QUESTIONI LINGUISTICHE

Gianfranco Mortoni, in un mondo in cui il prossimo mi fa addormentare in piedi dalla noia, talmente è prolisso, riesce a non essere chiaro a forza di stringatezza. Comunque, mi chiede se sento la “i” in una parola come “sogniamo”. No che non la sento, perché, a mio parere, non c’è. C’è un (doppio) fonema, il cui simbolo non posso qui trascrivere, che in italiano rappresentiamo col gruppo “gn”, come in “sogno”. In “sogniamo” la “i” è obbligatoria perché parte integrante della desinenza, come in “amiamo”, ma di fatto non si sente. Almeno questo credo: ma sono anche rassicurato dal fatto che molta gente scrive “sognamo”, con la buona coscienza di chi scrive la parola giusta. Il signor Pisetta ha ragione, “scritto” nasce come participio. Ma quando un participio ha funzione di aggettivo è un aggettivo. È la funzione che determina la natura di una parola. Se si dice “vivere da soli è triste”, vivere non è un verbo: è il soggetto, in analisi logica. Dunque è un nome e come tale, vista la frequenza del fenomeno, lo registra anche lo Zingarelli. Ma confesso il mio fastidio per questi formalismi, da cui ci ha finalmente liberati la moderna linguistica.

Per il sig.Gulino: so da sempre che in siciliano il futuro non esiste. Ma so anche che esso si è perduto quando si è smesso di parlare latino, tanto è vero che il futuro in tedesco e in inglese è perifrastico (ich werde sein, io divengo essere, I will be, io voglio essere) e in italiano e in francese è una saldatura tra l’infinito e il verbo avere: da andare ho, andrò, da andare hai, andrai, ecc. In francese ir+ai = irai, ir+as= iras, irons come ir+avons, ecc. E credo vada così anche in spagnolo. Quanto alla finale “emo” di andremo si ritrova, come forma del verbo avere, tale e quale in siciliano, “amu”, “emu” (abbiamo nel senso di dobbiamo).

 

QUESTIONI LINGUISTICHEultima modifica: 2009-10-09T11:56:24+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “QUESTIONI LINGUISTICHE

  1. desidererei sapere come si pronuncia oritur, se appoggiando la voce sulla o oppure su ri. Essendo, però, breve la i di ri, la voce si appoggia sulla o. Un mio amico, insegnante di latino, ritiene che si possa leggere in tutti e due i modi. E’ vero? Non è vero? E perché. Grazie, spero d’aver indovinato il sito giusto. Grazie, Michele

  2. Egregio Campanile,
    da ex alunno di liceo classico, non mi sentire di affrontare un professore di latino. Tuttavia posso opporre alla pronuncia “orìtur” il fatto che la parola fa parte di un brocardo giuridico, “ex facto òritur ius”, che ho sentito infinite volte, all’università, quando ancora il latino non era divenuto una lingua totalmente straniera e la si maneggiava con molta dimestichezza. Era un tempo in cui nessuno pronunciava l’orrendo “appriori”, invece del corretto “apriori” (perché la preposizione “a” latina non richiede il raddoppiamento sintattico). Poi la spiegazione tecnica sarà quella che dice lei (la “i” col segno di brevità), ma della pronuncia io sono sicuro come sono sicuro che “amàtur” si pronuncia così, e non “àmatur”.
    Che nostalgia.
    La gente non sa quale beneficio si traeva dalla conoscenza di quella lingua e della sua struttura.

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