ALCUNI CHIARIMENTI SULLA BCE

Un articolo di Carlo Cottarelli(1) fornisce qualche dato sulla Bce.
Come spiega il noto esperto, gli acquisti della Banca Centrale Europea non sono acquisti della Banca Centrale Europea. La Banca d’Italia offre sul mercato, poniamo, dieci miliardi in Btp, e chi li compra? Non i mercati; non gli investitori internazionali; non i privati e neppure la Bce. Tenetevi forte: li compra la Banca d’Italia, autorizzata dalla Bce. Come se io dicessi di aver dipinto un bel quadro, di averlo venduto a me stesso per ventimila euro e per questo ora avessi ventimila euro, che prima non avevo. Sembra un discorso da pazzi, ma nessuno tratta da pazze la Banca d’Italia o l’Unione Europea. Comunque di questo si tratta. Nessuno finanzia la Bce per comprare i titoli italiani e la Bce non compra i titoli italiani: è soltanto l’Italia che è autorizzata a emettere i titoli di debito e a spendere il denaro ottenuto “vendendoli” a sé stessa. Per questo si dice che le banche nazionali “acquistano” i titoli di credito autorizzati dalla Bce, e per questo la Germania minaccia di non acquistare i suoi titoli. Se vi sembra il gioco delle tre carte, al mercato delle vacche, non è colpa mia.
Dunque la Banca d’Italia non compra e non vende niente. Finge di avere del denaro che non ha, contrae un debito con sé stessa (che va però ad aggiungersi al nostro debito pubblico) e quel denaro (frutto di semplice, autorizzata inflazione) lo passa all’Italia, che così può spenderlo. Col consenso dell’Europa. Ecco tutto.
E dire che si poteva semplificare tutto autorizzando l’Italia a stampare quei soldi, ché di questo in fondo si tratta. Ma già, questo sarebbe stato un aiuto a fondo perduto all’Italia, a spese degli altri Paesi dell’eurozona. Bisognava – almeno formalmente – mascherare l’operazione, registrandola come debito. Probabilmente – sempre che io non sbagli – i titoli che l’Italia ha stampato e finge di avere venduto, sono poi passati alla Bce, la quale solo in questo senso può affermare di averli “acquistati”. Di fatto da un lato le sarebbero stati regalati, dall’altro si sa che l’Italia non li pagherà mai. O li sostituirà con titoli di nuova emissione. Ma tutto il linguaggio è contorto e contraddittorio. Tutto sa di truffa.
Va anche detto che in linea di principio vige un meccanismo detto “capital key” (se non lo scrivessimo in inglese nessuno lo capirebbe) per il quale l’“autoacquisto” è possibile solo in misura limitata, corrispondente alla quota proporzionale consentita dell’ammontare totale dell’operazione attuata dalla Bce. Mi spiego: ammesso che la Bce autorizzi “autoacquisti” per un totale di cento miliardi, l’Italia può acquistare soltanto quattordici miliardi, perché il suo quantum percentuale di acquisti sul totale è del 14% o poco meno. La Germania ha diritto al 27%. Ma di quegli acquisti la Germania non ha affatto bisogno e dunque che senso ha la sua minaccia di sospenderli? Mistero. Soprattutto visto che – scrive Cottarelli – “la Banca d’Italia, continuerebbe gli acquisti di titoli di Stato italiani”. Ma qui Cottarelli mi sembra ottimista. Difficilmente la Corte Costituzionale tedesca parla a vanvera. Qualcosa quella minaccia significherà pure. Fra l’altro perché il denaro immesso in circolo non inflaziona soltanto l’euro italiano ma l’euro di tutti i Paesi dell’eurozona.
Inoltre da tempo la Bce non rispetta il “capital key” e per giunta, recentemente, a causa della pandemia, ne ha ancor più largamente superato i limiti. E anche di questo, scrive Cottarelli, la Corte tedesca chiede conto.
Ma più grave è il rimprovero generale. La Germania accusa la Bce di avere superato i limiti del suo mandato, quali sono contenuti nell’art.5 del Trattato sull’Unione Europea. Essa avrebbe violato il criterio della “proporzionalità”, che finalmente Cottarelli spiega. Dal 2015 la Bce ha infatti effettuato “acquisti” per 2.500-2.600 miliardi e purtroppo, come scrive Cottarelli, secondo la Corte di Karlsruhe “operazioni di tale dimensione consentono ai governi di finanziarsi a tassi molto inferiori a quelli di mercato e migliorano i bilanci delle banche, riducendone l’esposizione a titoli pubblici ad alto rischio. Inoltre, tassi di interesse troppo bassi penalizzano i risparmiatori e le compagnie di assicurazione e consentono la sopravvivenza di imprese decotte. La Bce avrebbe operato quindi con interventi tali da non essere proporzionati, visti i loro effetti su altri aspetti dell’economia, rispetto al suo mandato strettamente legato alla politica monetaria”.
L’autorizzazione che la Corte di Giustizia Europea avrebbe rilasciato alla Bce, per questi interventi, come ha scritto la Corte di Karlsruhe, sarebbe dunque “sbagliata in modo manifesto”. La pesantezza dell’attacco apre comunque, che sia volontariamente o involontariamente, un altro fronte. Può una corte nazionale discutere le decisioni della Corte di Giustizia Europea, che è soprannazionale? E se lo fa la Corte tedesca, non possono farlo tutte le altri Corti? Giuste domande. Ma si dimentica che, come avrebbe insegnato La Fontaire, “la raison du plus fort est toujours la meilleure”, il più forte ha sempre ragione. Dunque la voce della Germania deve essere ascoltata. L’impressione generale è che essa sia pericolosamente stanca di essere menata per il naso. Come – immagino – il lettore di queste righe.
Entità statali diverse, sottoposte a leggi e fiscalità diverse, oltre che a una diversa conduzione dell’economia, non possono avere la stessa moneta. Un treno non può essere composto di vagoni che viaggiano a velocità diverse. Se proprio insiste, si rompe.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

7 maggio 2020
P.S. Prometto di non parlare più di questo argomento, salvo avvengano grandi fenomeni finanziari.

(1)La Stampa – CARLO COTTARELLI – 07/05/2020 pg. 1 ed. Nazionale

EUROZONA LA SOLA BCE NON BASTA DOPO LA SENTENZA TEDESCA
Bundesverfassungsgericht. È il nome, non proprio facile da pronunciare, della Corte Costituzionale tedesca che martedì scorso ha pubblicato una sentenza di non poco conto per il futuro dell’Unione europea. Certo, le conseguenze economiche e politiche di tale sentenza non sono ancora chiare. I mercati finanziari hanno per ora reagito in modo misurato: il tasso di interesse sui Btp è aumentato solo di 20 punti base. Ma, talvolta le implicazioni economico-politiche di certi eventi emergono solo nel tempo. Vale quindi la pena di guardare la sentenza da vicino. La sentenza riguarda le operazioni di Quantitative Easing (QE), ossia gli acquisti di titoli, soprattutto pubblici, da parte della Bce. Questi acquisti sono intrapresi per stimolare l’economia: quando la Bce compra titoli dalle banche, la liquidità di queste ultime aumenta il che permette un aumento dei prestiti. P PAGINA er capire le implicazioni della sentenza, è anche utile ricordare che gli acquisti della Bce sono eseguiti dalle banche centrali nazionali: solitamente la Bundesbank compra bund tedeschi, la Banca d’Italia Btp italiani e così via. Nella sua sentenza, la corte tedesca afferma, prima di tutto, che decidere sulla legittimità del QE, e implicitamente sulla legittimità di altre politiche della Bce o di altre istituzioni europee, non spetta solo alla Corte di Giustizia europea, che a fine 2018 aveva sancito che il QE era legittimo. Spetta anche alle corti nazionali, almeno quando la Corte europea prenda decisioni che siano sbagliate “in modo manifesto”. Già di per sé questa affermazione è molto pesante perché, se accettata, lascerebbe spazio a un intervento di ogni corte costituzionale nazionale riguardo al funzionamento delle istituzioni europee. Venendo alla sostanza della decisione, la corte tedesca pone dei paletti per l’ammissibilità del QE. Dice che il QE non viola in modo manifesto il divieto di finanziamento monetario degli Stati (uno dei capisaldi delle regole sul funzionamento della Bce), ma solo se rispetta certi vincoli: tra questi ci sono il tetto del 33 per cento agli acquisti di ogni tipo di titolo e il fatto che gli acquisti per ogni Paese devono avvenire in proporzione alla “capital key” (la quota di ogni Paese nel capitale della Bce). Il problema è che la Bce ha di recente eliminato o attenuato tali vincoli rispetto agli acquisti di titoli lanciati quest’anno in risposta alla pandemia. La sentenza non si applica al nuovo programma di acquisti: formalmente riguarda solo i vecchi programmi. Ma è chiaro che la sentenza vincola informalmente anche il futuro. Insomma, la Corte dice sì al QE ma con dei limiti. Il limite più importante riguarda però l’entità degli acquisti. La critica è qui basata su un principio fondamentale dell’Unione europea, quello della “proporzionalità”. Questo termine è usato per indicare che “il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati” (articolo 5 del Trattato sull’Unione europea). In sostanza, la Corte tedesca dice che il volume e la durata delle operazioni di QE intraprese a partire dal 2015 (2500 miliardi in pochi anni) sono tali da avere implicazioni che vanno ben al di là delle attività di politica monetaria. Operazioni di tale dimensione consentono ai governi di finanziarsi a tassi molto inferiori a quelli di mercato e migliorano i bilanci delle banche, riducendone l’esposizione a titoli pubblici ad alto rischio. Inoltre, tassi di interesse troppo bassi penalizzano i risparmiatori e le compagnie di assicurazione e consentono la sopravvivenza di imprese decotte. La Bce avrebbe operato quindi con interventi tali da non essere proporzionati, visti i loro effetti su altri aspetti dell’economia, rispetto al suo mandato strettamente legato alla politica monetaria. Non entro nel merito di queste argomentazioni, anche se mi sembra davvero curioso che la corte tedesca si accorga che la politica monetaria, influenzando i tassi di interesse, abbia effetto su diversi aspetti del funzionamento dell’economia (è quello che gli economisti chiamano il “meccanismo di trasmissione della politica monetaria”). Ma tant’è. Sulla base di queste argomentazioni la Corte tedesca chiede alla Bce di spiegare perché ritenga che gli obiettivi monetari del QE siano “proporzionati” rispetto agli effetti economici e fiscali che causano. Se non c’è una risposta soddisfacente, la Bundesbank dovrà sospendere gli acquisti di titoli di Stato tedeschi e vendere, gradualmente, i titoli già acquistati. Inoltre il parlamento tedesco e la Bundesbank dovranno vigilare perché la Bce rimanga in futuro nei limiti del proprio mandato. Non è chiaro cosa accadrebbe se la Bce non fornisse una spiegazione convincente. Una sospensione degli acquisti di titoli di Stato tedeschi da parte della Bundesbank, non ci toccherebbe. La Bce, tramite la Banca d’Italia, continuerebbe gli acquisti di titoli di Stato italiani, che è quello che per noi conta. Inoltre, come notato, la decisione della corte tedesca non riguarda gli acquisti effettuati attraverso il nuovo programma di QE introdotto dopo la pandemia. Ma resta una conseguenza importante: come minimo la Bce troverà, di fatto, più difficile aumentare gli acquisti del QE in futuro. E senza la possibilità di aumenti negli acquisti, in risposta per esempio a un aggravarsi della crisi economica, l’area euro potrebbe restare senza un’adeguata rete di protezione. Ultima considerazione: tutto questo rende anche più urgente che in passato introdurre finanziamenti per combattere la crisi che non coinvolgano la Bce. Le obbligazioni per la ricostruzione (recovery bond) per finanziare il fondo per la ricostruzione (recovery fund) avrebbero proprio questo scopo. Attendiamo quindi la proposta della Commissione europea sulle caratteristiche di queste obbligazioni, proposta che dovrebbe arrivare a giorni. –

ALCUNI CHIARIMENTI SULLA BCEultima modifica: 2020-05-08T09:55:04+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “ALCUNI CHIARIMENTI SULLA BCE

  1. Il QE è sempre stato così. Sono le BCN che comprano in nome e per conto della BCE e in ragione della loro partecipazione al capitale della banca. La BCE accredita il C/C che le BCN hanno presso di lei dell’importo necessario. Accredita come ? Creando moneta scritturale o elettronica che dir di voglia né più né meno di come fanno la Fed, la BoE, la BoJ e tutte le Banche Centrali del mondo.. Recentemente la Fed, oltre all’acquisto di titoli del debito pubblico nazionale, ha usato ” i soldi dell’elicottero” e agli americani sul C/C sono arrivati 1200 $.
    https://www.agi.it/economia/news/2020-03-28/usa-helicopter-money-pacchetto-aiuti-assegni-7934471/
    L’inflazione ? Nessuno l’ha vista e sono passati diversi anni da quando sono state poste in essere queste operazioni. E questo è u fatto non un’opinione. Certamente con tutte le tensioni tra gli stati e in assenza di bilancio comune
    ( quello della Commissione UE è solo l’1% del Pil dell’eurozona) l’euro è destinato a rompersi. In Germania ci sono economisti che consigliano di ritornare al DM, che tutto sommato sarebbe se concordata la soluzione meno dolorosa per tutti, ma è la Confindustria tedesca che non ne vuol sapere.

  2. Ursula von der Leyen valuta una procedura d’infrazione contro la Germania !
    https://www.agi.it/economia/news/2020-05-10/bce-ue-procedura-infrazione-contro-germania-8571879/
    Erik Nielsen, capo economista di Unicredit, ha ricordato che la Corte di Karlsruhe nel richiamare i supposti danni fatti dai tassi negativi ai risparmiatori tedeschi si è dimenticata di ricordare che la stessa Bundesbank ha calcolato risparmi per 437 miliardi di euro in interessi sul pagamento dei debiti tedeschi nel periodo 2008-2019, la Francia 421 miliardi e l’Italia 299 miliardi di euro.
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