NUCLEAR SECURITY SUMMIT


Le armi nucleari sono una realtà dal 1945. In quel momento la scelta fu fra uccidere centinaia di migliaia di innocenti con l’atomica oppure farne morire molti di più con la prosecuzione della guerra: a cominciare dai giapponesi, disposti a combattere tutti fino alla morte.
La decisione, vista con gli occhi della storia, assume tuttavia un altro significato: l’atomica può essere usata se si ritiene che sia il caso di usarla. Ed è abilitato a dare questo giudizio lo stesso governo che detiene la bomba. Se Tehran, pervenuta al possesso dell’arma, reputasse che è un imperativo divino quello di distruggere Israele, quand’anche questo dovesse costare la vita di metà degli iraniani per via dell’inevitabile e crudelissima rappresaglia israeliana, non ci sarebbe modo di frenarla su questa china. E che avverrebbe se dell’atomica venisse in possesso al Qaeda? In questo caso, a fronte del taglio della testa del serpente (New York City, per esempio), non ci sarebbe neppure un paese da annientare per rappresaglia.
Viene in mente la “legge di Murphy”: “se qualcosa può andare storto, lo farà”. Questa regola non è una battuta.  Se un meccanismo ha una probabilità su mille di guastarsi, è chiaro che dopo mille, duemila o tremila volte, fatalmente si guasterà. E l’ipotesi del cattivo uso dell’atomica è rappresentato da una frazione ben diversa e allarmante: non uno su mille ma uno su venti, su trenta, sia pure quaranta: ma, viste le conseguenze, c’è da essere atterriti.
In queste condizioni il problema non è che cosa fare SE qualcuno farà un uso folle dell’atomica, ma che cosa fare QUANDO ciò avverrà. E se, contro la legge di Murphy, c’è un modo per rendere l’ipotesi impossibile.
La bomba atomica in sé non è un pericolo: da sessantacinque anni in qua non ha provocato nessun massacro. Il pericolo è rappresentato dal dito che sta sul grilletto. Per questo, non essendoci necessità di togliere l’atomica a quelli che già l’hanno, la soluzione consiste nell’impedire a qualunque costo che altri se la procurino. Le potenze atomiche dovrebbero concordare di infliggere sanzioni durissime al Paese che provasse a fabbricare quell’arma; non bastando, dovrebbero bombardarlo; invaderlo; distruggere intere città sospettate di costruire l’atomica, magari con una propria atomica. Ma questa tesi fa accapponare la pelle e fa salire alle labbra una folla d’obiezioni.
È evidente che dall’oggi al domani tutti i Paesi non in possesso dell’atomica sarebbero a sovranità limitata: come far accettare questo principio alla Germania o al Giappone, che si vedrebbero in sottordine rispetto al Pakistan? Inoltre l’intervento per “punire” uno Stato potrebbe derivare non dalla effettiva necessità di impedire la proliferazione nucleare, ma essere deciso, in malafede e a freddo, solo nell’interesse dei Paesi atomici. Infine dinanzi all’intervento violento e al grande massacro di innocenti, ci sarebbe una sollevazione dell’opinione pubblica internazionale. E tuttavia queste non sono le maggiori difficoltà.
In teoria si potrebbe giungere ad una formulazione del tipo: “nessun altro si deve procurare l’atomica”, ma in concreto, quando fosse il caso di agire contro un singolo Stato, è difficile ipotizzare una concordia – per non parlare di unanimità – delle potenze interessate. L’intera storia dell’Onu è piena di contraddizioni, dispetti, veti. Una cosa è biasimare, intimare, minacciare, un’altra è mandare un corpo di spedizione a combattere e morire. In questi casi vale sempre il principio “armiamoci e partite”. L’ipotesi della polizia internazionale, prima ancora di essere antidemocratica e contraria all’umanità, è tecnicamente impraticabile.
Meno male, dirà qualcuno. Ma la conclusione è che avremo un Iran che potrebbe lanciare un’atomica su Israele o magari, chissà, passarla sottobanco ad al Qaeda.  In quel momento rimpiangeremmo di non avere impedito in qualunque modo il disastro, quando ancora eravamo in tempo per scongiurare la legge di Murphy.
Questo destino dell’umanità è ben rappresentato, con amaro umorismo, da Jean Giraudoux in “La Guerra di Troia non avrà luogo”. Ettore sa che la guerra sta scoppiando per un motivo futile; sa che provocherà un numero altissimo di morti e distruzioni; cerca in ogni modo di farlo capire a tutti, ma la combinazione fra retorica, stupidità, bei sentimenti, patriottismo e capacità di auto illudersi fanno sì che alla fine la guerra scoppi. Per i begli occhi di Elena.
Beati i vecchi: sono gli unici che hanno parecchie speranze di non verificare personalmente la validità della legge di Murphy.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
14 aprile 2010

NUCLEAR SECURITY SUMMITultima modifica: 2010-04-14T15:13:17+02:00da gianni.pardo
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