I CONTI CON L’OSTE SERGIO MATTARELLA

A leggere i giornali, si direbbe che tutti i partiti siano alla frenetica ricerca di una buona scusa per rinviare le elezioni e non andare subito a casa. Per questo scopo tutte le soluzioni sono buone. Infatti il ricorso alle urne promette qualcosa di buono soltanto al colpevole della situazione attuale: Matteo Salvini.
Il dimezzamento del numero dei parlamentari – la cui legge aspetta soltanto l’ultimo sì, calendarizzato per il nove settembre – ovviamente non conviene all’insieme degli interessati, per l’eccellente ragione che, se quella norma fosse approvata, alle prossime elezioni i candidati avrebbero il 50% delle probabilità di essere eletti rispetto a prima. Ma loro non guardano così lontano: gli interessa soltanto non perdere la poltrona guadagnata nel marzo dello scorso anno. Per questo moltissimi seguirebbero questa bandiera, se fosse capace di farli restare a Roma. Semplice calcolo di convenienza personale. Come quello di Salvini.
Purtroppo per loro, quella legge non conviene a Salvini, non perché egli rischi il suo seggio di senatore, ma perché, se fosse approvata, tra referendum confermativo e nuova sistemazione dei collegi elettorali, passerebbero molti mesi. Ritardando di altrettanto le prossime elezioni,. E chi dice che nel frattempo i consensi, che oggi parlano del 38% per la Lega, non evaporerebbero?
Un’altra idea che circola, aureolata di capacità salvifiche, è quella di un governo di scopo, o comunque si voglia chiamare un governo strumentale, in carica per qualche tempo, per fare qualcosa, sostenuto da una maggioranza raccogliticcia messa insieme per l’occasione. Un esempio classico è quello di un governo costituito per votare una nuova legge elettorale e passare a nuove elezioni. Questo tipo di esecutivo è allettante, innanzi tutto perché non costa un euro: infatti la legge elettorale non ha bisogno di finanziamento. Ma purtroppo, nel nostro caso, non si tratta di legge elettorale, si tratta di soldoni, cioè di carne e sangue. Una montagna di miliardi (come minimo una cinquantina) che assolutamente non si sa dove trovare. E questo dopo essere stati nutriti per mesi di promesse, di illusioni e di sogni. Si è dato per scontato che si potesse “scongiurare l’aumento dell’Iva”, come se bastasse soltanto volerlo; che si potesse piegare l’Europa; che si potessero ancora adottare provvedimenti in deficit; che si potessero sfidare i mercati. Insomma che si trattasse di adempimenti che un qualunque governo più o meno amministrativo avrebbe potuto adottare.
In realtà si tratta di un’impresa memorabile. Il capolavoro di qualche gigante della politica, di qualcuno che opera scelte epocali come passare il Rubicone, votare la decapitazione di Carlo I d’Inghilterra, o sganciare la bomba atomica sul Giappone. Decisioni ardue ma non impossibili, se si hanno le idee chiare sullo scopo da raggiungere e se si dispone del potere necessario. Cesare, Cromwell e Truman sapevamo a che cosa miravano e soprattutto i primi due avevano anche un’idea del prezzo che potevano essere chiamati a pagare. Ora come potrebbe un governo raccogliticcio, che in sostanza ha il solo scopo di mantenere un po’ più a lungo il seggio agli attuali parlamentari, farsi carico di un simile grandioso compito? Soprattutto se i suoi committenti non lo autorizzano in anticipo a lasciare che scattino le clausole di salvaguardia e l’Iva al 25,2%; oppure a sfidare le Borse, l’Europa e il fallimento del Paese. Insomma a fare delle scelte che potrebbero essere determinanti per l’Italia del prossimo ventennio.
Ho sempre pensato che Salvini si sia sganciato dal governo perché, quando ha parlato di provvedimenti in deficit, di sfidare l’Europa, e di un risoluto taglio delle tasse, ha sempre bluffato. Ora, avvicinandosi il momento di far seguire i fatti alle parole, ecco che sparisce. Perché assolutamente non ha i mezzi per mantenere le sue promesse, e nemmeno per impedire che la situazione del Paese precipiti verso il dramma. E questo problema dovrebbe risolverlo una compagnia di ventura, reclutata per l’occasione, senza che ci sia nemmeno un comune sentire fra i partiti che dovrebbero sostenerla? E poi, quale partito sarebbe capace di “vendere” ai suoi elettori i provvedimenti di fine anno, di cui fino ad ora tutti si sono adoperati a nascondere la gravità?
E se di tutte queste cose i partiti si interessano poco, non è detto che poco se ne interessi il Presidente della Repubblica. Quando i leader si presenteranno al Quirinale, Mattarella gli chiederà: “Per fare cosa, questo governo? E con quali soldi?” Non basterà che gli dicano di avere i voti in Parlamento. Gli devono anche esporre un concreto programma, indicando in che modo finanzieranno i loro progetti e per raggiungere quale scopo. Né il Presidente si priverà di far loro notare che l’idea di operare in deficit è incompatibile con l’appartenenza all’eurozona e con la pace borsistica. Infine gli ricorderà che l’aumento dell’Iva rende impensabile qualunque idea di rilancio e che l’uscita dall’euro avrebbe effetti catastrofici.
Mattarella bada molto a questi problemi. Lo si è visto quando ha rimandato a casa, a muso duro, un governo che come ministro dell’economia gli proponeva Paolo Savona. Oggi i partiti la vedono facile e sembrano credere che il problema sia mettersi d’accordo fra loro. In realtà i conti si fanno con l’oste, e l’oste si chiama Sergio Mattarella.
Il Presidente accetterà qualunque governo purché disponga di una maggioranza precostituita, e purché sia in grado di non portare il Paese al disastro. Diversamente preferirà un governo in carica per gli affari correnti e fino all’esercizio provvisorio. Comunque fino a quando non si avrà un esecutivo legittimato dal voto popolare.
La prima preoccupazione dei parlamentari – quella di non essere rimandati subito a casa – è anche l’ultima del Presidente Mattarella. Quell’uomo, sia per la sua levatura intellettuale e morale, sia per dovere istituzionale, è assolutamente al di sopra di questi calcoli. E ciò potrebbe pesare moltissimo sulla soluzione della crisi.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

12 agosto 2019

I CONTI CON L’OSTE SERGIO MATTARELLAultima modifica: 2019-08-12T07:39:19+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “I CONTI CON L’OSTE SERGIO MATTARELLA

  1. Prof. siamo una Republica parlamentare,mi sarebbe piaciuto,con le dovute modifiche, eleggere il primo cittadino italiano pur senza sconfinare nel presidenzialismo. Avremmo tolto un’altro giochino ai parlamentari. Il salvimaio di cui Lei ha tanto sparlato, a ragione,era una accozzaglia per far fuori Berlusconi,che già di suo non brillava e la sinistra,la quale se non ha qualcuno alla sua sinistra non sà che fare.Rino Formica diceva che la politica era sangue è n’ata cosa, sono mancate sempre onestà intellettuale e dignità personale,per questo stiamo messi male. Pure l’atavico Stellone s’ nè ghiuto.Saluti Prof.

  2. Bene, ipotizziamo invece che, di fronte ad una pervicace volontà di Salvini di approfittare del movimento a favore determinato dall’esclusiva argomentazione dei migranti, abilmente maneggiata da Salvini a dispetto delle anime belle (che non riescono a capire che le invasioni si fermano con i cannoni, mica semplicemente con i “muri), Mattarella sia giocoforza – in mancanza di alternative – a proporre un governo “tecnico” con due soli fini: taglio ai parlamentari (che consente un controllo più penentrante delle liste) e i vari “documenti di bilancio”; il tutto con maggioranza di destra. Il secondo fine da attuare in pieno disprezzo dell’UE e delle “demoplutocrazie giudaico massoniche e degli euroburocrati”. Se il primo non passa, si accuseranno i “poltronisti” e si griderà allo spreco, ma tuttosommato niente drammi: è una misura puramente “di facciata”. Il secondo passerà, ma la bocciatura UE sarà un ulteriore argomento per l’uscita dall’euro, dall’UE, dal cervello. Essendo “a tempo” ed avendo esaurito il compito, nuove elezioni, con intatti i due argomenti: migranti e euroburocrati. Con grande entusiasmo degli italiani: non dimentichiamoci le adunanze oceaniche sotto Palazzo Venezia e l’oro alla patria. E ora aggiungiamoci la potenza del rosario e la difesa della famiglia e, a far buon peso, anche del prosciutto di Parma e del parmigiano.
    Assurdo? Beh, nella nostra storia siamo stati capaci di tutto. Fino a che punto Mattarella può resistere alla “indignazione della piazza” (e del “social), le cui chiavi del cuore non seno certo in mano al PD et similia?

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