LA POLITICA NELLA PANDEMIA

Da mesi non si parla che del Covid-19 e da mesi questo argomento mi annoia a morte. Soprattutto perché quel virus, a mio parere, è stato affrontato nel modo sbagliato. Nel caso di una pandemia il problema non è soltanto come combattere il morbo: bisogna anche combattere le conseguenze sociali di quel morbo.
Se, nel caso di una pandemia, la migliore risposta medica è la quarantena, è inutile dire che “tutti devono stare in quarantena”. Questa non è una soluzione. Perché è soltanto la risposta tecnica e il problema non è soltanto sanitario. Infatti non soddisfa tutte queste altre domande: “Devono stare chiusi in casa anche i pompieri? I poliziotti? Gli infermieri? I contadini? E soprattutto: i medici?” Significherebbe infatti rischiare la morte fra le fiamme, dare via libera ai delinquenti, non avere nulla da mangiare e perfino mancare di cure. Infatti i medici giustamente penserebbero a proteggere la loro salute, prima della nostra. Dunque il principio per il quale “tutti devono stare in quarantena” è stupido e inapplicabile.
Quella che è stata fatta è una considerazione di buon senso, ma a quanto pare il buon senso non è poi quella cosa corrente che si potrebbe credere. E comunque non se ne trova molto dalle parti di Palazzo Chigi.
Dal momento che il problema è di ordine generale, è bene affrontarlo a monte delle considerazioni particolari. Una celebre citazione così suona: “Se la sola cosa che hai è un martello, il mondo ti sembrerà un chiodo”. Cioè ognuno di noi vede il mondo secondo la sua formazione mentale. Se qualcuno è triste, l’endocrinologo cercherà una causa ormonale, lo psicologo una causa psicologica, un letterato dirà che quel signore è soltanto sensibile al dolore del mondo. Ecco il pericolo della specializzazione. Ed ecco anche l’importanza del medico di famiglia. Se soltanto è in grado di indirizzare il paziente allo specialista giusto, sarà veramente un buon medico. Mentre se il paziente decide da sé chi è la persona che può guarirlo, può darsi che sbagli professionista e questi, pur prodigandosi in perfetta buona fede, non potrà fare molto per lui. Perché l’errore è a monte. Nella diagnosi generica.
Nel caso di una pandemia non bisogna lasciarsi suggestionare, come ha fatto il governo italiano, dal fatto che si tratta di una malattia e le malattie le curano i medici. Perché i medici hanno soltanto un martello e danno la risposta tecnica: per loro la soluzione è che nessuno incontri nessuno, e questo eviterà il contagio. Il resto esula dalla loro competenza. Ma nella realtà quella soluzione è impossibile. E dunque il politico dovrà tenere conto del parere dei tecnici, ma non seguirlo pedissequamente.
Il governo di un Paese ha il dovere di assicurare l’ordine pubblico, le forniture alimentari, l’inumazione dei morti, la giustizia, la circolazione delle merci e insomma tutti i servizi essenziali. E non basta. Non è lecito adottare tutti i provvedimenti capaci di ridurre assolutamente al minimo le vittime del morbo perché, se il costo è la miseria dell’intero Paese, bisogna capire che è un prezzo troppo alto. Dunque non si tratterà di assicurare soltanto la sopravvivenza del massimo numero di cittadini, ma anche la sopravvivenza economica della nazione.
In Italia invece ci siamo ubriacati di virologia, come se fosse l’unico problema. Senza considerare che il fermo di tutte le attività è un suicidio economico, un colpo dal quale milioni di operatori potranno non riprendersi in tempi prevedibili. Fra l’altro, come mai non si è pensato, sin dal primo momento, che del problema non ci libereremo né in due mesi né in quattro, né in otto? L’unica risposta è il vaccino e non l’avremo prima di molti mesi. Poi bisognerà produrlo in miliardi di copie, infine farlo pervenire a tutti, farselo iniettare e aspettare che faccia effetto. E in tutto questo tempo, se il Paese è fermo, chi ci nutrirà, chi ci proteggerà, chi manterrà il nostro livello di vita e persino di civiltà?
Sin dal principio avrebbe dovuto essere chiaro che, per parecchio tempo, bisognerà convivere col Covid-19. Perché è fatalmente ciò che faremo. Dunque bisognava dire ai cittadini: “Signori, c’è in giro un virus a volte mortale. Siamo tutti a rischio ma non possiamo farci niente, il Paese non si può fermare. Tutti siete dunque invitati a vivere come prima ma, se non volete morire prematuramente, dovete essere estremamente prudenti, a titolo individuale, in questo e quest’altro modo. Proteggetevi al massimo. Lo Stato vi impone un solo obbligo: chi esce di casa deve indossare una mascherina, perché avete tutti il diritto di suicidarvi, ma non di contagiare il prossimo. Chi sarà sorpreso senza mascherina farà una settimana di galera, senza processo”. Punto.
Ecco perché può sostenersi che il Covid-19 è stato affrontato nella maniera sbagliata. Probabilmente il governo si è appiattito sul parere degli esperti per paura della nostra invadente magistratura. “Se i medici dicono che la pandemia va combattuta in un certo modo, e noi stabiliamo un altro modo, e ci sono decine o centinaia di morti in più, vuoi vedere che questi magistrati ci mettono in galera?” Preoccupazione comprensibile e meritata, per una classe politica che ha fatto strame della separazione dei poteri e si è consegnata mani e piedi legati alla magistratura. Ma che non corrisponde a governare il Paese. Un capo militare non può condurre la guerra soltanto sulla base dei possibili morti in battaglia. Il suo primo dovere non è quello di risparmiare vite umane, il suo primo dovere è quello di vincere la guerra. Risparmiare vite era il massimo dovere fino al momento in cui la guerra poteva essere evitata ma, una volta cominciata, l’alternativa è spesso fra la vittoria e la morte.
Nello stesso modo il governo italiano avrebbe dovuto accettare l’alea di un certo numero di morti e l’alea di una certa quantità di danni economici, cercando la soluzione di compromesso meno dolorosa per il Paese. Non quella più esatta dal punto di vista medico. Perché, in buona salute, si può ancora morire di fame.
Il compito della politica è quello di essere coraggiosamente pragmatica. Essa deve ricercare un bilanciamento delle esigenze, ben sapendo che ogni soluzione non è priva di sfrido, e a volte quello sfrido è costituito dalla vita di persone in carne ed ossa. Ma, come in una guerra, non si può rifiutare la battaglia perché sta piovendo. O perché ci siamo dimenticati di indossare la maglia di lana. À la guerre comme à la guerre,. E se la rivoluzione – come diceva Lenin – non è un pranzo di gala, figurarsi la guerra. O la stessa pandemia.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

15 maggio 2020

LA POLITICA NELLA PANDEMIAultima modifica: 2020-05-16T07:27:28+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “LA POLITICA NELLA PANDEMIA

  1. Ill.mo Prof. Pardo,
    ” Da mesi non si parla che del Covid-19 e da mesi questo argomento mi annoia a morte. “. questo l’inizio del suo eccellente articolo; personalmente vorrei sottolineare l’effetto terroristico insito nell’ossessione mainstream di tutti i media, da cui deriveranno comportamenti futuri difficilmente ipotizzabili. Non ci si limita solamente a ripetere ad ogni ora: quanti morti, quanti guariti, quanti contagiati, si aggiungono interviste e articoli a malati sopravvisuti, che raccontando della loro terribile esperienza clinica, infondono ulteriore terrore in chi è gia terrorizzato. La comunicazione “bellezza”. L’ampiezza, l’uniformità argomentativa, di tutto il sistema informativo non può che suscitare interrogativi sul perché e sul “cui prodest scelus, is fecit” come direbbe Cicerone (se non sbaglio). Relativamente al compito della politica, penso, che nella totale sottomissione di questa all’ordine giudiziario, si decida solo con l’obiettivo di evitare che qualche PM di qualche oscura Procura italiana, in base al principio della obbligatorietà dell’azione penale, trascini membri del governo e/o del Parlaamento sul banco degli accusati. Cordialità

  2. Se alla eccellenti considerazioni del Titolare di questo “sito” aggiungiamo il fatto che i catto-comunisti-fifo-islamici illegittimamente ora al Governo del Paese, oltre a farsi suggestionare dal virus e imporre una “quarantena” indiscriminata e quasi generalizzata per giunta con assurde sanzioni a due o più persone che passeggino vicine all’aperto, ha anche riaperto i confini nazionali a orde di stranieri incontrollati e incontrollabili, potenziali propagatori -a torto o a ragione- della epidemia, se ne deve concludere che purtroppo siamo governati da criminali dementi buoni a nulla e capaci di tutto. Roba da invocare un Governatorato Militare e la pena capitale.

  3. Ad onor del vero, il lockdown non è un’esclusiva italiana. Anzi, il decantato “modello italiano” semplicemente non esiste. È quello che hanno fatto, chi più e chi meno, quasi tutti gli altri paesi.
    Quindi la sottomissione della politica ai medici è in realtà un problema planetario.
    Persino in Cina, dove la vita umana ha molto meno valore rispetto all’occidente (anzi, una riduzione della popolazione li è addirittura obiettivo delle autorità), hanno adottato misure persino più draconiane e non di poco.

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