IL GOVERNO DALLE MILLE VARIABILI

La difficoltà di lettura dell’attuale momento politico nasce dal fatto che da un lato i politici e i giornalisti sono vittime dell’autoreferenza, dall’altro chi veramente decide, il corpo elettorale, parla solo col voto. E in questo momento non può che tacere.
Chi segue la politica vede che il governo ha superato con ampio margine il voto di fiducia. Ma vede anche  che i finiani rimangono determinanti e questo significa che potrebbero pretendere di contrattare tutti i provvedimenti futuri: come del resto sicuramente fa la Lega. E appunto la cosa non sarebbe grave se i finiani fossero, come la Lega, interessati a governare, sia pure per ottenere leggi cui tengono particolarmente. E se invece fossero solo interessati a far fare cattiva figura a Berlusconi? Il discorso potrebbe proseguire sottolineando che questo sport non è esente da rischi. Il Pdl potrebbe per esempio mettere la fiducia su una riforma della giustizia assolutamente indigesta, per i finiani, in modo da porli dinanzi al bivio: o squalificarsi votando sì, e permettendo nel frattempo a Berlusconi di conseguire un risultato di enorme rilievo, o essere indicati come “coloro che hanno tradito e fatto cadere il governo”: e pagarla cara alle elezioni.
La partita è estremamente complessa sia perché si gioca “al futuro”, sia perché la situazione somiglia a quella del 1913: tutti hanno voglia di muovere guerra ma gli sviluppi possono essere – come in quel caso furono – ben diversi da quelli immaginati.
Non si riesce ad intravedere un futuro verosimile. Una  cosa è certa: finché il governo tenterà di governare, saremo alle schermaglie diplomatiche. Se invece si andrà alle urne, sarà la guerra.
E qui entra in gioco la seconda difficoltà di lettura. I politici parlano in Parlamento, parlano fra loro, parlano nei dibattiti televisivi. I giornalisti scrivono sui giornali, parlano in televisione, partecipano ai dibattiti. Tutti costoro finiscono col considerare ovvio ciò che è ovvio per loro, e noto ciò che è noto a loro. In realtà, la maggior parte della gente non pensa alla politica e ne sa pochissimo. Spesso non ascolta i telegiornali. Spesso, ammesso che li ascolti, non capisce ciò che viene detto nei dibattiti. Per giunta non raramente le voci si accavallano e la sintesi è: sono uno peggio dell’altro.
La gente riassume la politica come può, cioè nel modo più sommario, brutale e manicheo. Per alcuni tutto ciò che c’è da sapere è: “Berlusconi è un delinquente”. Non gli interessa sapere altro. Anzi, non gli interessa nemmeno sapere se è vero: va a votare con questa idea in testa e non ha orecchie per il resto. Altri votano per Berlusconi “perché è contro i comunisti”, “perché dall’altra parte sono anche peggio”, “perché ha promesso la tale cosa e chissà che, per una volta…”. Insomma, prescindendo da tutto il resto, alcuni “per Berlusconi”, altri “contro Berlusconi”. Tutta la politologia si riassume in questa scelta.
Ecco perché la partita di Fini e dei suoi amici, passando dal Parlamento all’elettorato, è rischiosa. È vero che potrebbero condizionare il governo, ma non è detto che il governo non preferisca cadere. A Berlusconi, maestro di semplificazioni popolari, basterebbe far passare questo messaggio: “Il governo è caduto perché Fini e i suoi amici hanno votato contro la fiducia su questo provvedimento”. Se ci riuscisse, lui vincerebbe alla grande e Futuro e Libertà ritornerebbero nella grammatica italiana come nomi astratti.
Le variabili sono troppe. Non sappiamo quali siano le reali intenzioni degli attori politici: Berlusconi potrebbe essere stato conciliante, il 29 settembre, perché indebolito; potrebbe essere stato conciliante perché vuol far cadere il governo senza assumersene la responsabilità; potrebbe essere deciso a raccattare altri sostenitori del governo per arrivare al 2013 come potrebbe star organizzando lui stesso le elezioni. E quando? Subito non converrebbe ai parlamentari che perderebbero la pensione. A marzo? Ma questo non darebbe ai finiani la possibilità di organizzarsi meglio? Sì, ma come convincere gli attuali eletti ad andare a casa con le tasche vuote? Basterebbe, a tutti costoro, che sia colpa di Fini? E Fini stesso – mistero atro – cosa intende fare? E si ricomincia con i dubbi.
Nessuno è in grado di rispondere a questi interrogativi. Anche per questo gli articoli dei giornali rischiano di essere veramente noiosi. Perché si arrampicano sugli specchi mentre, in sintesi, non sappiamo né che cosa pensano e contano di fare i politici, né come voterebbero gli italiani, se chiamati alle urne. Non sappiamo niente.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
30 settembre 2010

IL GOVERNO DALLE MILLE VARIABILIultima modifica: 2010-09-30T14:12:03+02:00da gianni.pardo
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