SCALFARI: LETTURA CRITICA


Nessun giornalista scrive esclusivamente capolavori e a tutti va perdonato qualcosa: ma quello che è difficile perdonare a Scalfari è la sua prosopopea. Se si dice al vicino di casa: “Ma le pare un autunno normale, con questo freddo?” si fa conversazione; se si prende un’aria dotta e attraverso una copiosa barba bianca si parla di un grave mutamento climatico, si fa ridere.

Al ballottaggio per la nomina del segretario del Pd, Scalfari dice che si dà “il massimo potere al terzo arrivato”. “Ho dunque proposto un accordo politico tra i tre candidati: si impegnino anticipatamente e pubblicamente, se nessuno di loro raggiungerà la maggioranza assoluta, a far affluire i propri voti in assemblea su quello dei candidati che ha ottenuto alle primarie la maggioranza relativa.  … La mia proposta, forse proprio perché veniva da persona esterna al partito, ha avuto successo: l’impegno è stato preso sia da Bersani che da Franceschini”.  E qui dovrebbe scoppiare la prima risata.

Dal momento che è del tutto improbabile che sia eletto segretario Marino, non rimangono che Franceschini e Bersani. E se uno dei due avesse molti più voti, al perdente non rimarrebbe che rassegnarsi e non perderebbe nulla, “appoggiandolo”. Viceversa Marino, che non ha chance reali in proprio, ha come potere quello di aiutare uno dei due. E per questo non si è impegnato a nulla. Si immagini inoltre che i risultati siano questi: Bersani 48%, Franceschini 42%, Marino 10%, è ovvio che il terzo, ammesso che potesse manovrare il suo 10%, deciderebbe il vincitore, al ballottaggio. E per questo, onestamente, non si è impegnato. Ma non basta. Lo stesso Scalfari sbaglia se immagina che, dopo un simile risultato Franceschini, ammesso che potesse ottenere l’appoggio di Marino, gli direbbe: “Ma no, ti prego, invita tutti a votare Bersani. Io del resto avevo deciso di andare a caccia, la prossima settimana”. Scalfari, tutto preso com’è dall’importanza che crede gli diano i due contendenti, non pensa a tutto questo?

Egli è poi riuscito, miracolosamente, a identificare un programma del Pd. “Sulla politica economica mi sembra che l’accordo sia generale”, dice. Ed è forse l’unico che ha visto un accordo generale, a sinistra, su un qualunque argomento. Ma ecco precisa: “Sul medio periodo è necessaria una grande riforma fiscale e un allungamento dell’età di lavoro che tenga conto dell’allungamento della vita”. La riforma non dice quale sia, e dunque non può essere contraddetto; per quanto riguarda l’allungamento, dove l’ha visto, l’accordo? Quando l’Unione Europea ci impose una modificazione dell’età di pensionamento delle donne sono scoppiate risse e, salvo l’eccezione di Emma Bonino, la tendenza della sinistra fu proprio quella di dire no.

“C’è accordo generale sul clima e sulle energie alternative e pulite”. A parole. Se poi si scende sul concreto e bisogna pagare quelle energie diminuendo il pil, è un altro paio di maniche. Ma c’è il piatto forte: “C’è accordo generale sulla riforma della giustizia, della sicurezza e dell’integrazione”. Sta scherzando? Qual è la proposta della sinistra per la riforma della giustizia? Un inchino più profondo dinanzi ai magistrati che inseguono il Cavaliere?

Lo stesso ex-direttore del resto a Berlusconi dice il fatto suo. E qui la citazione dev’essere ampia. “La costituzione può essere rivista e modernizzata, ma non può essere cambiata. lo impediscono l’articolo 1, l’articolo 3, l’articolo 138 e l’articolo 139. Berlusconi non vuole rivedere la costituzione, vuole cambiarla. Vuole sostituire la democrazia parlamentare e lo Stato di diritto con una democrazia autoritaria senza organi di controllo e di garanzia ma interamente basata su sistemi di voto plebiscitari”. Più altre affermazioni da comizio, che lasceremo perdere. Vediamo piuttosto il diritto.

Innanzi tutto sfugge la differenza fra “rivedere e modernizzare” da una parte e “cambiare” dall’altra. Come si può modernizzare qualcosa senza cambiarla? Comunque questo cambiamento per Scalfari sarebbe impedito dall’art.1 e dall’art.139 e se ne deduce che per lui Berlusconi vuole reintrodurre la monarchia. Stiamo scherzando? Nient’affatto. L’art.139 recita seccamente: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Emulo di Bruto e Cassio, Eugenio accusa Silvio, novello Cesare, di volersi fare re.

L’art.3 parla dell’uguaglianza dei cittadini: e che c’entra? Se Scalfari intendeva parlare dell’immunità parlamentare, ricordi che quell’articolo è nato insieme con il 68 della stessa Costituzione. L’art.138, infine, lungi dal vietare una riforma della Costituzione, indica il modo con cui attuarla.

Se questa è la logica di Scalfari, c’è da pensare che vada bene per i lettori di Repubblica: ma solo per loro.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

18 ottobre 2009

 

SCALFARI: LETTURA CRITICAultima modifica: 2009-10-18T14:54:00+02:00da gianni.pardo
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