PERCHÉ LA FIOM DICE DI NO

La vicenda di Pomigliano d’Arco è chiara: la Fiat è disposta ad investire circa settecentocinquanta milioni di euro per riportare la produzione della Panda in Italia ma vuole che gli operai accettino condizioni di lavoro che impediscano, in futuro, comportamenti che renderebbero antieconomica la produzione. Dal momento che l’alternativa è la disoccupazione, tutti i sindacati hanno accettato. Dicono naturalmente di averlo fatto nell’interesse dei lavoratori ma in realtà rischiano di essere sconfessati dall’eventuale referendum e dunque preferiscono porsi alla testa del fenomeno piuttosto che subirlo.
La Fiom/Cgil invece dice di no. Teoricamente le argomentazioni degli altri sindacati dovrebbero valere anche per essa ma, secondo la legislazione attuale, se un sindacato non accetta un accordo, conserva intera la sua libertà di manovra. Un giorno potrà dunque ordinare lo sciopero dei suoi iscritti e questi, pure rappresentando solo una piccola frazione della forza lavoro, potranno paralizzare la produzione. Per questo – sempre che poi mantenga la parola – la Fiat ammonisce: o firmano tutti o non investiremo a Pomigliano.
Interessante è vedere il punto di vista della Fiom. Il problema è: nel rapporto fra azienda e lavoratori deve prevalere la normativa nazionale o l’accordo particolare siglato all’interno della stessa azienda? Se prevale la prima, il sindacato ha l’ultima parola, anche se ciò dovesse comportare l’antieconomicità della gestione; se viceversa prevale l’accordo particolare, il sindacato perde il suo potere di vita o di morte. E perde anche il diritto di proteggere i peggiori fra i suoi associati, gli assenteisti e i falsi malati, per esempio. E c’è di peggio: la pratica si potrebbe estendere a macchia d’olio nel resto d’Italia. In queste condizioni si capisce che la Fiom resista: in tutti gli organismi, dagli unicellulari in su, l’istinto di conservazione è il più forte. E nel suo caso la sopravvivenza dipende dal rimanere estremista.
Ora se la Fiom non firma e la Fiat investe lo stesso a Pomigliano, il sindacato avrà vinto. Se invece la Fiat mantiene la sua posizione e non apre la linea di produzione, Dio protegga la Cgil dalle stramaledizioni dei lavoratori.
Il sindacato d’origine comunista è rigido perché è più interessato al dato ideologico che al dato economico. Cedendo la darebbe vinta al “capitalismo selvaggio” (l’unico che conosca) e se, per non farlo, deve sacrificare il lavoro di migliaia e migliaia di lavoratori, tanto peggio: non si può chiedere ad un prete di dichiararsi ateo.
C’è tuttavia una ragione più curiosa, per il suo comportamento. Il mondo sviluppato non conosce una guerra da più di sessant’anni e la società attuale è pietosa, soccorrevole, pronta alla comprensione e al perdono. Oggi chiunque si trovi in difficoltà si volge allo Stato come un tempo ci si rivolgeva alla Divina Provvidenza. Ci si aspetta che l’Amministrazione pubblica risolva i problemi di tutti, protegga tutti, si occupi del bene di tutti. Il singolo non ha il dovere di essere prudente e di badare a se stesso come fa un vero adulto. Prevale l’idea che lo Stato debba prevedere ed impedire ogni male, anche quello che il cittadino, simile ad un bambino piccolo, può fare a se stesso. Ecco perché l’Amministrazione, come una madre apprensiva, è costretta ad imporre la previdenza, a inventare norme antifortunistiche inverosimili, per i luoghi di lavoro, molto, ma molto più severe di quelle che ciascuno attua in casa propria, per il bene dei propri figli. Anche se poi, all’italiana, la legge non viene messa in pratica. Non è dunque strano che questa società, nella persona del sindacato, pretenda poi che si perdoni anche chi all’occasione timbra il cartellino e va ad occuparsi poi degli affari suoi. È solo una marachella. Si può bastonare un bambino, solo per questo?
In questa società nessuno deve – dovrebbe – rimanere indietro. E nessuno dovrebbe pagare il prezzo dei propri errori o delle proprie colpe. Il cittadino è irresponsabile. La Fiom/Cgil  e gli operai hanno, come i bambini, il diritto di far male a sé e agli altri: tanto, se ci riescono, la colpa è dei grandi che non gliel’hanno impedito. Del governo, in particolare. Il fanciullino deve essere soccorso anche se ha fatto sì che la fabbrica Fiat rimanga in Polonia.
Non è uno scherzo. Se la Fiat non investirà a Pomigliano d’Arco, il sindacato l’accuserà di avere provocato un “problema occupazionale”. Dirà che se quelle cinquemila famiglia fanno la fame la colpa non è del sindacato, è dei capitalisti, gli stramaledetti che con la produzione vogliono guadagnare. Che intervenga lo Stato. Che attinga al pozzo di San Patrizio. Che Berlusconi venda la villa di Arcore. Nella favola moderna, se il bambino non si salva è sempre colpa del governo.
La Fiom è convinta che lo Stato debba provvedere al pane dei cinquemila di Pomigliano. Dove lo prenderà, sono affari suoi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
14 giugno 2010

Il punto di vista della Fiom-Cgil, nella vicenda di Pomigliano d’Arco, è che il cittadino è irresponsabile e lo Stato deve attingere al pozzo di San Patrizio.

PERCHÉ LA FIOM DICE DI NOultima modifica: 2010-06-15T12:30:17+02:00da gianni.pardo
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11 pensieri su “PERCHÉ LA FIOM DICE DI NO

  1. Caro Pardo, dissento, e non perché io sia ideologicamente vicino alla FIOM, ma per le ragioni di Pardo, viste dall’altra parte.
    E’ la FIAT, infatti, che, nonostante una enorme quantità di denaro che le abbiamo riversato nei conti – anche svizzeri, implora ancora una volta sostegno e pietà, questa volta per il tramite di Marchionne, invece di affrontare un onorevole fallimento.
    E mentre affonda, il carrozzone FIAT inquina, disgrega ed erode quanto conquistato dai lavoratori a costo di sacrifici inenarrabili.
    E la nostra classe dirigente, senza storia e senza stoffa, accetta di ri-spingerci alla pre-rivoluzione industriale.
    Regaliamo Pomigliamo alla Toyota e lasciamo gli Agnelli in Polonia, in Setbia e in Cina, dove con i “miei soldi” stanno approntando i “loro” nuovi stabilimenti.
    Ciao

  2. Tesi interessante, caro Anthony. È vero, in passato, a quanto dicono tutti, lo Stato ha ripetutamente aiutato la Fiat, a spese del contribuente. Ma se lo Stato non lo fa più, vediamo di essere d’accordo noi due su questo: o la Fiat fallisce o gli operai di Pomigliano le permettono di non operare in deficit. Non è d’accordo?

  3. Gli aiuti di stato palesi non le possono essere concessi , per cui la FIAT oggi si vorrebbe far pagare in “opportunità” e “libertà”. E gli attuali governanti (quelli che vorrebbero mandare i ragazzini in fabbrica a 14 anni ad imparare il mestiere – invece di obbligarli a primeggiare con le idee) sono ben disposti ad assecodarla, perché mancano di buon senso, di cultura e di prospettiva.
    Il fatto che la Triplice abbia esercitato in passato un pesante potere di condizionamento politico non deve distogliere dalla verità dei fatti: non ci si può piegare alla reintroduzione dello schiavismo.
    Se nessuno vuol fare il conciatore, la legge della domanda impone che il salario del conciatore lieviti, non che si faccia arrivare un clandestino imbarbarito su di un gommone perché il Brambilla di turno possa pagarsi la piscina.
    La FIAT, poi, esercita un palese ricatto: o accettate le nostre condizioni o ce ne andiamo. Che se ne vadano, vadano a produrre le auto in Cina, e a Pomigliano chiamino Disney che nelle paludi malsane della Florida ha realizato la terra dei sogni..

  4. Mi sembra un discorso insensato, se la FIAT va in Cina a produrre saremo tutti più poveri come sistema paese e gli operai rimarrano senza lavoro.
    Nella pienezza dei loro diritti ma senza un soldo in tasca.
    Bel risultato davvero.
    La FIOM che vuole a tutti i costi vincere questa battaglia solo per motivi politici (è in gioco il suo ruole e la sua funzione di controllo sociale) non certo per difendere gli operai da cui sono orami lontani, mi ricord la barzellette dfi quello che per far dispetto alla moglie se lo tagliò.
    E comunque disneyland per chi ci lavorò non fu propriamente la terra dei sogni. Il capitalismo privato questo è, l’alternativa è la miseria di stato.
    Vogliamo forse tornare ai tempi dell’Arna e dello sciagurato capitalismo di stato che costò centinaia di miliardi in cambio di un bel nulla?

  5. Per entrare nella giusta prospettiva, Enrico, dovrebbe fare così: scambi la sua vita finanziaria e quella dei suoi familiari con altrettanti operai di Pomigliano.
    Anche in termmini di attese pensionistiche, credito, speranze …
    Rinunci alla “pienezza dei suoi diritti”, e rafforzi il sistema Paese con il suo sacrificio.
    Io, comunque, non la ringrazierei, perché inseguendo il tozzo di pane, sprofonderemmo nella barbarie.

  6. Pero’ il cervello non ce l’hanno mica solo gli scacchisti, ce l’hanno anche gli operai. E infatti votano sempre di piu’ per la Lega e sempre meno per la sinistra, e quando Bersani va a elemosinare ai cancelli di Mirafiori non se lo filano per niente. E la CGIL sta sparendo un pezzetto per volta.
    Non si tratta di sistema-paese, ma di sistema-pancia. Perche’ con solo mezza porzione di spaghetti si diventa di pessimo umore, invece con una zuppiera piena di valori, di diritti teorici e speranze irrealizzabili si muore di fame.
    Forse che gli operai della Repubblica Ceca vivono nella barbarie ?

  7. Non so dove viva lei anthony e che lavoro faccia, ma se può permettersi tutto questo sarcasmo per un problema così serio probabilmente non è stato toccato da alcuna crisi. Buon per lei.
    Nel mio piccolo ho vissuto nella mia azienda gli stessi problemi e tutti i dipendenti quanti siamo (tanti) ci siamo presi le nostre responsabilità senza ascolatare gli incendiari del sindacato cui interessava solo la loro sopravvivenza.
    Abbiamo accettato sacrifici e compromessi per mantenere il lavoro e permettere nuovi investimenti. Ora l’azienda sta anche assumendo.
    Quindi riponga pure il suo inutile sarcasmo e si informi meglio su cosa accade intorno a lei prima di parlare a vanvera di un mercato che non conosce affatto.

  8. Sinceri saluti a tutti
    Prima di aprir bocca o di scrvere bisogna aver coscienza di quello che si scrive o di quello che si dirà. Conosci te stesso? Conosci le origini del
    Sindacato? Perchè secondo quella persona che si abbassa i calzoni, è nato
    il Sindacato?Perchè vogliamo far rivoltare nella tomba quelle persone
    che hanno dato la vita e non un pezzo di pane, per proteggere il sindacato
    che è nella costituzione italiana.Prima poi ti toglieranno anche quel misero
    pezzo di pane per il quale attualmente sei disponibile ad abbassarti i pantaloni.
    I tuoi figli dovranno combattere versare il sangue per cercare di riprendersi
    quello che tu adesso gli stai concedento “all’avido,turpe, laido capitalista”.L’uomo non desisterà mai nel
    cercare e di lottare,e alla fine di tutto questo si troverà al punto di
    partenza e gli sembrerà di vederlo come per la prima volta.
    meditate gente Chi si contenta non gode purtroppo alcuni ceti sociali sono
    nati per soffrire 15 gocce di novalgina non ti tolgono definitivamente il dolor
    di testa
    Tutti dobbiamo morire possibilmente ma la nostra dignità ci deve accompagnare
    alla tomba cerchiamola di non perderla per un pezzo di pane soltanto
    così possiamo essere felice per aver vissuto questo breve periodo della nostra vita.
    Pietro

  9. Gentilissimo sig. Pietro
    sono d’accordo con lei sull’importanza di un sindacato, però nella sua visione e nelle sue frasi c’è una visione poetica e romantica un poco lontana dalla realtà. Certo il sindacato era nato per proteggere persone e classi sociali deboli da una rivoluzione industriale che aveva creato un gruppo di persone con un potere economico enorme., ma nella storia recente il sindacato ha perso molto e sbagliato moltissimo:
    Ha avuto un doppio regalo dallo stato italiano: tutti i possedimenti del precedente sindacato fascista, ma anche la possibilità costituzionale di non dover spiegare a nessuno (con l’obbligo della presentazione di un bilancio) come vengono gestiti i soldi e il potere che ha o che raccoglie. Così di fatto chi ha la tessera di un sindacato non sa cosa prendono di stipendio (e da chi…) le persone a cui si rivolge e che dovrebbero tutelarlo.
    Sono arrivati a considerare lo stipendio “variabile indipendente”… caspita allora uno può fare meno, oppure non lavorare affatto…
    Inoltre ha preso cantonate enormi quando talvolta ha protetto e fatto riassumere persone colte sul fatto a rubare http://www.nadirpress.net/ladrivalige6condanne.html
    http://www.studiliberali.it/uploads/Errori%20Giudiziari/Gregge%20dei%20fannulloni%20cacciati%20dalla%20polizia%20e….pdf
    , persino un bidello sorpreso a spacciare (acc… non trovo più il riferimento…).
    Poi ci sono situazioni come il progetto Elba in Lombardia dove gli artigini pagano una quota al sindacato per ogni dipendente, di contro il sindacato si impegna a risolvere in maniera indolore le eventuali vertenze: altri soldi che entrano senza che siano registrati e che ne venga specificato l’uso che se ne fa …. beh a me non sembra una cosa bella, personalmente non mi sentirei tutelato da un sindacato così ( che prende i soldi dalla parte “avversa”)… Oltre al fatto di far portare alle aziende più piccole una zavorra in più (quelle cinesi e indiane mica ce l’hanno—come non ce l’hanno le aziende tessili cinesi clandestine in Prato e provincia – ma in Toscana c’è il sindacato? e che fa?)
    Fa davvero paura vedere un sindacato distante, burocratico e interessato solo alla propria sopravvivenza…
    E’ davvero sicuro che se la crisi avesse colpito più forte, distrutto più aziende e una parte maggiore del sistema economico italiano i suoi amici del sindacato saprebbero come dare da mangiare, soldi, vestiti e di che vivere a tutti noi?
    un cordiale saluto
    Paolo

  10. ” Tutti dobbiamo morire possibilmente ma la nostra dignità ci deve accompagnare alla tomba cerchiamola di non perderla per un pezzo di pane soltanto così possiamo essere felice per aver vissuto questo breve periodo della nostra vita. Pietro ”

    Più che un grido di dolore a me pare bassa retorica. Questo aforisma mi sembra molto adatto al caso :

    Il superamento della dignità umana è il presupposto del progresso. È una cosa che non serve a nulla.

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