SOCRATE HA MERITATO LA CONDANNA A MORTE

Narrano le (incerte) cronache che quando Stalin si sentì male e cadde per terra, lì rimase. Perché i collaboratori più vicini non osarono toccarlo, nemmeno per metterlo a letto: tanto sconvolgente era il terrore che ispirava quell’uomo e tanto imprevedibili le sue reazioni, se si fosse ripreso. La Russia ha avuto un dittatore meno folle di Caligola che tuttavia ha battuto il romano per sistematica criminalità e dimensioni dei risultati ottenuti.

Finito l’incubo nel 1953, i sovietici sarebbero stati grati a chiunque li avesse fatti vivere in un mondo meno disumano. E infatti Nikita Khrushchev, pur non essendo né un gentiluomo né un intellettuale, fu un uomo che si poteva avvicinare e trattare normalmente. La sua non fu soltanto una “destalinizzazione” ma il ritorno a una realtà non criminale. Nella sua logica imperiale Khrushchev era privo di scrupoli e brutale, come si vide a Budapest nel 1956, ma non aveva i connotati della follia omicida e c’era da essergli grati: infatti i russi questa gratitudine gliela dimostrarono rimuovendolo dal potere e permettendogli tuttavia di morire nel suo letto.

Se pure seguendo un percorso lungo e tortuoso, la Russia è passata dall’autocrazia zarista all’attuale democrazia, tanto che si è votato ancora recentemente. Ma ora i moscoviti sono scesi in piazza, a decine di migliaia, forse a centinaia di migliaia, protestando  per gli asseriti brogli elettorali. Un popolo che per decenni non ha osato fiatare, che avrebbe reputato un’ipotesi lunare la possibilità di esprimere un pensiero libero e ancor più inverosimile l’idea di votare liberamente, ora si preoccupa dell’assoluta regolarità della consultazione elettorale. Un po’ come se i rematori della galera, invitati ad un pranzo di gala, si fossero lamentati del fatto che il cameriere li serviva da destra invece che da sinistra.

È divertente notare come i nostri intellettuali, che non compiansero mai i russi sotto Stalin e anzi sposarono con entusiasmo la propaganda del regime, oggi affettino di disprezzare Putin e gli chiedano di andar via, anche se ha vinto le elezioni. Ciò può condurre alla sconsolata conclusione che i governati sono scontenti soprattutto quando hanno la libertà di informazione e di espressione. Se si governa male e brutalmente, i sudditi sono scontenti ma non osano dirlo e alcuni si lasciano perfino ingannare dalla propaganda di regime. Se invece si governa dimostrando rispetto per la libertà del popolo, se ne ricavano contestazioni e a volte rivoluzioni. 

C’è da chiedersi che cosa spinga gli uomini a cercare tanto disperatamente il potere, se perfino la poltrona dello zar è tanto scomoda. E tuttavia quella lotta non conosce tregua, non per divenire Primo Ministro ma per essere sindaco nel paesino, preside nella Scuola Media, caporale piuttosto che soldato semplice. 

La risposta, vista l’irrazionalità della pulsione, non può essere che una: l’istinto.

Negli animali sociali il capo gode di privilegi, in particolare per quanto riguarda il diritto agli accoppiamenti con le femmine. Dunque, oltre ai vantaggi personali (per esempio per il cibo), il capobranco ha maggiori possibilità di tramandare i suoi geni. Ragione per la quale anche nella specie umana il donnaiolo di successo è guardato come un vincente.

L’uomo sano e normale si batte dunque per ottenere i vantaggi di un alto status: potere, denaro (un concentrato di potere), donne e figli. Spesso con l’ambizione di trasmettere ciò che ha ottenuto a questi ultimi (come i dittatori coreani), in modo da proiettare oltre la morte le possibilità di successo dei propri geni.

Questo meccanismo risulta ben poco comprensibile all’uomo che riflette sugli istinti. Per indurlo a riprodursi, la natura gli offre il piacere sessuale ma il saggio scopre l’imbroglio, accetta il positivo, rifiuta il negativo e usa un profilattico. Dei suoi geni e dell’eugenetica non gli importa nulla, soprattutto dopo che sarà morto. Se la natura induce l’uomo ad amare il potere, per aumentarne le possibilità di sopravvivenza, il saggio le risponde che nella società contemporanea si sopravvive benissimo senza fare questi sforzi. Fra l’altro il piacere del potere si scontra con la quotidiana esperienza dell’ingratitudine e questo ne avvelena l’esercizio, per chi ha buona memoria. Quanto alle donne, piuttosto che imbarcarsi nella fatica interminabile del donnaiolo, basta trovare un’ottima amante, se si tiene solo al sesso; se invece si tende ad avere una compagna e si ha la fortuna di trovarla, sarebbe sciocco cambiarla o crearsi dei problemi con l’adulterio. 

L’uomo che riflette rischia di non avere nessun potere, probabilmente neanche una famiglia e certo non dei figli, visti i problemi che dànno. Il filosofo è insomma un nemico della società e Socrate ha meritato la condanna a morte.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

26 dicembre 2011

 
SOCRATE HA MERITATO LA CONDANNA A MORTEultima modifica: 2011-12-26T11:17:06+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “SOCRATE HA MERITATO LA CONDANNA A MORTE

  1. # Socrate ha meritato la condanna a morte

    chiusa “sfolgorante” di un bell’articolo!
    ma mi permetta una critica: mi sembra troppo severo nel ricordare che “Un popolo che per decenni non ha osato fiatare, che avrebbe reputato un’ipotesi lunare la possibilità di esprimere un pensiero libero e ancor più inverosimile l’idea di votare liberamente, ora si preoccupa dell’assoluta regolarità della consultazione elettorale”
    scusi, Professore: in ogni epoca il “regime” dominante si è cautelato dall’eventuale “caduta” con sistemi che pagavano con la morte o una crudelissima detenzione ogni tentativo di “cambiamento” e questo ha naturalmente limitato molto questo tipo di attività
    mi sembra normale che le “proteste ed il malcontento” per un malgoverno vero o presunto possano estrinsecarsi nel momento in cui le mutate condizioni del regime lo permettano (ovviamente non a costo della vita, pur senza garanzie che nuove consultazioni elettorali possano portare ad un reale miglioramento)
    la lotta per il potere è defatigante e concordo con l’idea di lasciarla ad altri ma penso anche che i “filosofi asociali”, giustamente meritevoli di morte “civile”, dovrebbero essere in numero limitato, pena la “limitazione” della specie

  2. Caro oude,
    è ovvio che le proteste sono tanto più possibili quanto più c’è libertà. Ma trovo fastidioso che si sia più severi con i “buoni” che con i “cattivi”. Non si può sputare più su Putin che su Stalin, quand’anche abbia grandi difetti. Dunque consiglierei ai russi di essere molto più felici del fatto ce abbiano potuto votare che scontenti per qualche sbavatura.
    Non si preoccupi, i filosofi “asociali” saranno sempre in numero limitato perché sono in numero limitato le persone che pensano.
    Quanto alla specie non mi preoccuperei. Non solo per la ragione di cui sopra, ma anche perché ho tendenza a stimare più quella felina che quella umana.
    Ancora auguri.

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