DEBITI BUONI E DEBITI CATTIVI

I miei avevano quasi un sacro orrore dei debiti. In tutta la loro vita contrassero soltanto un mutuo, per comprarsi la casa. E lo pagarano (con grandi sacrifici, anche miei) fino all’ultimo centesimo. L’unico altro debito che ricordi, lo contrasse mia madre, per offrirmi la Vespa. E aveva l’aria di violare il più sacro dei tabù.
Ebbene, questo orrore dei debiti è passato da loro a me. Ancora oggi mi chiedo perché mai dovrei comprare e poi pagare, quando posso prima mettere da parte il denaro per la spesa, e poi comprare. Infatti, se l’accumulo prima, al momento della spesa sono sicuro di averlo, mentre se invece compro a rate, chi mi dice che poi disporrò sempre della somma necessaria per pagarle? Con questa mentalità, si immagini come ho vissuto, a partire dagli Anni Settanta, il progressivo indebitamento dell’Italia. E come vivo oggi l’atto di coraggio dei governanti che hanno deciso di sfidare i mercati, l’Unione Europea e il buon senso.
E tuttavia il debito non ha cattiva stampa. La più importante lezione, sull’indebitamento come fattore positivo per l’economia, me la dette, tanti decenni fa, un’amica negoziante di abbigliamento. Lei mi spiegò così come funzionava il suo business. Nella stagione precedente quella in cui avrebbe dovuto vendere gli abiti, otteneva un prestito dalla banca e con esso comprava gli abiti. Arrivata la stagione, li rivendeva e col ricavato viveva. Oltre, ovviamente, a rimborsare la banca.
Ne rimasi stupito. Perché non investire denaro proprio, risparmiando la spesa per gli interessi? E come evitare il fallimento se, per una ragione o per un’altra, non si ricavasse abbastanza dalle vendite? E infatti i fallimenti di negozi sono, da sempre, all’ordine del giorno. Ma non avevo considerato ciò che avrebbero potuto rispondermi molti negozianti: “Se avessi aspettato di avere il capitale per cominciare l’attività, non l’avrei mai cominciata. È grazie al credito concessomi dalla banca, che sono su piazza”. E non avrebbero avuto torto. Così ho imparato la distinzione fra debito buono e debito cattivo. Il debito è buono se, a conclusione del ciclo, ci sarà in giro più ricchezza. È cattivo se ce ne sarà di meno.
Il negoziante che non fa il passo più lungo della gamba, che ha una fedele clientela e un’attività ben avviata, col sistema della mia amica lavora, fa lavorare i suoi commessi, fa lavorare la banca e rende un servizio alla collettività. Alla fine sono un po’ più ricchi lui stesso, i suoi dipendenti e perfino la banca. Se viceversa qualcuno contrae un debito per un consumo, per esempio una costosa automobile, e poi non è in grado di pagare le rate, pagheranno il conto della sua imprudenza lui stesso, per cominciare, che potrebbe anche vedersi sequestrare la casa, e poi il venditore dell’automobile. Calcolando tutto insieme, l’operazione avrà distrutto più ricchezza di quanta ne abbia creata.
La differenza fra questi due debiti è che il primo tende alla produzione di ricchezza, il secondo al consumo di ricchezza. Il primo crea posti di lavoro, il secondo non ne crea. Il primo è come un campo che ogni anno dà il suo raccolto, il secondo opera una tantum, e può concludersi con una sconfitta di tutti.
La tragedia italiana nasce dal fatto che si è mal interpretato Keynes – il profeta del debito per rilanciare l’economia – confondendo il debito per creare ricchezza col debito per creare consumi. Inoltre, approfittando del fratto che il popolo non distingue facilmente fra le due cose, i governi hanno in malafede utilizzato il debito per creare consenso elettorale, cioè per raccattare voti, lasciando poi in eredità a tutti il conto da pagare. Cosa che sta ancora facendo oggi il M5S, col famoso “reddito di cittadinanza”.
Riguardo agli investimenti produttivi e improduttivi di ricchezza, rimane ancora una cosa da dire. Tutti pensano che fabbricare una strada o un ponte sono sicuramente investimenti produttivi, e non è così. Anche nel caso di un’opera pubblica, in tanto essa è produttiva, in quanto effettivamente produca ricchezza. Se, dal giorno dell’inaugurazione, la nuova strada ha un bel traffico, è segno che se ne aveva bisogno ed ora dunque essa produce ricchezza. Se viceversa il traffico è scarso o pressoché inesistente, si è sprecato il denaro e si è distrutta ricchezza.
Lo Stato dovrebbe essere estremamente scrupoloso, quando spende il denaro pubblico. Non dovrebbe mai sprecarlo per consumi ma soltanto per spese che renderanno la nazione più ricca di prima . Non deve tanto sussidiare la povertà, quanto dare ai poveri il modo di uscire dalla povertà, col lavoro. I sussidi dovrebbero andare soltanto a coloro che sono nella reale impossibilità di sostenersi da soli.
Ma tutte queste sono prediche al vento, perché l’Italia è un Paese in cui ci si affaccia al balcone e si raccolgono applausi per aver dichiarato guerra alla Francia e per essere riusciti a contrarre una quarantina di miliardi di debiti in più.
Gianni Pardo. 29 settembre 2018

DEBITI BUONI E DEBITI CATTIVIultima modifica: 2018-09-29T14:25:36+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “DEBITI BUONI E DEBITI CATTIVI

  1. Da bambini la maestra ci spiegava che sarebbe stato meglio insegnare a pescare piuttosto che distribuire pesci! Poi sono arrivati Keynes e tutti gli altri 😉

  2. La maestra, dall’alto del suo stipendio fisso e della sua pensione garantita (magari maturata a 50 anni) faceva evidentemente una grande fatica a capire che il mondo non è fatto solo da ricchi ma anche da poveri. Che non muoiono in un giorno solo ma in diversi mesi, durante i quali, se affamati, possono diventare molto pericolosi.
    E se i poveri si sentono in pericolo, dapprima smettono di comprare ciò che i ricchi producono – col risultato che i ricchi si impoveriscono – e poi si coalizzano e vanno a depredare i loro beni. Magari in nome di quell’immaginifico paradiso dei lavoratori che un anticomunista viscerale come me e come il prof. Pardo abbiamo imparato ad odiare.
    Ecco una delle ragioni per cui un liberista intelligente non si preoccupa solo di come arricchirsi ma anche di come redistribuire ai più poveri i soldi che guadagna.
    Non è generosità, non è morale, non è solidarietà sociale.
    E’ furbizia, saggezza.
    La solidarietà sociale prima di essere giusta, conviene.
    Anche ai ricchi.

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