LA PRESCRIZIONE: DIRITTO, MORALE, POLITICA

La prescrizione dei reati non è un regalo ai delinquenti. Questo istituto ha la funzione primaria di assicurare la certezza del diritto. Lo Stato ha il potere di perseguire i reati, di condannare o assolvere i cittadini ma, giustamente, non si concede quello di far planare indefinitamente l’ombra di un dubbio infamante su un cittadino il quale, fra l’altro, non è colpevole dei ritardi della giustizia. Ecco perché la prescrizione è applicata d’ufficio e non a richiesta dell’imputato.

La norma si configura più come un monito ai magistrati e alla macchina della giustizia che come un privilegio dei cittadini. Certo, se si reputano innocenti, questi ultimi preferirebbero un giudizio corretto e veloce; ma perfino se si reputassero colpevoli potrebbero ancora preferire una sentenza severa quando sentono di meritarla, piuttosto che anni ed anni dopo, quando si è già scontata la pesantissima condanna dell’angoscia e dell’attesa. 

Tecnicamente va precisato che se il giudice è convinto – senza ulteriori indagini, cioè senza sottrarre tempo e risorse ad altri procedimenti – dell’incontestabile innocenza dell’imputato, non deve applicare la prescrizione ma deve assolverlo nel merito. 

Sull’argomento si può rinviare a qualunque manuale di diritto penale. In Italia però la lentezza della giustizia e l’eccesso di passione politica hanno creato una situazione speciale che in alcuni casi ha condotto a dare un valore politico alla prescrizione. È perfino avvenuto (processo Andreotti) che l’estensore della motivazione, applicando la prescrizione, si sia indebitamente spinto a dichiarare l’imputato colpevole per il tempo prescritto: ribaltando la ratio legis della norma che prevede soltanto l’assoluzione nel merito, se la si reputa fondata, o il silenzio. Gli incompetenti e i fanatici della politica ne hanno ricavato la convinzione che la prescrizione (quando gli imputati sono avversari politici) equivale ad una condanna.

I nostri piccoli Catone gridano però che l’imputato, se è convinto di essere innocente, può rinunziare alla prescrizione: dunque chi l’accetta riconosce di essere colpevole. Costoro dimenticano o ignorano molte cose. In primo luogo, che dopo anni ed anni, ciò che si desidera in primo luogo è che lo strazio abbia termine. In secondo luogo, che se il giudice fosse anche lui assolutamente sicuro dell’innocenza, assolverebbe l’imputato. Infine e soprattutto, che la convinzione della propria innocenza non significa affatto che anche il giudice la penserà nello stesso modo. Non solo si verificano errori giudiziari ma perfino in perfetta buona fede si possono avere opinioni opposte, in un processo penale. Ecco perché tutti i penalisti consigliano ai loro assistiti di accettare la prescrizione e di non correre inutili rischi.

E tuttavia i Savonarola della politica intimano agli imputati di rinunziare alla prescrizione. Lo chiedevano ad Andreotti, per poterlo condannare e oggi, per lo stesso motivo, a Berlusconi. Lo chiedono infine a Filippo Penati, per vederne dichiarare l’innocenza, togliendo l’onta che oggi ricade sul Pd e su Pierluigi Bersani.

Penati farebbe bene ad accettare la prescrizione: meglio rinunziare alla politica che all’estinzione del reato. Ma l’argomento si presta ad ulteriori, amare considerazioni.

L’imputato che si sente in grado di provare la propria innocenza può essere tentato di rinunciare alla prescrizione: ma lo farebbe ancora, se reputasse che i magistrati desiderano condannarlo, anche se è innocente? O se reputa che i magistrati, per suggestione sociale, per passione politica o per antipatia personale hanno un pregiudizio contro di lui?

Ciò getta un’ulteriore luce su queste malaugurate situazioni. Non è che, per caso, chi chiede a Penati di rinunciare alla prescrizione lo fa perché reputa che i magistrati saranno benevoli nei suoi confronti? E gli chiederebbe di rinunciare alla prescrizione, se fosse convinto che i magistrati ce l’hanno con lui? E non è che per caso chiede la stessa cosa a Berlusconi perché reputa che i magistrati siano prevenuti nei suoi confronti? E si comporterebbe nello stesso modo se immaginasse giudici benevoli con Berlusconi e prevenuti contro Penati? 

Ecco uno dei tanti effetti perversi della decadenza della magistratura. Non solo essa è tanto lenta da rendere la prescrizione un argomento quotidiano, mentre dovrebbe essere eccezionale, ma si è arrivati ad utilizzarla per fini di parte. Creando un ulteriore corto circuito tra politica e amministrazione della giustizia e facendo perdere completamente la fiducia nella certezza del diritto.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

4 settembre 2011

LA PRESCRIZIONE: DIRITTO, MORALE, POLITICAultima modifica: 2011-09-04T15:31:48+02:00da gianni.pardo
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