BERLUSCONI NON È ETERNO


Per spiegare i fermenti nel Pdl, partiamo da un’ipotesi irreale.

Immaginiamo che scenda dal Cielo l’arcangelo Gabriele e annunci a tutti che il Padreterno ha deciso che Berlusconi vivrà in perfetta forma fino a centocinquant’anni. Per prima cosa bisognerebbe usare il defibrillatore cardiaco per molti esponenti di sinistra ma dopo, affrontata la più grande emergenza, bisognerebbe pure occuparsi dei politici del Pdl. Essi infatti, pur non avendo mancamenti, avrebbero turbamenti psicosomatici: un Berlusconi destinato ad accompagnarli tutti quanti nella tomba sarebbe un leader ineliminabile e nessuno avrebbe più la speranza di prenderne il posto. Diverrebbe anzi obbligatorio manifestargli la più indefettibile devozione e fedeltà. Extra Ecclesiam nulla salus.

In realtà il Premier ha oltre settant’anni e l’arcangelo Gabriele, per quanto se ne sa, non si è mosso dal suo posto. Esiste certo l’allarmante precedente di Fanfani e di Konrad Adenauer, il primo ancora premier a 79 anni e il secondo politicamente attivo a novant’anni: ma di solito ci si leva di torno prima ed è su questo che si fonda la “speranza” di molti politici del centro-destra.

Che all’interessato piaccia o no, anche Berlusconi è mortale: ed è questa la causa del fenomeno ricorrente delle fronde nel centro-destra. Per quanto utile il Cav. possa essere alla sua parte politica, rimane il fatto che, da un giorno all’altro, si potrebbe aprire la successione. Ognuno si domanda: “In che posizione sarei, nella corsa alla premiership?”

Per questo molti hanno un comportamento bifronte. Sono fedeli al Capo, perché diversamente rischiano la sorte di Casini e di altri, e tuttavia sono pronti a subentrargli mortis causa o a fargli le scarpe, se quello, almeno politicamente, non si decide a morire. La loro unica fortuna, a ripensarci, è che Berlusconi sia sceso in politica quando già aveva quasi sessant’anni: avesse cominciato giovanissimo, come Fini, per gli ambiziosi sarebbe stato un incubo lungo mezzo secolo.

Nel mondo politico i fermenti sono tanto più forti quanto più la maggioranza è incerta e manca di una forte leadership. Infatti, negli anni del dominio democristiano, i governi italiani si sono fatta la fama universale di non durare nemmeno un anno. In quel tempo si potevano coltivare grandi speranze: per così dire il turno veniva per tutti, una volta o l’altra. Come diceva Napoleone, ogni fante aveva nel suo zaino un bastone di maresciallo, e ognuno in questo caso voleva subito e concretamente quella carica. A costo di assassinare politicamente chi maresciallo era già.

Nel caso del Pdl la leadership è fortissima e dunque nessuno azzarda un assalto frontale. Ma il fattore anagrafico è nelle menti di tutti e questo innesca le prime schermaglie, perché fra i possibili successori non ce n’è uno che sia evidentemente destinato a prevalere sugli altri. Fini si è fatto molti nemici; Tremonti è soprattutto un tecnico; Bossi è malandato e un po’ troppo rozzo, per la prima carica politica dello Stato; Gianni Letta è troppo signore e “tessitore” per essere un capo risoluto. Né mancano altri che scalpitano per un avanzamento: il fatto è che tutti possono concorrere, anche gli outsider: quando non si sa in anticipo chi vincerà tutti i fanti lustrano il proprio bastone segreto di maresciallo. Bisogna capirli. Nessuno fa politica soltanto per servire il Paese: la prima cosa da servire è la propria ambizione e il proprio narcisismo. È normale.

Le “uscite” di Gianfranco Fini, le ambizioni di comandante di Tremonti o le stilettate alla schiena di qualche altro sono dunque fisiologiche, per la politica. L’unica cosa che si può discutere è se siano utili e funzionali per gli interessati. Poi, se rimanesse tempo e buona volontà, sarebbe bello se ogni tanto tutti, anche i politici, si chiedessero che cosa sarebbe utile all’Italia.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

28 ottobre 2009

 

BERLUSCONI NON È ETERNOultima modifica: 2009-10-29T08:56:00+01:00da gianni.pardo
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