YES WE CAN. FAIL

Ci sono uomini che a causa delle loro idee originali e della loro fama – oppure a causa delle loro fantasie e della loro mancanza di senso critico – sperano di cambiare il mondo. E normalmente vanno a sbattere. Alcuni tuttavia, per gli alti livelli di potere raggiunto, hanno la tentazione di dar corpo alla palingenesi e capita che siano sostenuti dalle masse. Queste infatti pensano che la realtà sia negativa solo perché manca qualcuno che abbia il coraggio e l’intelligenza di imporre un cambiamento. E quando identificano questo qualcuno, lo applaudono freneticamente.
A volte gli esiti sono disastrosi. Hitler sognava il Tausendjahr-Reich, l’Impero di Mille Anni, e il popolo tedesco gli andò dietro. Non per niente lui era il Führer, la guida che indica la via. Il Tausendjahr-Reich invece durò dodici anni e lasciò la Germania trasformata in un mucchio di macerie. Un grande cambiamento, ma non quello sperato.
Esistono però esempi positivi: Mustafà Kemal, profittando della frustrazione che seguì la Prima Guerra Mondiale, mutò per il meglio il volto della Turchia, portandola di botto nel Ventesimo Secolo. È vero che oggi essa ne sta dimenticando il messaggio ma la riforma è durata quasi un secolo e comunque quel Paese è ancora una democrazia sviluppata.
L’innovazione non può aver luogo se contrasta con i dati obiettivi. L’abilità politica di Ottaviano Augusto – capace di governare lasciando l’apparenza del potere del Senato – non sarebbe bastata a creare l’Impero se le dimensioni raggiunte dalle conquiste di Roma non avessero imposto un cambio di sistema di governo. In questo senso da un lato Bruto e Cassio avevano ragione, nel temere che l’Urbe si avviasse ad essere dominata da un uomo, dall’altro avevano torto nel non capire che, uccidendo Cesare, cambiavano solo il nome dell’uomo che avrebbe dominato Roma.
Né si può dimenticare l’influenza della geografia. Mentre gli Stati Uniti dispongono di vie marittime in ogni direzione, e perfino di grandi fiumi navigabili all’interno, la Russia non ha accesso ai mari caldi e i suoi fiumi, oltre ad essere gelati in inverno, vanno inutilmente a perdersi nell’Oceano Glaciale Artico. Gli Stati Uniti fruiscono di un clima vario e temperato, la Russia di un clima continentale di estrema brutalità. Mentre gli Stati Uniti dispongono di due immensi oceani e non possono avere vicini minacciosi, la Russia manca di confini naturali e vive da sempre nell’ansia di essere aggredita da uno o più dei numerosi Stati confinanti. Non è stupefacente che questi due Paesi abbiano avuto una storia economica e politica ben diversa. Emblematiche, a questo riguardo, sono le traversie politiche della Polonia, un Paese che addirittura è stato “spostato verso ovest”, dopo il 1945.
Inoltre l’inerzia derivante dalle condizioni obiettive è tanto più grande quanto più grande è la massa interessata. Qualcuno ha definito impero ogni potenza i cui interessi spaziano su tutto il Globo, tanto che essa deve preoccuparsi di qualunque avvenimento importante, dovunque si verifichi. E questa chiave di lettura spiega in grande misura la politica internazionale degli Stati Uniti. I loro interessi sono la loro Stella Polare, come sono la Stella Polare degli altri Paesi, e ne discende che, come non si può cambiare la geografia delle varie nazioni, non si può cambiare dall’oggi al domani il rapporto che intercorre fra loro. Non può dunque stupire che Barack Obama sembri immobile e non abbia cambiato la politica di George W.Bush. La politica del suo predecessore era determinata in grande misura da dati obiettivi e questi non sono cambiati.
La delusione che oggi manifesta l’elettorato americano  riguardo al Presidente è una sorta di nemesi. Durante la campagna elettorale Obama, col tono focoso del predicatore, ha martellato su due slogan: “change” e “yes, we can”. “Cambiamento” e “possiamo farcela”. Due bugie una dopo l’altra. Non c’è modo di contraddire la realtà e il cambiamento è spesso impossibile. Se tuttavia qualcuno dicesse che Barack ha ingannato gli americani gli si potrebbe rispondere che gli americani “asked for that”, se la sono cercata: hanno imperdonabilmente preso sul serio un messaggio vago e velleitario. In diritto, se la truffa è troppo scoperta, non è più un inganno: è circonvenzione d’incapace.
Anche chi, come noi, rimase sbalordito dal successo di Obama, deve oggi concedergli l’onore delle armi. Non ha compiuto i miracoli promessi ma non ha neanche causato i disastri che un predicatore superficiale avrebbe potuto provocare e che – francamente – ci aspettavamo.
I grandi cambiamenti sono il frutto dalla congiunzione fra una situazione obiettiva che ormai li consente e l’apparizione di un uomo superiore che se ne faccia l’interprete.
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it
11 novembre 2010
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YES WE CAN. FAILultima modifica: 2010-11-12T10:10:00+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “YES WE CAN. FAIL

  1. che non abbia causato i disastri che ci aspettavamo è ancora tutto da vedere: col suo atteggiamento di “volemose bbene” ha incoraggiato i vari ahmadinejad, hezbollah, hamas, alqaeda e compagni, con conseguenze che vedremo nei prossimi anni. E non sembra che ci sia da stare tanto allegri.

  2. che non abbia causato i disastri che ci aspettavamo è ancora tutto da vedere: col suo atteggiamento di “volemose bbene” ha incoraggiato i vari ahmadinejad, hezbollah, hamas, alqaeda e compagni, con conseguenze che vedremo nei prossimi anni. E non sembra che ci sia da stare tanto allegri.

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