OBAMA UN ANNO DOPO

Il consenso di Barack Hussein Obama diminuisce vistosamente. Molti sono delusi: il suo primo anno di governo non ha corrisposto alle speranze suscitate e soprattutto è stato tutt’altro che una serie di successi.
Ma c’è chi non è stato deluso. Durante la campagna elettorale alcuni eravamo terrorizzati da questo giovanotto: che diamine dice? ci chiedevamo. Come osa discutere di problemi gravissimi con questa oracolare e predicatoria superficialità? Change? Che cosa vuole cambiare? Con quali effetti?
Oggi saremmo qualificati per dire: “Che vi dicevamo?” e tuttavia Obama potrebbe validamente difendersi. In primo luogo potrebbe dire che in politica ha ragione chi vince. Se non avesse detto quelle parole, sarebbe stato eletto? Forse no. Dunque ha fatto bene a dirle. E se qualcuno gli facesse notare che erano sciocchezze potrebbe sempre rispondere, realisticamente: “Lo sapevo benissimo! Per questo poi mi sono circondato di consiglieri avveduti, in modo da non fare danni al Paese”.
Risposte plausibili. Se un Paese ama i predicatori, un politico che vuole avere successo parla come i predicatori.
Purtroppo non è sicuro che Obama non abbia fatto danni agli Stati Uniti. La sua politica internazionale è da molti giudicata un disastro. Pur essendo andato a Pechino, dalla Cina non ha ottenuto assolutamente nulla: né per le sanzioni contro l’Iran, né per i diritti umani, né per il Tibet, né per l’economia. Riguardo alle difese antimissile in Polonia ha ceduto alla Russia senza ottenere nulla in cambio ed irritando anzi profondamente alcuni Stati che oggi si sentono meno garantiti da Washington. Ha operato aperture di credito all’Iran, ricavandone pesci in faccia ed essendo costretto a sempre nuovi e risibili ultimatum. Ha ingiunto duramente ad Israele di sospendere la realizzazione di nuovi insediamenti in Cisgiordania, ma Nethanyau non gli ha dato ascolto e Abu Mazen l’ha irriso. Quanto all’Afghanistan ci ha messo tre mesi per decidere se sì o no inviare altre truppe, e l’annunciato ritiro da quegli scacchieri ha obiettivamente incoraggiato i Taliban e il terrorismo. Infine molti (a torto) mettono più o meno a suo carico l’attentato mancato di Detroit, come risultato di un allentamento della tensione difensiva. Francamente non c’è di che essere ottimisti.
Molti di questi errori derivano forse dal fatto che Obama ha dato ascolto alle infinite critiche mosse a George W.Bush. L’universo mondo rimproverava a quel Presidente questo e quello e la prima idea di Obama è stata quella di fare tutto il contrario. Si rimproverava all’America il suo unilateralismo, il suo bellicismo, l’insufficienza di dialogo con alleati e rivali, e il nuovo Presidente ha operato una conversione ad U. Purtroppo, non ha cavato un ragno da un buco. Anzi è apparso sbiadito come leader sin dal suo primo viaggio in Europa. Ma non possono certo biasimarlo coloro che l’hanno votato sperando che facesse esattamente tutto ciò che ha fatto.
Le verità è che Obama non ha tenuto sufficiente conto della realtà. I problemi di un grande Paese sono oggettivi e oggettivi sono i dati – degli Stati Unti e degli altri Paesi – da cui derivano. Un nuovo Presidente non modifica né la geografia, né l’economia, né, soprattutto, la situazione geopolitica. E se non cambiano i problemi, è ben difficile che possano cambiare le soluzioni.
La seconda verità, che frattanto Barack avrà appreso a sue spese, è che la politica è un campo in cui agiscono animali a sangue freddo, voraci e spietati, che non si possono ammansire con un sorriso e la voce suadente: i serpenti sono sordi e i coccodrilli non si lasciano sfuggire l’occasione di un buon pasto solo perché l’impala è elegante e sorride.
La gente comune non capisce e non accetta la lezione di Machiavelli, ma che non l’accetti un politico di livello internazionale può essere esiziale. Obama si è mosso come un ingenuo. Per fortuna, è pragmatico e potrebbe, nel corso dei tre anni che ci aspettano, dimostrarsi migliore di quanto non sia stato fino ad ora. Noi glielo auguriamo, come lo auguriamo agli Stati Uniti e alla nostra Europa perché, come si dice, se l’America starnutisce, l’Europa ha la polmonite.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
4 gennaio 2010

OBAMA UN ANNO DOPOultima modifica: 2010-01-08T10:47:44+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “OBAMA UN ANNO DOPO

  1. ritenevo l’attuale presidente di ridare ossigeno all’economia ma il dollaro resta depresso,per non parlare di deficit istituzionali.il futuro resta preoccupante.

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