L’IDV NEMICA DEL PD

Un articolo di Maria Teresa Meli (1), sul Corriere della Sera, descrive l’imbarazzo del Pd, che pure ha deciso ad andare in piazza sabato 13 insieme con Di Pietro. Il primo rischio è infatti che l’ex pm inveisca pesantemente contro il Presidente della Repubblica e che ciò metta in un intollerabile imbarazzo Pierluigi Bersani e gli altri dirigenti del partito. Che fare, in questo caso? Andandosene, sancirebbero una rottura con l’Idv che non sentono di potersi permettere. Restando, avrebbero l’aria di avallare quelle parole. Secondo la Meli, Bersani avrebbe pregato Di Pietro di non prendere la parola, durante la manifestazione, ma ha ricevuto un secco no. Il titolo dell’articolo è: “Sabato dico quello che voglio”.
Il secondo, gravissimo rischio, è che, galvanizzati dalla retorica sommaria del tribuno, la folla fischi il Pd, giudicato molle e incapace di reazioni vigorose. Ci sarebbero da un lato la voce dal palco che denuncia con forza il male, senza guardare in faccia a nessuno, dall’altra un partito privo di coraggio, di idee e di progetti. La gente è poco capace di sottili disamine politologiche. L’impressione potrebbe essere che il Pd non sa che pesci prendere mentre almeno Di Pietro sa chi è il nemico: Silvio Berlusconi.
Sappiamo come si è arrivati a questo punto. Sbandierando il cappio della forca (non ha altre idee politiche), L’Idv prospera sull’antiberlusconismo, mentre il conato veltroniano di liberarsene è rimasto tale e il Pd al riguardo è ambiguo. Un giorno, a rimorchio di Di Pietro, insulta Berlusconi, un giorno, ohibò, dice che non bisognerebbe esagerare. E per la gente non è né carne né pesce. I fischi in piazza potrebbero drammaticamente certificarlo.
Più interessante è lo studio del futuro. Qui la chiave risiede nelle diverse aspettative dei due partiti. Mentre il Pd, erede dell’Ulivo e dell’Unione,  tende a riconquistare il governo, l’Idv non ci pensa neppure: e questo spiega i diversi comportamenti. L’ambizione del Pd non è quella di passare da una percentuale di x ad una percentuale di x+1 o +2, ma quella di ottenere più voti del centro-destra. E dal momento che le elezioni si vincono al centro, non deve apparire estremista. Se Veltroni non accettò l’apparentamento con Prc, Comunisti Italiani, ecc., fu proprio per far dimenticare Pecoraro Scanio e Diliberto. Eventualmente il Pd può pensare all’Udc, per non parlare dei fuorusciti dal partito come Rutelli o la Binetti, ma un personaggio come Di Pietro sarebbe impresentabile. E per questo molti commentatori implorano che si rompa con l’Idv. Perché nessuno riesca ad ottenerlo è un mistero che fa seguito al mistero delle ragioni per cui Veltroni accettò l’alleanza con l’Idv. Ma, a scanso di querele, è meglio non dilungarsi su questo argomento.
La linea dell’Idv ha tutt’altra spiegazione. Di Pietro non sarà un fine politologo ma ha due superiori qualità: ha buon senso ed è senza scrupoli. Il buon senso gli dice che la sua linea politica, anche se lo allontana dal governo, fa aumentare i suoi consensi. La mancanza di scrupoli lo rende incurante dei danni provocati nell’intera sinistra. A lui bastano i vantaggi che gli possono venire da questa strategia. L’Idv infatti non sogna di diventare da solo partito di maggioranza – sa che questo è impossibile – ma non tiene nemmeno a divenire il junior partner di un futuro governo. Sia perché crede poco al progetto di battere Berlusconi, sia perché preferisce un piccolo vantaggio proprio ad un grande vantaggio comune.
Quanto a coloro che lo seguono e lo applaudono, sono odiatori fanatici ed idealisti che non vogliono ottenere nulla di concreto e cui basta il piacere di dire tutta la loro virtuosa indignazione.
Di Pietro invece è realista. Tende a porsi volontariamente di traverso sulla strada del Pd perché agisce esclusivamente per sé e per chi lo segue molto da vicino. L’Italia la lascia a Berlusconi o, se lui morisse, a chiunque lo seguirà, di qualunque partito sia. Purché l’Idv aumenti i suoi voti, il suo potere e i suoi rimborsi elettorali.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
10 marzo 2010
(1) http://www.corriere.it/politica/speciali/2010/elezioni/notizie/di_pietro_bersani_colle_piazza_1519e4e8-2c10-11df-b239-00144f02aabe.shtml

L’IDV NEMICA DEL PDultima modifica: 2010-03-11T08:27:01+01:00da gianni.pardo
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6 pensieri su “L’IDV NEMICA DEL PD

  1. # Perché nessuno riesca ad ottenerlo è un mistero che fa seguito al mistero delle ragioni per cui Veltroni accettò l’alleanza con l’Idv

    ma per la vecchia, già ampiamente discussa, semplice ragione dei “numeri”: cambiando l’ordine dei fattori (UDCxIDV) il risultato non cambia.

    # Sia perché crede poco al progetto di battere Berlusconi, sia perché preferisce un piccolo vantaggio proprio ad un grande vantaggio comune.

    cioè Lei vede la stessa strategia di Bertinotti con Prodi: no al governo pur di mantenere il 5-6% di “lotta”. ma questa “lungimirante” strategia unita alla “realpolitik” veltroniana ha cancellato, definitivamente, i “rifondati-rifondaroli” dal mondo politico.
    crede che Di Pietro non lo tenga a mente? Lei lo considera cinico, giustamente. ma allora perché dovrebbe agire con tanta ingenuità di “proiezione”?

  2. Egregio oude,
    la grande riforma pensata da Veltroni era all’insegna del principio: “andiamo da soli”. Tanto che rifiutò alleati storici come Rc. Poi invece accettò Di Pietro. Questo è un mistero che alcuni spiegano con motivi inconfessabili.
    Seconda tesi sua. Con questa strategia Di Pietro rischia di sparire come Rifondazione. Ma non vede che la strategia è la stessa ma Di Pietro ha capito che sopravviverà allo sbarramento del 4% se riuscirà a mantenersi, da solo, al di sopra di quello sbarramento? E attualmente ci sta riuscendo: per giunta sottraendo voti esattamente al Pd.

  3. Personalmente ritengo la disamina giusta ed avvalora ciò che penso del Sig. Di Pietro, che in fondo all’animo è rimasto un contadino, senza con questo togliere niente ai lavoratori della terra. Ma questo signore come appunto i contadini ha le scarpe grosse e il cervello fino, sarà senz’altro rozzo ma il suo scopo è l’immediatezza di quanto desidera cioè avere più voti e sfruttando gli umori di alcune persone riesce benissimo nell’impresa.

  4. Perdo, lei scrive:
    «molti commentatori implorano che si rompa con l’Idv. Perché nessuno riesca ad ottenerlo è un mistero che fa seguito al mistero delle ragioni per cui Veltroni accettò l’alleanza con l’Idv»?
    Ma quale mistero? Se il Pd abbandonasse anche Di Pietro rimarrebbe più zoppo che mai. Certo, a Lei non potrebbe che far piacere, ma – mi scusi l’espressione che stride con il suo dotto e fine disquisire – non può certo chiedere a Bersani (e a tutto il Pd) di tagliarsi il pisello per far dispetto alla moglie…

  5. Io chiederei soltanto di fare ciò che contava di fare Veltroni. Veltroni voleva dunque castrare il Pd?
    Lei mi attribuisce il desiderio di danneggiare il Pd, che io non ho affatto.
    Veltroni volle amputare questo partito dalla zavorra dell’estrema sinistra, oggi il Pd ha una zavorra ancora peggiore, perché più sguaiata e volgare.
    Dotto e fine disquisire? Credo di usare un italiano piano e semplice.

  6. A Veltroni e al gruppo dirigente del PD è mancato il realismo politico. Le elezioni erano perse con qualunque coalizione il PD si fosse presentato. Tanto valeva andare da solo, il voto “utile” lo avrebbe comunque premiato e si sarebbe liberato sia della sinistra radicale che del manettaro.
    Ma un concorso di colpa ce l’ha anche Berlusconi che ha imbarcato di tutto nel
    centro-destra e le conseguenze di questa scelta sono sotto gli occhi di tutti.

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