NAPOLITANO SBAGLIA TRE VOLTE

Avant’ieri, a proposito della vicenda degli operai della Fiat di Melfi licenziati e reintegrati, abbiamo scritto una nota (1) in cui si sosteneva che il Presidente della Repubblica esterna troppo spesso, danneggiando così l’autorità e la maestà della propria funzione. La conseguenza di questo comportamento è stata che persino per una vicenda sindacale microscopica tre persone non hanno temuto di disturbarlo con una lettera, e soprattutto un appello televisivo, per interessarlo alla loro vicenda.
Quello che non potevamo prevedere era che il Presidente della Repubblica prendesse tanto sul serio quell’appello da rispondere con una lettera solenne, di cui le televisioni si sono precipitate a dare lettura. Napolitano ha invitato tutti con belle parole a fare il meglio del meglio nell’interesse comune e soprattutto ha sottolineato che è necessario ottemperare alle decisioni del giudice. Cosa che ai più è suonata come una sconfessione del comportamento della dirigenza Fiat.
L’errore segnalato in partenza era uno: la loquacità e l’invadenza di un’autorità istituzionale per sua natura preposta ad alte, precise e poco frequenti funzioni. Ora sono diventati tre.
Primo errore: Giorgio Napolitano è assolutamente troppo presente nei telegiornali. Di questo passo rischia di battere Sandro Pertini del quale si disse che se andava ad un battesimo gli dispiaceva non essere al posto del bambino e se andava ad un funerale gli dispiaceva di non essere al posto del morto.
Secondo errore: nel suo intervento ha avuto l’aria di dare ragione al giudice anche per quanto riguarda il reinserimento nell’attività lavorativa. Egli non ha tenuto conto del fatto che la decisione è stata appellata e che la Fiat, prima di adottare quel provvedimento, ha consultato i propri avvocati. È certo, Napolitano, che quel giudice abbia deciso bene? Se se ne potesse essere sicuri, non esisterebbe un grado di appello.
Ma c’è un terzo e più spiacevole errore: è impensabile che il Presidente della Repubblica risponda solennemente e personalmente a tutte le lettere che riceve. Ne riceverà centinaia. Se si sapesse che risponde a tutte personalmente diverrebbero milioni. Né si può pensare che abbia preso carta e penna per la gravità del caso. Se dovesse interessarsi di ogni operaio licenziato (e i tre tecnicamente ancora non lo sono nemmeno, essendo reintegrati) non avrebbe tempo nemmeno per vivere. E allora c’è da pensare che il Presidente abbia risposto perché l’appello è stato fatto in televisione. Per demagogia. Non si sarebbe interessato della cosa, se l’appello fosse stato ricevuto da un distratto impiegato del Quirinale. Non avrebbe parlato se la vicenda fosse rimasta in ambito sindacale. Non se ne sarebbe interessato neanche se i tre fossero stati licenziati a titolo definitivo, ma senza l’intervento delle telecamere.
Un tempo Raffaella Carrà ci chiedeva di immaginare il numero dei fagioli contenuti nel barattolo e ci sarebbe stato da mandarla al diavolo in malo modo: ma dal momento che ce lo chiedeva in televisione, migliaia di comari si interessavano del numero di fagioli. Avremmo sperato che il Quirinale meritasse la designazione di “colle più alto”.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
25 agosto 2010
(1) NAPOLITANO: LA NEMESI
Secondo il Corriere della Sera (2), uno dei tre licenziati di Melfi,  Giovanni Barozzino, parlando anche a nome dei suoi colleghi, ha detto: «Lancio un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: non ci faccia vergognare di essere italiani».
Abbiamo sempre pensato che il Presidente della Repubblica “esterni” troppo spesso e che i giornalisti riportino troppo accuratamente il minimo dei suoi sospiri. Ma ecco arriva la nemesi. Tanti e tanto spesso hanno chiesto l’intervento del Presidente, che ora un operaio vorrebbe scomodarlo per una microscopica vertenza sindacale. Qualcosa che nessuno si sarebbe mai sognato ai tempi di Einaudi.
Come diceva Shakespeare, l’autorità e la maestà si nutrono di distanza e silenzio. Pio XII parlava tanto raramente che, se apriva bocca, era una grande notizia; ora il Papa parla almeno una volta la settimana, incalzando (e giudicando) da presso l’attualità. Una volta il Presidente della Repubblica era una figura pressoché simbolica, ora è una presenza quotidiana e attiva nella vita politica concreta. Rimane soltanto che si occupi dei licenziati di Melfi. E non dimentichi i problemi del mio condominio.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
23 agosto 2010
(2)http://www.corriere.it/economia/10_agosto_23/sacconi-fiat_ff1ad1a4-ae9e-11df-92e9-00144f02aabe.shtml

NAPOLITANO SBAGLIA TRE VOLTEultima modifica: 2010-08-25T15:02:43+02:00da gianni.pardo
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8 pensieri su “NAPOLITANO SBAGLIA TRE VOLTE

  1. Caro Pardo,
    nello specifico la FIAT è sicuramente inottemperante (e il reponsabile del Personale o in ultima istanza chi ha dato l’ordine potrebbe essere perseguito penalmente). Infatti – visto il brevissimo lasso di tempo trascorso tra i licenziamenti e la reintegrazione – la decisione del Giudice è sicuramente presa ex art.700 e quindi, essa deve essere ottemperata indipendentemente dal merito, dagli appelli, ecc… in quanto tesa esclusivamente a ripristinare le condizioni pre-esistenti al probabile delitto.

    In condizioni “normali”, invece, non esiste modo di coartare la autonomia gestionale dell’azienda, per cui, in caso di vittoria del lavoratore in primo grado, il datore di lavoro ha solo l’obbligo di retribuirlo; perdurando la mancata reintegrazione, però, qualora il giudizio definitifo fosse ancora favorevole al lavoratore, l’azienda potrebbe essere chiamata a rispondere di danni ulteriori per tutto il periodo di forzata ingiusta inattività.

    In Italia non esiste modo di ottenere l’esecuzione di una sentenza ove questa richieda la partecipazione attiva del soccombente; rer cui, l’azienda probabilmente non reintegrarà i lavoratori, e qualche diriginte, fra 10 o 12 anni avrà una condanna a qualche mese di reclusione.

    Tra glia avvocati della FIAT e i consulenti di Napolitano (Cassazione, Consulta, tribunali Amministrativi, professori universitari) , penso che questi ultimi abbiamo qualche probabilità in più di avere ragione.

    Quanto al perché il Presidente abbia agito, io credo che si possa dire “per dare l’esempio”. Infatti la Magistratura (di cui egli è in qualche modo “a capo”, pur non avendo praticamente alcuno strumento per far eseguire le proprie sentenze, non può permettere che la più grande azienda italiana, in um momento di massima visibilità, getti quelle stesse sentenze nel water.

  2. Ottimo. Un giorno, facendoci ciao ciao con la manina, da qualche fabbrica all’estero, Marchionne e la Fiat si dichiareranno d’accordo con lei.

  3. Io parlavo di aspetti “tecnici”.
    Comunque, Marchionne potrebbe ritenersi anche fortunato di operare in Italia. Infatti se provasse a non dare seguito a una sentenza in USA, il Giudice lo manderebbe a pulire i bagni pubblici a Soho o, forse, 5 anni in gattabuia. In Cina potrebbero chiedere il costo del proiettile ai familiari.

  4. Caro anthony, è vero, non le ho risposto nel merito. Ma nel merito io dispongo di dati diversi dai suoi. A conclusione di un breve scambio di mail un lettore mi scrive:
    Non ho letto il dispositivo ma generalmente il giudice decide il reintegro nello stesso ultimo posto dove i 3 stavano applicati.

    Nemmeno io sono competente, purtroppo, però, mi è capitato di subire lo stesso trattamento dalla mia azienda

    non licenziamento ma per fatti molto meno gravi quali diversità di mansione e lì ho scoperto

    che malgrado la giurisprudenza indichi le sentenze di lavoro provvisoriamente esecutive (cioè esecutive fino

    al prossimo grado di giudizio), non sussistendo penali, aggravi o altro, l’azienda può tranquillamente fregarsene

    da qui credo il richiamo di Napolitano, almeno io l’ho letto così e non sono un elettore di sinistra, anzi

    grazie per avermi dedicato del suo tempo

    cordialmente

    Alessandro

  5. Quanto riportato da Alessandro coincide con quanto scrito da me: “In condizioni ‘normali’, invece, non esiste modo di coartare la autonomia gestionale dell’azienda, …”

    Il demansionamento subito da Alessandro avrà ricevuto risarcimento economico, coercebile con pignoramento presso terzi (banche), ma non l’adeguamento della mansione.

    Qui quasi sicuramente si tratta di dispositivo di urgenza ex art.700, per cui
    “Non ottempera all’ordine di reintegrazione del lavoratore licenziato, emesso ai sensi dell’art. 700 cpc, il datore di lavoro che si limiti al pagamento della retribuzione senza effettiva riammissione in servizio del lavoratore; in tal caso, il giudice che ha reso il provvedimento può, ex art. 669 duodecies, determinare le modalità di esecuzione del provvedimento stesso, ordinando al datore di lavoro di rimuovere gli ostacoli frapposti all’effettiva ripresa del lavoro da parte del dipendente (Trib. Roma 20/11/95, pres. Zecca, est. Torrice)”

    Questo, come io ho scritto, non vuol dire che i lavoratori torneranno al loro posto, ma che nella più grande azienda manifatturiera italiana qualcuno ha agito frettolosamente. E pensare che hanno manager pagati per la gestione delle situazioni di crisi.

    Il diritto del lavoro in Italia è sconosciuto in primis ai datori di lavoro, a molti avvocati e persino a qualche giudice, per cui, in un sistema giuiziario praticamente gratuito e che concede grandi impunità, “tutti ce provano”.

    Vero è che il “settecento”, applicato al diritto del lavoro, è stato riformato due anni fa, e oggi in alcuni casi si evidenzia qualche diffioltà interpretativa.

    Comunque, su questa materia molto interessante (art.18, tutele, …), Se Pardo volesse aprire una discussione io sarei lieto di partecipare.

  6. Il problema è che con il caso dei tre operai di Melfi le intenzioni e le finalità sono più politiche che pratiche e tutti gli attori cercano la loro parte.

    Fiat/Confindustria/PDL e chi le sostiene cercano una anacronistica destrutturazione dei diritti dei lavoratori come in precedenza tentato per l’art. 18 ed ora con deroghe e cercando di creare dei precedenti nella giurisprudenza cui dare seguito successivamente.

    Sindacati/fazioni di Sinistra/Cattolici e chi li sostiene difendono le proprie dottrine e gli interessi dei lavoratori oggetto della contestazione anche in prospettiva.
    Da parte dei sindacati è il loro mestiere, da parte degli altri serve a raccogliere consenso nel mondo del lavoro dipendente, la parte sociale che è stata più vessata dalla crisi, dalla mutilazione dei diritti con il precariato e presso la quale esiste numericamente gran bacino di voti dissenzienti in vista della caduta del governo.

    La magistratura ha fatto il suo mestiere e il Presidente della Repubblica anche (forse questa volta sta nel suo), essendo stato coinvolto mediaticamente si è tolto la patata bollente in qualche modo.

  7. La patata bollente “poteva togliersela” stando zitto. Il fatto è che non ha voluto “togliersela”.
    Per quanto riguarda anthony: sono troppo ignorante in materia. Se vuole lanciare il dibattito, mi scriva privatamente la sua tesi e, se mi permette di riformarla un po’ stilisticamente, oltre che (come presumo) di condividerla, la firmiamo insieme.

  8. La fiat segue tranquillamente la prassi del non reintegro fin dalla fine degli anni ’70, senza che questo abbia mai turbato le coscienze sensibili. Come mai oggi è notizia da prima pagina? tra l’altro di fronte a un fatto (blocco della produzione) ben più grave dei tanti altri che si sono susseguiti negli anni.
    E’ evidente che qui la partita non è giuridica, ma politica.
    Del resto siamo di fronte a gravi lacune nel nostro sistema di relazioni industriali, lacune che ovviamente permettono grandi spazi di manovra a chi vuole creare il caso a tutti i costi (ome ora) o a chi semplicemente vuole creare un clima conflittuale permanente.
    Ma sappiamo che su ogni ipotesi di regolamentazione la cgil non ci sente, preferendo queste piccole battaglie di retroguardia che ci riportano a tempi remoti che nessuno rimpiange. Non apportano nessun beneficio ai lavoratori (anzi, è l’esatto contrario) ma ne portano al sindacato e al suo ruolo politico messo in crisi dalla cocente sconfitta di pomigliano.

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