GOVERNANTI E GOVERNATI

La democrazia diretta era possibile nella Grecia antica: lo Stato era costituito da una città e tutta la popolazione poteva riunirsi in una piazza. In seguito quella forma di governo è divenuta impossibile e si è passati alla democrazia rappresentativa. Nello Stato moderno i deputati portano in Parlamento le istanze degli elettori ed esprimono un governo costituito da un ristretto gruppo di persone che operano in concreto e applicano le direttive del potere legislativo. La democrazia è mantenuta ma aumenta la distanza tra deleganti e delegati e avviene che il popolo senta come estranee le decisioni di chi guida la cosa pubblica: il giudizio negativo sul governo diviene un luogo comune.
Spesso, in democrazia, questo giudizio è immeritato. Guidare un Paese è estremamente difficile. Richiede una enorme raccolta di dati che solo un’enorme organizzazione può offrire e solo un certo numero di persone estremamente qualificate  può valutare. Si arriva alle decisioni solo dopo matura riflessione e dunque in linea di principio il popolo calunnia l’esecutivo: nessun politico vuole danneggiare il Paese. Nessun governo, in democrazia, vuole scontentare il popolo. Anche perché il successo dei politici è commisurato al gradimento popolare.
Purtroppo i governanti sono spesso essi stessi causa del loro male:  pur di avere successo promettono ciò che non possono mantenere e per giunta, una elezione dopo l’altra, instillano nella mentalità della gente l’idea che lo Stato possa tutto. Questa è la ragione per cui poi gli si dà la colpa di ogni possibile male: “Piove, governo ladro”.
Ma almeno il governo fa ciò che potrebbe fare? Non sempre. Non solo coloro che governano sono esseri umani che possono sbagliarsi, ma chi decide sta in alto (anche economicamente) mentre chi paga e soffre sta in basso. Nei palazzi del potere si può, magari per ragioni di prestigio, reputare imprescindibile affrontare una certa spesa (l’organizzazione di un’olimpiade) o correre un certo rischio (perfino una guerra) ma chi in concreto paga lo scotto è la povera gente, che tuttavia ha le sue responsabilità. Il governo ha il torto di promettere ciò che poi non manterrà, il popolo ha il torto di applaudire molte decisioni demagogiche, dimenticando che alla fine dovrà pagarne il costo. È simile a un bambino che continua a chiedere, chiedere e chiedere, rimanendo vittima di una pressione fiscale che inevitabilmente sale, sale e sale.
In questo eterno contrasto nessuno ha ragione. Oppure tutti hanno ragione: che è lo stesso. Si può azzardare che nelle monarchie assolute e nelle autocrazie ha più spesso ragione il popolo (che mai combatterebbe guerre per questioni dinastiche o di religione), mentre nelle democrazia ha più spesso ragione il governo. Paradossalmente però nelle autocrazie, lì dove la gente non ha libertà di criticare il governo, spesso i governanti – i re e persino Stalin – sono venerati, mentre nelle democrazie, dove è permesso dire di tutto, ci si lamenta del migliore governo possibile. Quello in cui i governanti, se difetti hanno, sono gli stessi degli altri cittadini, non quelli di un tiranno.
Il popolo si lamenta tanto più vivacemente quanto meglio sta. La Francia governata dai Borboni non viveva come la Russia sotto Stalin e tuttavia ha fatto la Révolution. Poi si è tenuta in allenamento nel 1830 e nel 1848, ha avuto un Secondo Impero, una Terza Repubblica, una Quarta Repubblica, una Quinta Repubblica e a momenti una Sesta, nel 1968, se solo i “sessantottini” francesi avessero saputo quello che volevano. Ancora in questi giorni il Paese lotta contro Sarkozy come mai i russi hanno lottato contro Stalin.
Forse non bisognerebbe mai fermarsi ad osservare la vita politica. Si finisce pressoché costantemente con un sapore d’amaro in bocca. Un sapore di fiele.
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it
24 ottobre 2010
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GOVERNANTI E GOVERNATIultima modifica: 2010-10-24T17:40:14+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “GOVERNANTI E GOVERNATI

  1. Scrive Pardo:
    “La democrazia diretta era possibile nella Grecia antica: lo Stato era costituito da una città e tutta la popolazione poteva riunirsi in una piazza”.
    Il resto dell’articolo spiega gli inconvenienti derivanti dal fatto che cio’ non possa piu’ avvenire, da secoli.
    Ma oggi, grazie a tecnologie addirittura molto sovrabbondanti rispetto a questa necessita’, la democrazia totale e diretta sarebbe di nuovo, e molto facilmente, possibile; almeno dal punto di vista tecnico.
    Pero’ c’e’ un pero’: chi controlla il meccanismo tecnologico che lo renderebbe possibile ? Non si sa esattamente, o non si sa ancora.
    In una agora’ tutti si vedono, si riconoscono, si individuano visivamente. C’e’ una specie di “garanzia fisica” dell’identita’ e unicita’ delle persone, facilitata anche dal numero relativamente limitato dei partecipanti.
    Mi fa paura Grillo che evoca una “democrazia basata su internet” senza rendersi conto di cosa questo, allo stato spontaneo e incontrollato, potrebbe significare.
    Ma esite qualcuno che si occupi seriamente e serenamente dal punto di vista tecnico/giuridico, di tutto questo ?

  2. C’è un secondo dato, da tenere presente: la polis si interessava di ben poche cose, abbastanza chiare a tutti, lo Stato moderno si occupa di problemi troppo complessi per essere risolti da una piazza, sia pure mediatica.
    Quanto a Beppe Grillo, sarei lieto se non fosse neppure citato, quando si parla seriamente.

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