuni credono che vi scompaiano navi ed aerei, gli scienziati non prestano attenzione al problema.
Si ha conflitto d’interessi quando si verifica un contrasto fra l’interesse pubblico e l’interesse privato. Se un politico fa deviare una strada perché aumenti il valore di un suo terreno, si ha conflitto: infatti l’interesse pubblico è quello del tracciato migliore, non quello che meglio favorisce gli interessi privati del ministro. Il caso inverso ed estremo, forse leggendario, è quello di quel romano che emanò una disposizione che comminava la pena di morte per chi avesse commesso un dato atto e non esitò a far uccidere il suo proprio figlio, quando questi violò per primo la norma. Ben altro gli avrebbe consigliato il suo amore di padre: ma egli si piegò eroicamente alla legalità e all’interesse della cosa pubblica.
Il conflitto d’interessi si può avere prima che la norma sia adottata, e in questo caso basterà esaminarne il contenuto, oppure durante la sua applicazione. L’esempio romano è pertinente. Se, una volta verificatasi la violazione, il padre non avesse fatto uccidere il figlio, avrebbe ceduto al proprio conflitto d’interessi: ma non era certo in conflitto quando emanò la disposizione.
Questo basta a stabilire un principio fondamentale: il conflitto non può essere astratto. Si ha, a monte, quando lo Stato viene indotto a emanare una norma nell’esclusivo interesse del politico. Per esempio disponendo l’esenzione dalle imposte per lui e per tutti i suoi discendenti. A valle si ha quando l’attività politica del singolo entra in contrasto, per fini personali, con l’interesse della repubblica: per esempio quando un ministro cerca d’impedire un dovuto aumento di imposte a carico dei dentisti perché ha un figlio dentista.
Diversamente il conflitto non esiste. Se un dentista, divenuto ministro della salute, contribuisce ad emanare una norma che favorisce i dentisti – tutti i dentisti – non è in conflitto d’interessi. Paradossalmente sarebbe in conflitto d’interessi se, per scrupolo, non emanasse una norma evidentemente opportuna solo per il fatto che dopo ne beneficerà anche lui. La legge va giudicata, positivamente o negativamente, nel quadro generale. Ecco perché è stato stupido dire, quando si è reso obbligatorio il casco per i motociclisti, che si era fatta una norma per fare un favore ai fabbricanti di caschi. La norma era nell’interesse della collettività. Che poi facesse anche comodo a qualcuno, non aveva importanza.
Per Berlusconi tutti hanno continuamente parlato di conflitto d’interessi e nessuno ha denunciato un caso in cui una norma sia stata varata con esclusivo vantaggio del Primo Ministro o con danno per lo Stato. Non si può neanche citare il lodo Alfano: non solo la norma si applica a chiunque occupi una delle quattro più alte cariche dello Stato, ma essa è intesa a garantire la stabilità dell’esecutivo, non diversamente da come, per decenni, l’immunità parlamentare, per i mille che siedono in Parlamento, intendeva garantirne l’indipendenza. Se ne può discutere l’opportunità politica, ma è discutibile l’opportunità di qualunque nuova legge.
Il conflitto d’interessi di Berlusconi non è un’evidenza, è solo una possibilità la cui attuazione va dimostrata in concreto. Parlare in generale, e come dogmi, di leggi ad personam, è una sciocchezza.
Qualcuno potrebbe obiettare che, anche ad ammettere che il conflitto d’interessi berlusconiano non si sia verificato fino ad oggi, sarebbe opportuno votare una legge che ne impedisse comunque la possibilità. E questa è un’ingenuità. Se si formula una legge, si rende lecito tutto ciò che la rispetta formalmente, anche se la viola nella sostanza. Berlusconi, obbligato a vendere tutto, potrebbe favorire scopertamente l’amico compratore, per poi ricomprare tutto ciò che era suo, a fine mandato (ipotesi di Giovanni Sartori).
In realtà, nel momento in cui gli occhi di tutti sono quotidianamente puntati sul Primo Ministro, è meglio lasciare all’opinione pubblica la sorveglianza sulla sua correttezza. Non per gridare al lupo in teoria, ma per rilevare che un conflitto si sia verificato in concreto, cosa fino ad oggi non avvenuta. Ché se poi dovesse verificarsi, da un lato la gente non si lascia intralciare da commi e codicilli, dall’altro ha in mano l’arma suprema, per la sanzione: il voto.
Per anni ed anni abbiamo assistito a futili logomachie.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it I commenti sono graditi.
27 giugno 2009

IL CONFLITTO D’INTERESSI, OGGIultima modifica: 2009-06-27T12:28:02+02:00da gianni.pardo
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