LA COERENZA DI SCALFARI

Si direbbe che l’ultimo articolo di Scalfari (1), in questo ferragosto del 2010, sia stato scritto per dovere, sospirando, con la mano sinistra. Infatti è più breve del solito e cionondimeno contiene parecchie perle che val la pena di segnalare.
Si comincia parlando dell’“uso dei dossier nei confronti di Fini”. Poiché noi di dossier non ne abbiamo visti, per paura di non sapere che cosa siano guardiamo lo Zingarelli: fascicolo in cui sono raccolti i documenti riguardanti una data materia. Se fosse solo questo, sarebbe come se il Direttore avesse scritto “l’uso dei documenti nei confronti di Fini”: e questo al Presidente della Camera non farebbe piacere. E allora bisogna pensare ad un uso ben diverso ed allarmante: dossier, in questo caso, sarebbe l’insieme dei documenti raccolti dai servizi segreti e tenuti da parte per potere un giorno accusare qualcuno. Una pistola nel cassetto. Ma a questo punto bisognerebbe provare chi ha tenuto segreti questi documenti; quando costui ne è venuto a conoscenza; per incarico di chi;  perché li ha tenuti segreti, ed altre cose ancora, di cui Scalfari non ci dice nulla. E allora perché ha usato la parola dossier, senza fornire alcun riscontro? Solo perché è di moda usarla?
L’articolo poi si dice stanco degli “sbraiti” di Di Pietro e, vista la nostra ignoranza, dopo avere istintivamente letto “sbràiti”, ci siamo rivolti ancora al dizionario. Qui esiste solo uno sbraitìo (un continuo sbraitare) che però, a nostro parere, al plurale fa sbraitii, non sbraiti. Una regola che del resto conosce anche il nostro filosofo, visto che immediatamente dopo parla dei “borbottii di Umberto Bossi”. Ma anche stavolta  commette un errore: non di lingua, di umanità. Infatti se Bossi parla in modo pressoché incomprensibile è perché è stato gravemente malato. Non è di buon gusto ironizzare al riguardo.
“Napolitano ha segnalato il vuoto che si è aperto da quando la rissa politica si è trasformata in rissa istituzionale; ha chiesto ai responsabili di questo stato di cose di mettervi fine al più presto”. Forse ricordiamo male, ma non c’è stata una sola occasione in cui Berlusconi, negli scorsi mesi, abbia criticato Fini. Mentre le occasioni in cui Fini ha violentemente criticato Berlusconi e l’azione del governo sono state innumerevoli, fino a renderlo un protagonista in pectore della sinistra. Se alla fine il provocato ha reagito, identificando nel Presidente della Camera un avversario, non è giusto chiedere “ai responsabili di questo stato di cose di mettervi fine al più presto”. Come se fossero ugualmente responsabili chi attacca e chi si difende. Ma si sa, insultare e provocare Berlusconi non è reato. È un concetto che fini dovrebbe conoscere bene: ci fu un tempo in cui perfino uccidere un fascista non era reato.
Scalfari scrive poi che Napolitano fruisce di “un livello di fiducia popolare che sfiora l’unanimità”. Si vede che il tedio di cui parla all’inizio dell’articolo gli ha impedito di leggere i giornali, ultimamente.
Fini e i suoi fingono di appartenere ancora alla maggioranza, ma “Quella finzione è stata adottata affinché fosse evidente chi era stato il responsabile della secessione: un’evidenza però talmente plateale da non richiedere percorsi così tortuosi e sterilizzanti”. Insomma non Fini ha cercato la lite e la rottura, ma Berlusconi. Lo apprendiamo “con sorpresa e disappunto”.
Poi si parla del “massacro mediatico che i giornali berlusconiani infliggono a Fini con l’evidente supporto dei dossier dei Servizi segreti”. Evidente supporto. Ciò è che evidente o è evidente a tutti – e per noi non lo è – oppure è facile da provare. Aspettiamo la dimostrazione.
Ma c’è di peggio. Eugenio sottolinea le accuse dei finiani, che hanno attaccato il Cavaliere “indicando temi recenti di gravissima portata e cioè: l’uso dei Servizi di sicurezza per distruggere gli avversari politici del premier, rapporti di comparaggio del presidente del Consiglio con il primo ministro russo Putin; analoghi rapporti di comparaggio di Berlusconi con il leader libico Gheddafi”. Lasciamo da parte la riduzione della politica estera al livello d’osteria al quale alcuni sono abituati e fermiamoci a questo parole: “uso dei Servizi di sicurezza”, riguardo ai quali scrive lo stesso Scalfari: “Se i finiani dispongono di prove o almeno di gravi indizi su queste presunte e gravissime illegalità, hanno a nostro avviso l’obbligo di esibirle informandone la competente Procura della Repubblica”. E qui rimaniamo di sasso. Non è lui stesso che poco sopra ha parlato di dossier senza fornirne alcuna prova? E ora la richiede ai finiani?
L’unica spiegazione è che per una volta ha dimenticato l’aurea regola della sinistra: quando si accusa qualcuno, non si ha nessun dovere di provare ciò che si dice.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
15 agosto 2010
(1)http://www.repubblica.it/politica/2010/08/15/news/scalfari-6297904/?ref=HRER1-1

LA COERENZA DI SCALFARIultima modifica: 2010-08-16T08:54:18+02:00da gianni.pardo
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