MANOVRA, UNA COPERTA TROPPO CORTA

Sarà che siamo sotto Ferragosto, ma il caldo sembra non limitarsi a scaldare le spiagge. Non si è ancora asciugato l’inchiostro sui rimedi da apportare alla drammatica congiuntura economica e la rassegna stampa offre l’intero campionario delle critiche possibili. Condanne da destra e da sinistra, che riguardano gli alti e i bassi redditi, il lavoro e le rendite, i servizi e gli enti locali, non si salva niente. Ciò che non è criticato dall’uno è criticato dall’altro. Chi ha ragione?
Umanamente hanno ragione tutti coloro che dalla manovra ricavano un danno. A chi mai potrebbe fare piacere pagare più imposte o ricevere meno denaro? Abbiamo sentito che saranno “accorpati”, cioè aboliti, centinaia di comuni (immaginiamo piccolissimi), ma lo stesso chi si può aspettare che sindaci, assessori e segretari comunali, gente che ha faticato e brigato, per arrivare ai quei posti, sia contenta della decisione? Lo stesso vale per le province, la cui proliferazione era un’assurdità ma i cui beneficiari si vedono togliere la sedia da sotto il sedere. Insomma, non solo non ci si poteva aspettare un universale consenso, ma le critiche anche acerbe erano da mettere in conto. Fra l’altro tutti possono “dimostrare” che i vantaggi di cui godevano non erano né immeritati né inutili per la società. L’ex sindaco di un comune di cinquecento abitanti può sempre sottolineare che il comune cui ora si apparterrà è a chilometri di distanza: e come faranno, le vecchiette, se hanno bisogno di un certificato?
Se le critiche sono universali e giustificate, il problema si sposta. La domanda diviene: si sarebbe potuto concepire un provvedimento che piacesse a tutti? E la risposta è evidentemente no. Avrebbe almeno potuto essere migliore? Certamente: ma avrebbe anche potuto essere peggiore. E che fosse migliore o peggiore avrebbe potuto dirlo solo il tempo, ammettendo che la realtà si biforcasse e ci fosse un Universo in cui la storia proseguisse con l’Italia che ha adottato la soluzione A e un Universo in cui la storia proseguisse con l’Italia che ha adottato la soluzione B. Cosa impossibile.
Per orientarsi in questo ginepraio, bisogna immaginare di dovere noi decidere la manovra. Che cosa avremmo potuto fare, se non incaricare qualcuno che ne capisse più di noi? Avremmo scelto un economista che conoscesse bene la macchina dello Stato e i suoi problemi finanziari e gli avremmo quasi dato carta bianca pregandolo di fare il bene del Paese, col minimo danno possibile dei cittadini e della nostra parte politica. Che poi l’incaricato facesse bene o male, si sarebbe visto: ma è anche vero che, pure scegliendo un altro, la cosa non sarebbe cambiata: il dubbio sulla giustezza della scelta sarebbe rimasto. Che altra soluzione si può immaginare?
Queste considerazioni riportano ad un errore corrente, quello di immaginare il mondo diverso da com’è. Molti commentatori affettano il più nero pessimismo, condito col più ampio disprezzo, per i nostri e per gli altrui governanti. Tutti a dire che sono una manica di scemi che fanno solo sciocchezze. Dimenticando che quegli stessi governanti, almeno in democrazia, sono giunti al posto in cui sono col sostegno dell’elettorato e al termine di una tremenda selezione. Vi sembrano scemi? Ebbene, chi vi dice che scegliendo un altro non sareste caduti su qualcuno ancora più scemo?
La verità è che chi agisce ai massimi livelli, agisce per il meglio. La sua speranza è quella di essere ricordato come un salvatore della Patria. Naturalmente ogni persona ha un diverso concetto del bene della Patria e delle azioni da intraprendere per salvarla: e questo è il costante dramma della politica. Ma non c’è ragione di trattare da delinquente e da nemico del popolo chi ha un’idea diversa dalla nostra. Probabilmente, se potessimo applicare la nostra idea, saremmo accusati da altri di essere dei delinquenti e dei nemici del popolo.
Giulio Tremonti e il governo che lo sostiene hanno fatto del loro meglio e sono certamente in buona fede come lo sarebbero stati anche personaggi che non ci piacevano, come Visco o Padoa-Schioppa. La realtà è che l’Italia si è messa nei guai, negli anni spensierati, creando un debito pubblico mostruoso. E se ora i figli pagano per la follia dei genitori, non c’è da stupirsi: il detto secondo cui le colpe dei padri ricadono sui figli è secolare. Non ci rimane che soffrire e incrociare le dita.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it
13 agosto 2011

MANOVRA, UNA COPERTA TROPPO CORTAultima modifica: 2011-08-13T15:28:43+02:00da gianni.pardo
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