ISLAMISMO A SCUOLA


Ci sono proposte che in un primo momento suscitano come risposta: “Perché no?” Poi, riflettendoci, si scoprono tante difficoltà – anche tecniche – che ci si chiede come si sia potuto rispondere in quel modo, da prima. Questo avviene anche a proposito dell’idea, ventilata da Gianfranco Fini, di un’ora d’insegnamento della religione islamica nelle scuole.

1) Ammesso che si votasse una simile legge, come trovare un insegnante per ogni scuola? Infatti in Italia non ci sono abbastanza dotti islamici – o comunque persone sufficientemente qualificate – da poter insegnare la loro religione in tutte le scuole. Incluse le Medie di montagna.

2) Dal momento che questi docenti si aggiungerebbero – non si sostituirebbero – agli insegnanti della religione cristiana, chi li pagherebbe?

3) In Italia, come conseguenza dei concordati dell’Italia con la Santa Sede, l’insegnante di religione è cattolico, e viene nominato mediante procedure stabilite con le autorità ecclesiastiche. Nel mondo islamico non c’è un clero organizzato e non c’è un’autorità centrale con cui concordare checchessia. Come selezionare i docenti?

4) Quel mondo è diviso in due fazioni abbastanza ostili l’una all’altra e dunque, per non parlare delle sette minori, bisognerebbe insegnare l’Islàm sunnita o l’Islàm sciita? Si può star sicuri che un sunnita non accetterebbe mai che suo figlio o sua figlia fossero “indottrinati” da un eretico sciita, e viceversa. Per questo è bene che l’insegnamento della religione sia privato.

5) Quali verifiche potrebbe attuare, lo Stato italiano, per assicurarsi che l’insegnamento sia esclusivamente religioso e non politico o, ancor peggio, terroristico?

6) Molti già non sono contenti che s’insegni il Cristianesimo e, per evitare problemi, dicono che non bisognerebbe insegnare una religione ma religioni, al plurale. “Storia e dottrina comparata delle grandi religioni”, ecco un bel nome. Ma anche questo fa sorgere difficoltà. Infatti…

7) Chiunque sia in grado di insegnare nozioni di religione è certamente interessato a questo argomento e dunque, fatalmente, insegnerebbe la dottrina di una religione a scapito (e diffamazione) delle altre. Magari non sempre coscientemente o in malafede, ma inevitabilmente. E se infine fosse agnostico o ateo, e si dichiarasse neutrale fra le religioni, finirebbe con l’insegnare l’agnosticismo o l’ateismo: anche con un semplice sorriso mentre spiega certe credenze. Questo significa che l’insegnamento della religione corrisponde necessariamente e, si ripete, inevitabilmente ad indottrinamento. Al contatto con questa materia si finisce inevitabilmente con l’essere pro o contro, e col manifestarlo.

La scuola deve formare e informare, non indottrinare. Per far questo è necessario che non insegni né religione né politica. Già l’insegnamento della storia e della filosofia, che così da vicino tallonano la religione e la politica, è pericoloso: prova ne sia che quando, nei licei, il collegio dei professori deve approvare i testi per l’insegnamento di queste materie, scoppiano liti furibonde. Perché ognuno sa che l’adozione di un certo testo piuttosto che un altro corrisponde ad una diversa visione del mondo e nessuno accetta facilmente che se ne insegni una diversa dalla propria.

Dell’insegnamento della storia e della filosofia non si può fare a meno e si sopportano questi inconvenienti. L’insegnamento della religione invece non è del tutto necessario ed è meglio lasciarlo all’iniziativa privata. Fra l’altro spesso le religioni, in particolare l’Islàm, si proclamano depositarie della Verità con la maiuscola e questo è un primo passo nella direzione dell’intolleranza.

Eventualmente, per la religione come dato culturale,  si potrebbe creare e consigliare un libro di storia delle religioni, in cui ogni sezione – proporzionale come numero di pagine al numero di fedeli nel mondo – fosse scritta da un competente approvato di quella materia. Quanto all’ateismo, che qualcuno incongruamente assimila ad una fede, rimarrebbe di competenza del corso di filosofia, in quanto l’esistenza di Dio, dal punto di vista culturale, è un problema filosofico.

Se infine non si riuscisse a pubblicare un simile libro antologico di storia delle religioni, poco male: meglio nessuna informazione che l’indottrinamento di Stato.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

19 ottobre 2009


ISLAMISMO A SCUOLAultima modifica: 2009-10-19T13:32:00+02:00da gianni.pardo
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