THE DEVIL’S DETAILS

C’è un detto d’origine ignota ma diffusissimo: il diavolo si nasconde nei particolari.
Se due fratelli ereditano i beni dei genitori e si vogliono bene, diranno: divideremo tutto a metà. Per il denaro, tot a te e tot a me. Chiaro e semplice. Ma per i beni immobili? A chi va la casa paterna? E quel vecchio e prezioso vaso cinese. E i gioielli di mamma? È inutile moltiplicare gli esempi. I problemi posti da un’eredità sono tanti – a volte si litiga perfino su chi debba avere il cane – che alla fine le soluzioni sono due: o uno degli eredi si rivolge al giudice, litigando definitivamente con l’ altro e mettendo in moto un processo che dura anni ed anni, oppure gli eredi arrivano ad un compromesso che li lascia comunque scontenti, perché ognuno pensa di averci perso. Eppure il principio era semplice: metà e metà. Purtroppo, quando si scende sul piano concreto si comincia a sentire puzza di zolfo.
Il fenomeno si verifica anche al più alto livello. Perché il Papa sembra dire sempre cose tanto sagge, e lodevoli, e condivisibili? Perché non scende mai nei particolari. Nel caso della disputa fra due Stati che rischiano di passare alle vie di fatto, auspica una soluzione pacifica che eviti dolore e spargimento di sangue alle popolazioni. Eccellente. Ma non dice qual è la soluzione pacifica. Lo stesso se si parla della fame nel mondo: in questo caso auspica che i governi locali e la comunità internazionale facciano tutto quanto è necessario per soccorrere chi è in bisogno. Ottimo. Non solo non dice che cosa debbano fare in concreto, ma non spiega neppure perché dovrebbero nutrire a loro spese e a tempo indeterminato intere popolazioni. E infatti, dopo la predica, non se ne fa niente. Ma è fisiologico. Proprio per preservare il rispetto dovuto alla carica, i discorsi dei Papi, dei Re e dei Presidenti della Repubblica si tengono ben lontani dai particolari.
Le cose non vanno diversamente con i discorsi dei politici i quali, nella lotta per il potere, usano una demagogia senza scrupoli tenendosi lontani dai particolari. Con l’aria di essere dei coraggiosi si denunciano le difficoltà dei disoccupati, il degrado dei monumenti, il disastro delle ferrovie, la decadenza della scuola, l’inefficienza degli ospedali, senza mai proporre soluzioni che non siano pura retorica. In generale, spese faraoniche senza indicare dove trovare i soldi. Di questi particolari triviali occupatevi voi. Per i disoccupati, addirittura, si chiede “la creazione di posti di lavoro” e la parola è interessante: creare è il verbo dell’Onnipotente che fa sorgere qualcosa dal nulla.
Perfino per le cose che non costano nulla i politici dimostrano la loro totale mancanza di scrupoli, servendosi dei bei principi generali. Nei mesi scorsi in Italia si è parlato instancabilmente della nuova legge che doveva limitare la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche e in molti si sono stracciati le vesti in difesa della libertà di stampa. Questa, come i diritti umani, l’uguaglianza della donna, la protezione dell’ambiente e la sanità pubblica è uno di quegli argomenti sui quali è assolutamente obbligatorio essere d’accordo. Prova ne sia che quando Silvio Berlusconi, stanco di essere attaccato e diffamato da mesi, ha querelato “la Repubblica” è stato pesantemente attaccato ed accusato di “volere intimidire la libera stampa”. Come ha detto poi Giancarlo Fini, parlando della legge sulle intercettazioni, “la libertà di stampa non è mai troppa”.
“La libertà di stampa non è mai troppa”. Innanzi tutto, se fosse vero, non esisterebbe il reato di diffamazione. Poi, se anche Fini avesse voluto dire: “Il reato rimanga nel codice, ma io non denuncerò mai un giornale per ciò che ha scritto” avrebbe mentito, perché in questi giorni ha ricoperto “il Giornale” di querele. E allora, perché stabilire un principio generale, “La libertà di stampa non è mai troppa”, se poi, non appena si scende nel particolare, ci si comporta in maniera opposta? Solo perché quel giorno occorreva andare contro Berlusconi?
Né diversamente si è comportato il Presidente della Repubblica. Prima ha promesso un occhiuto esame della legge allora in discussione, col chiaro intento di rimandarla indietro. A protezione dell’intangibile libera stampa. Poi, quando la libera stampa ha attaccato il Presidente della Camera, ha pubblicamente e solennemente detto: “Cessino gli attacchi”.
Il disprezzo dei particolari. Il Presidente della Repubblica deve sempre volare tanto alto che nessuno possa pensare che ha preso posizione in una controversia concreta. Se poi non intende seguire questo aureo consiglio, in tanto dovrà prescinderne, in quanto sia capace di azione. Se potesse mandare i carabinieri ad arrestare Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, si capirebbe il suo “cessi la campagna”. Se non può farlo, esprime un voto irrituale, inane e contrario alla libertà di stampa.
Come avrebbe detto Talleyrand, più un errore che un crimine. E perfino più una sciocchezza che un errore.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
15 agosto 2010

THE DEVIL’S DETAILSultima modifica: 2010-08-15T14:24:20+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “THE DEVIL’S DETAILS

  1. Pardo, lei ha trascorsi da avvocato, quindi non provi a prenderci per il naso.
    Il reato di diffamazione esiste perché chi stampa un non-notizia è il romanziere, non il giornalista, e se il romanziere nella storia ci mette il mio nome, mi deve chiedere l’autorizzazione e mi deve pagare i diritti.
    Il reato si concretizza quando manca uno tra il riconosciuto interesse pubblico della notizia (Fini è personaggio pubblico!), la verità dei fatti (Fini ha svenduto una casa di AN ottenendone benefici per sé o per terzi?) e continenza dell’esposizione (Felri che urla a 4 colonne in prima pagina: “Fini mente!”).

    Come ho commentato sotto alla precedente notarella, poi, secondo me Napolitano non ha “parlato del” Giornale o di Libero, ma a “parlato a” Sivlio Berlusconi.

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