FILOSOFIA, SCIENZA E TERREMOTI

La condanna dei geologi per il terremoto dell’Aquila nasce dalla confusione – che dunque può verificarsi ancora oggi – fra filosofia e scienza.

La filosofia, sin dalla più remota antichità, ha cercato la verità. Non la verità di un singolo fatto – “Piove o non piove?” – ma la verità definitiva su interrogativi di immenso valore:  esiste Dio? Conosciamo la realtà com’è? L’uomo è libero o determinato? E persino: esiste la materia? Cosa che hanno negato in parecchi. Per non parlare degli scettici, che hanno dichiarato la verità inconoscibile. 

Il metodo utilizzato in questa ricerca è stato caratteristicamente intellettuale. Per giungere alle sue teorie il filosofo non osserva la realtà, non fa esperimenti, non si abbassa neppure alle statistiche: arriva alle proprie conclusioni per via puramente logica. O, almeno, per una via che il pensatore stesso reputa logica e che pressoché inevitabilmente un suo collega contraddirà, con lo stesso metodo. 

Malgrado la debolezza di un simile modo di procedere (che infatti non ha mai condotto ad una affermazione che mettesse d’accordo tutti) il filosofo non giunge a verità probabilistiche o “falsificabili”, per usare un termine popperiano: le sue conclusioni sono innegabili, immodificabili ed eterne. Per Aristotele o per Tommaso d’Aquino l’esistenza di Dio non è una loro opinione, o qualcosa che ulteriori dati potrebbero smentire: è una certezza da sempre e per sempre. Chi la pensa diversamente semplicemente sbaglia. Atteggiamento che, in politica, ha fatto giudicare il comunismo una religione.

Al contrario della filosofia, la scienza non parte dalla riflessione ma dall’osservazione. L’uomo primitivo, pur non sapendo niente di astronomia, era certo che il sole sarebbe sorto ogni mattina. Perché era sempre sorto, secondo quanto dicevano i suoi genitori e i suoi nonni. Va certo notato che la costante ripetizione del fenomeno – secondo il filosofo David Hume – non autorizza a dedurne la sua necessità: ma se questo è il punto di vista astratto e dopo tutto ineccepibile (infatti Hume è un filosofo) per la scienza un fenomeno che si ripete costantemente è “scientifico”. E sarà “scientifico” affermare che si ripeterà anche in futuro. E qui si vede che “scientifico” non significa “filosoficamente certo”, ma “certo fino a prova del contrario”. E nel campo della medicina di “prove del contrario” se ne sono avute a decine.

Una verità scientifica non è un dogma di origine divina: è semplicemente un’affermazione “fino a questo momento non smentita dai fatti”. Per giunta, contrariamente a quanto avviene nelle dottrine religiose o filosofiche, nella scienza le affermazioni non si distinguono soltanto in “vere” o “false”, ma anche in “statisticamente vere” e “statisticamente false”. È statisticamente falso che si guarisca da certi tumori particolarmente maligni, ma nulla esclude che in qualche caso si possa avere una guarigione. L’oncologo dirà: “Non si è ancora registrato un caso di guarigione”, ma non dirà mai: “Escludo che un simile tumore possa guarire da solo o che in futuro si trovi un rimedio”.

Ciò posto, riguardo al terremoto dell’Aquila, i geologi hanno a suo tempo risposto secondo le teorie da loro accettate e secondo le osservazioni fatte sino a quel momento. Per gli sciami sismici avranno detto che di solito questo indica che il fenomeno è in esaurimento. Se poi invece si verifica una scossa assassina proprio nel corso dello sciame sismico, l’unica conseguenza scientifica sarà che si correggerà la teoria come segue: “lo sciame sismico va a decrescere d’intensità, anche se si è registrato un caso in cui…” Nulla di più.

Condannando quei signori ad anni di carcere – ma confidiamo nel giudizio d’appello, anche per non renderci ridicoli agli occhi del mondo – il giudice ha forse confuso la filosofia con la scienza. I geologi camminano sulla superficie della terra, non sono a chilometri di profondità, dove è l’ipogeo del terremoto. Vanno avanti con le osservazioni del passato, col quod plerumque accidit. Chiedere loro una certezza andrebbe contro il dogma numero uno della sismologia: allo stato attuale della conoscenza i terremoti sono imprevedibili. Il massimo che si può fare è costruire con criteri antisismici. Principio che è difficile applicare alle chiese medievali.

Qualche corollario. Se i sismologi, richiesti di un parere, si rifiutassero di darlo per timore dei magistrati dell’Aquila, potrebbero incorrere nel reato di inosservanza dell’ordine dell’autorità (art.650 C.p.). Se, per non correre rischi, dicessero che bisogna evacuare tutte le case della zona per almeno un anno, commetterebbero il reato di procurato allarme. Se infine dicessero che il pericolo è probabilmente passato, e invece ci fosse una scossa assassina, si vedrebbero condannare a sei anni di carcere. Meglio iscriversi alla facoltà di giurisprudenza. Forse lì si impara a prevedere meglio i terremoti. 

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

23 ottobre 2012

 
FILOSOFIA, SCIENZA E TERREMOTIultima modifica: 2012-10-23T13:41:40+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “FILOSOFIA, SCIENZA E TERREMOTI

  1. Riporto la risposta data ad un amico che mi ha scritto privatamente.

    Che non sia possibile prevedere i terremoti è un’ovvietà, nota lippis et tonsoribus, che si potrebbe tradurre “anche ai cani e ai gatti”.

    “E allora cosa ci stavano a fare?” i grandi tecnici, chiede lei. E qui non ci siamo più. A quanto pare per Lei non c’è nulla in mezzo, fra la più ferrea certezza e la più totale ignoranza. Esiste la probabilità. Quando un medico è richiesto di dire se il malato morirà o no, fra quanto tempo guarirà o fra quanto tempo morirà, egli emette una “prognosi” che non è né un oroscopo né una ferrea certezza. Condanneremo al carcere il medico che aveva previsto la guarigione, se il malato muore? E lo condanneremo al carcere se avrà commesso l’errore di prevedere la guarigione in termini di certezza, scambiando il dato statistico con una previsione astronomica?

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