L’IO NEI FORUM E IN LETTERATURA


Dal forum “Scioglilingua” del “Corriere della Sera”
L’intervento di Ines Desideri (1) – arduo, per quanto riguarda la comprensibilità – è tuttavia interessante, soprattutto nel punto in cui biasima l’uso della prima persona. Troppe persone non comprendono che ciò che loro pensano e sentono non dimostra nulla e che il lettore non è interessato alla persona dell’autore, alle sue simpatie e alle sue antipatie, è interessato a se stesso, e dal testo vorrebbe apprendere qualcosa che gli possa essere utile o lo possa divertire. Dunque la presenza dell’autore col suo “io”, tollerabile quando esso è usato da un grandissimo artista come Lamartine o Leopardi, è normalmente un elemento di disturbo. Questo intendeva Gustave Flaubert quando, reagendo all’ubriacatura di “io” del Romanticismo, predicava l’“impersonalità”. Il lettore deve avere a che fare con la vicenda di Emma Bovary, e al massimo con i suoi sentimenti, non con quelli di Gustave. Anche se Gustave ha potuto scrivere “Emma, c’est moi”. E se Flaubert reputava di troppo il suo io, figurarsi quanto più prudente e schivo dovrebbe essere il  frequentatore di un forum.

Quanto al “parlare forzatamente forbito, tecnicistico, reboante”, si può innanzi tutto notare sorridendo (e cavandosi il cappello dinanzi a “reboante”) che nemmeno lo stile della signora Desideri è dei più pedestri. E comunque c’è troppa sciatteria, in giro, e troppa ignoranza, perché valga la pena di rivedere le bucce a chi è comprensibilmente contento del proprio livello culturale.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
10 marzo 2010

(1) L’abuso – poiché di abuso si tratta, a mio avviso – dell’io (seppur volutamente e maldestramente sottinteso) e dell’informazione denota una connotazione autoreferenziale ed egotistica della comunicazione, che – come tutti sappiamo – necessita – perché si traduca in un’esperienza condivisa – non soltanto di un mittente e di un messaggio, ma anche di uno o più destinatari.
Eppure accade sempre più frequentemente che l’attenzione del mittente sia assorbita quasi esclusivamente dal sé parlante (o scrivente) e dal contenuto dell’informazione, inteso come l’insieme delle conoscenze, dei saperi, delle nozioni di cui dispone. Ciò a discapito del destinatario, relegato al ruolo di fruitore passivo del messaggio.
La comunicazione è altro: è un processo relazionale che permette di trasmettere informazioni in una prospettiva che tenga conto degli elementi oggettivi, della rielaborazione soggettiva degli stessi, senza trascurare l’aspetto socio-affettivo ed emotivo del processo stesso.
Informare non significa ancora comunicare, a mio parere, poiché manca di atti rivolti a mettere in relazione: l’interazione comunicativa, infatti, si realizza soltanto se ciascun interlocutore si impegna ad entrare nel mondo esperienziale e cognitivo dell’altro.
In una realtà quale è quella attuale, che colma spazi e annulla i tempi dell’informazione, che consente a chiunque lo desideri di approfondire e arricchire le proprie conoscenze, ho l’impressione che si nuoti controcorrente: troppe persone ostentano – con notevole autocompiacimento – un parlare forzatamente forbito, tecnicistico, reboante, ingannevole, che ha lo scopo di trasmettere conoscenze e certezze (oppure personali insicurezze?), ma non ancora quello di comunicare, inteso anche – e soprattutto, forse – come mettere chi ascolta o legge nella condizione di comprendere e rielaborare un messaggio: condizione spesso negata dal mittente per l’eccessivo amor di sé e per mancanza di rispetto, inevitabile conseguenza dell’eccessivo amor di sé.
Salviamo dall’estinzione la parola “rispetto”.
Cordialmente
Ines Desideri

L’IO NEI FORUM E IN LETTERATURAultima modifica: 2010-03-10T11:24:00+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

3 pensieri su “L’IO NEI FORUM E IN LETTERATURA

  1. Dott.Pardo
    Vedo sull’altro blog che saltuariamente appaiono i soliti maleducati.Sappiamo che in realtà si tratta di rancorosi oppositori politici senza idee.
    Per tornare all’argomento dell’articolo,rubo dalla rete:
    Il problema, quando si inizia a scrivere, è quello di chiedersi, cercando di dare voce alle “nostre” storie: come si pone il narratore rispetto alla storia che racconta?
    Dentro o fuori? Dal punto di vista di uno o più personaggi, o da quello di un fedele cronista che non vuole prendere posizioni?
    Ci sono narrazioni in terza persona, in cui l’autore si tiene fuori dalla storia, e narrazioni in prima persona, in cui lo scrittore aderisce completamente a un personaggio della storia.
    Vuole raccontare la storia dall’esterno, dall’alto? Oppure vuole assumere le sembianze di uno dei personaggi e raccontare la storia come se l’avesse vissuta di persona? Vuole far capire che lui sa già come va a finire? Oppure condividere con noi le sorprese e gli imprevisti che si incontrano nel corso della vicenda?
    A seconda della posizione dell’autore, si può parlare di racconto puro (terza persona) o di mimesi (prima persona).
    Nel racconto puro, il narratore si distanzia dal narrato. Il narratore è semplicemente l’autore della storia, il portavoce della storia. Non ne fa parte, non ne è un personaggio, la racconta e basta.

  2. Lei parla del problema dal punto di vista letterario, della narrazione. Il problema era posto in termini più generali. Per esempio un articolo di politica, un editoriale, un commento nel blog o in un forum, ecc.
    In generale potrebbe dirsi che più che un problema di tecnica è un problema di discrezione. Sintetizzando: raccontare qualcosa o raccontare se stessi.
    Oriana Fallaci poteva essere insopportabile perché raccontava se stessa. Chi l’amava poteva essere contento di questo schema, chi non l’amava ne era esasperato.
    Anche il regista-attore Moretti racconta se stesso. Al punto che una volta un critico ha affermato che avrebbe avuto voglia di dirgli: “Nanni, togliti da lì davanti, ché voglio vedere il film”.

I commenti sono chiusi.