IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALL’ITALIANA

Se si dice “il Presidente della Repubblica”, si pensa a Giorgio Napolitano. Viceversa qui non si vuol parlare di lui, ma del Presidente in generale. Cioè di quegli uomini che, dal tempo lontano di Enrico De Nicola, hanno occupato la più alta carica dello Stato.
La funzione di quest’organo è descritta dalla Costituzione in termini tanto vaghi da renderne importante l’interpretazione: il tema è piuttosto scarno e la musica finisce col valere soprattutto per l’orchestrazione e le variazioni.
Nel corso del tempo, i presidenti si sono divisi in due categorie. Anomali sono stati quelli che hanno visto le loro funzioni come ogni uomo sano considera il proprio fegato: è importante ma lo si dimentica. Se è necessario badarci, è segno che qualcosa non va, come quando, tornando alla politica, cade il governo.
Ecco alcuni esempi. Anomalo è stato Enrico De Nicola, presidente riluttante, che non nascondeva la tentazione di tornarsene a casa sua. Anomalo è stato Einaudi, un economista poco incline alle confidenze. Anomali sono stati anche Leone e Cossiga, quest’ultimo a doppio titolo: da prima, perché fra i più silenziosi e impercettibili, poi perché effervescente, logorroico, anticonformista e contestatore. Al punto che alcuni finsero di considerarlo pazzo e altri ne proposero l’ “impeachment”.
Normali invece sono stati quasi tutti gli altri, quelli che della carica hanno dato un’interpretazione “pontificia”. I punti in comune col Papa sono infatti parecchi. Ambedue sono coperti dall’immunità, il Papa perché sovrano assoluto, il Presidente perché dichiarato tale dalla Costituzione. Ambedue hanno un’influenza limitatissima sulla realtà e rischiano per questo di essere insignificanti (il caso del primo Cossiga), ma possono ipercompensare questo rischio col più assiduo presenzialismo (il secondo Cossiga). La comunità dei cattolici poteva dimenticare l’esistenza di Pio XII, talmente questo pontefice aristocratico era discreto e soprattutto silenzioso, invece i Papi successivi hanno ritenuto loro dovere affacciarsi alla finestra, ogni domenica, e dire qualcosa.
Impegno non da poco, se questo “qualcosa” avesse realmente un contenuto. Se il Papa prendesse posizione sui problemi importanti, si farebbe moltissimi nemici. Tutti quelli che sono di opinione diversa lo attaccherebbero violentemente. La soluzione non può che essere l’ovvietà: lodare la bontà; dir bene dell’amore fraterno; invitare alla generosità verso i poveri; invocare la pace, incoraggiare la speranza, esortare tutti a lottare contro la fame nel mondo. Chi può essere contro una di queste cose? Né si può rimproverare al Papa di non fare nulla personalmente. Mentre ringrazia mentalmente la fine del potere temporale, egli può infatti rispondere che non dispone di mezzi propri. Dunque sono gli altri, che devono agire. Lui può solo indicare gli scopi che essi devono raggiungere e sostenerli con le sue preghiere. Né è responsabile di ciò che non va: non solo egli non governa, ma può sempre riferirsi alla volontà di Dio e ai suoi disegni imperscrutabili: disegni nei quali può rientrare anche un devastante maremoto.
Anche il Presidente italiano normale si crede obbligato ad essere formalmente super partes e per questo alluviona la nazione con discorsi ovvi, banali e benedicenti. Discorsi che i giornalisti si credono in dovere di riportare, in ginocchio, trattandoli da Vangelo. Il PdR è un Papa in abiti borghesi. A questo punto, per chi già è irritato dagli interventi del vero Papa, per chi non sopporta la vuota retorica, l’unico rimedio è togliere l’audio.
Purtroppo, diversamente dal collega in tonaca, il Presidente è un uomo che intende fare politica: da un lato è il Tenero Vecchio che bacia i bambini e benedice tutti, dall’altro è il funzionario di un partito. Dunque congiura; trama; indirizza gli avvenimenti; fa propaganda subliminale e riesce a coniugare la faziosità con quanto di più moralistico ed ipocrita possa dirsi da un pulpito.  Il PdR è irritante sia per la sua funzione formale, sia per la sua funzione sostanziale. Gli esempi bruciano sulla lingua ma è meglio evitare guai giudiziari.
Ma questo non vale per la grande massa. Gli italiani hanno tanta fame di illusioni e di retorica da premiare molto più i Presidenti normali che quelli anomali. Leone sono riusciti a farlo dimettere, Pertini rimane un mito.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it
5 agosto 2011

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALL’ITALIANAultima modifica: 2011-08-05T11:36:30+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALL’ITALIANA

  1. Pertini rimane un mito.
    Per molti, ma non per coloro che ricordano che aprì la porta agli assassini di Setfano Taché, e insultò poi le Comunità ebraiche che se ne dolevano.

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