L’EVASORE PER NECESSITA’

L’evasore fiscale, oltre a commettere un illecito, bara nei confronti dei concittadini. Beneficia dei servizi dello Stato ma non li paga nella stessa misura in cui li pagano i contribuenti onesti. Su questo punto non ci sono e non ci devono essere dubbi. 

Di solito l’economia va d’accordo con la morale. Il ladro è giudicato severamente dai galantuomini perché non rispetta la proprietà altrui ed è giudicato severamente dall’economia perché non crea ricchezza: la sposta soltanto da chi la merita a chi non la merita. L’economia tuttavia può giudicare positivamente un fatto che l’etica giudica negativamente: il contrabbandiere va contro la legge e la morale ma dal punto di vista economico è utile, perché fa avere ai consumatori un bene ad un prezzo minore. Analogamente, la prostituta esercita un mestiere ignominioso ma, diversamente dal ladro, offre un servizio (dunque “ricchezza”) e il suo denaro è guadagnato onestamente.

Ecco perché, se si desidera discutere dell’evasione in termini puramente economici, bisogna trascurare totalmente il punto di vista morale.

Il fisco è una necessità. Bisogna pagare lo Stato per i servizi che offre e bisogna dar da vivere agli uomini che lo fanno funzionare. Ma dal momento che a nessuno piace regalare il proprio denaro, più lo Stato chiede, più diviene conveniente evadere. Anche correndo il rischio di essere scoperti. Dunque una pesante tassazione incentiva l’evasione. 

Per evitare un’alta pressione fiscale lo Stato dovrebbe aver bisogno di meno denaro: ma questo va contro lo spirito del tempo. Infatti i cittadini chiedono all’Amministrazione di risolvere tutti i problemi, e quando poi si accorgono che per far ciò lo Stato chiede tasse stratosferiche è troppo tardi. Lo Stato non ha la marcia indietro: quando comincia ad occuparsi di qualcosa non la restituisce più ai privati.

Ma l’evasore è come il contrabbandiere o come il ladro? Su questo punto molti hanno già la risposta pronta. Le cose però sono meno semplici di come sembrano. Il discrimine fondamentale è fra l’evasore “a parità di condizioni” e l’evasore “a condizioni differenti”. L’operatore che agisce “a parità di condizioni”, in un ambito in cui gli altri pagano le imposte e lui no, è un ladro dei suoi colleghi. Infatti intasca anche la differenza fra il lordo del suo profitto e il netto dalle imposte. Questa evasione opera uno spostamento di ricchezza senza giustificazione e senza utilità per la nazione.

Immaginiamo invece, come “evasore a condizioni differenti”, un piccolo negoziante in un ambiente molto povero. I  suoi clienti non possono pagare molto, e se lui avesse gli stessi prezzi degli altri, se pagasse tutte le imposte, se pagasse il suo commesso come vuole la legge, non gli rimarrebbe che chiudere e i suoi clienti pagherebbero più  cara la merce. La sua attività è concorrenziale perché “non è a parità di condizioni”. Si esercita in un’economia parallela in cui i clienti hanno una merce scontata, il commesso è sottopagato e lo stesso proprietario del negozio è al limite di sopravvivenza. Ne è prova che, se appena cambiano le condizioni, deve chiudere. In questo caso la sua attività è economicamente benemerita. I clienti pagano meno; il commesso, pur sottopagato, ha un lavoro; la famiglia del negoziante, pur senza scialare, riesce a vivere e infine ci guadagna pure lo Stato perché l’evasione riguarda solo le imposte dirette, non quelle indirette: l’Iva si paga comunque. E chi evade le accise sulla benzina? 

La repressione di quel piccolo commercio illegale non è economicamente proficua. L’attività del piccolo negoziante opera (a spese dei contribuenti onesti, questo va ammesso) uno spostamento di ricchezza dai più abbienti ai meno abbienti, non diversamente da ciò che lo Stato fa con i sussidi ai disoccupati o con le pensioni sociali. 

Naturalmente è impossibile distinguere l’evasore “utile” dall’evasore “profittatore”, e dunque è normale che lo Stato lotti contro tutti e due. Ma economicamente la differenza rimane. Gli assatanati del fisco non dovrebbero ignorare che una totale abolizione del “nero” si tradurrebbe in una botta economica devastante, soprattutto se è vero che, come dice qualcuno, questo nero raggiunge il trenta per cento del prodotto interno lordo.

La soluzione, per conciliare economia e morale, è avvicinare quanto più è possibile la condizione dell’evasore per necessità alla condizione del contribuente onesto, e ciò si può ottenere non condannando a morte l’evasore ma abbassando le aliquote. Fino a fare concorrenza all’evasione. Cosa praticamente impossibile in uno Stato come il nostro. 

Da un lato l’evasione ci sarà sempre, dall’altro il miglioramento dell’efficacia della lotta all’evasione non è detto che si traduca in un grande beneficio economico. In un’economia sana il fisco è implacabile ma le imposte sono basse.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

21 ottobre 2012

 

L’EVASORE PER NECESSITA’ultima modifica: 2012-10-22T11:06:11+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “L’EVASORE PER NECESSITA’

  1. “Infatti i cittadini chiedono all’Amministrazione di risolvere tutti i problemi”

    Assunto totalmente sbagliato, fuorviante, e purtroppo indicativo: Io non ho chiesto proprio niente, e i miei problemi me li voglio risolvere da solo.
    Il fatto che su questo argomento sia considerata solo la voce dei cittadini peggiori, cioe’ quelli che chiedono all’amministrazione di risolvere tutti i problemi, e’ disperante.

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