IL FALLIMENTO DEI NAVIGATOR

Il fallimento del reddito di cittadinanza era prevedibile, e infatti è stato previsto, ma contrastarlo sarebbe stato difficile. Si sarebbe andati contro i bei sentimenti. Come mettersi di traverso, mentre qualcuno sta provando ad abolire la povertà? Anche provando a segnalare i suoi inconvenienti, sarebbe bastata a inchiodarci al nostro cinismo la solita domanda: “Allora è meglio non far niente, per chi è in bisogno?”
L’idea del reddito di cittadinanza era troppo stupida per non avere successo. Quanto meno, in termini di esborso dello Stato. Certo, col tempo persino “i buoni” si sono accorti che molte autocertificazioni erano false; che molti, che si dichiaravano disoccupati, non lo erano; che altri lavoravano in nero e si tenevano stretto il reddito di cittadinanza; che infine alcuni (meno male, pochissimi) sono stati sottoposti alla tortura morale di un’offerta di lavoro, ma sono riusciti a sfuggire a quell’infame destino. Insomma il reddito di cittadinanza è stato un fallimento. Oggi perfino il protagonista di coloro che sconfissero la povertà (e che – emulo del Duce – proclamò il compimento dell’impresa dall’alto di un balcone) riconosce che quell’istituto merita una ristrutturazione, una riforma, una rivisitazione. Insomma di essere abolito.
Ma l’istituzione più divertente è stata quella dei “navigator”. Già quando ho sentito un tale che ha difficoltà in lingua italiana usare una parola d’inglese, mi è venuto da ridere. Ma non ho riso. Perché non era un caso isolato. Ormai in Italia ci sono due tradizioni indiscutibili e inconcusse; la prima, è obbligatorio far finta di conoscere l’inglese: la seconda, è obbligatorio non conoscerlo. E non ci si scandalizzi se quella povera lingua è usata a sproposito. Recentemente, per il posto in cui si fanno i tamponi per il virus, dei geni hanno apposto un cartello che avvisava “Drive through”.
Drive through? Meno male che sul cartello c’era anche una freccia (arrow, se servisse), per sapere in che direzione andare: in Italia siamo agli ideogrammi. E comunque, che problemi ci sono? Nonna Carmelina da Settenoci di Sotto poteva chiedere a qualunque inglese di passaggio il significato del cartello. Certo, avrebbe rischiato di incappare in una risposta come questa: “Just follow the line and don’t get out of your car”. Che, essendo di senso compiuto, e constando di più di due parole, è più oscura dell’oracolo di Delfi. Ma non si può aver tutto.
Navigator invece è una bellissima parola. Rotonda, chiara, comprensibile. Basta aggiungere una “e”, e si capirà di che si tratta. Infatti la capisco anch’io, forse perché per anni mi hanno chiamato “Professor Pardo”. E la cosa è comunque un po’ più facile del congiuntivo. Questi navigator naturalmente dovrebbero essere dei marinai, gente che forse ha trovato lavoro nella marina mercantile, navigatori. E invece no. Possono anche non aver mai visto il mare. E magari non sanno nuotare. Tutto ciò che sanno fare è giocare con internet e forse, saltabeccando fra canzoni, siti porno, sport e maldicenze, potrebbero trovare posti di lavoro ed offrirli a coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza. Ma allora perché non chiamarli “ricercatori”?Oppure “searchers”, “brokers”, se l’italiano fa proprio schifo?
Ma queste divagazioni linguistiche ci stanno facendo perdere di vista un argomento che è più filosofico di quanto non si creda. Non non nel senso della grande metafisica, ma nel senso di quei giochi di intelligenza di cui si dilettavano gli antichi greci. Come quando demolirono lo scetticismo con questa domanda: “Tu dici che non possiamo raggiungere la verità. È vera, questa affermazione?” Né meno brillante fu il paradosso del cretese: “Disse un cretese, tutti i cretesi sono bugiardi”. Esaminate la frase e vedrete che essa non può essere né vera né falsa. È così che è nata l’aporia.
E, a proposito di aporie, torniamo ai navigator, i quali sono stati assunti a seguito di apposito concorso pubblico (perché noi le cose serie le facciamo per ridere, e viceversa) con lo scopo di trovare lavoro ai beneficiari del reddito di cittadinanza. Ovviamente non l’hanno trovato e sono stati retribuiti per girarsi i pollici. Ma il punto è un altro.
I navigator hanno partecipato al concorso perché non avevano un lavoro. E se non l’avevano, erano disoccupati. E se erano disoccupati, era perché un lavoro non l’avevano trovato. E se non l’avevano trovato per sé, come si poteva pensare che l’avrebbero trovato per altri?
Tutto questo è stato subito chiaro, ma non a tutti. Forse perché il paragrafo precedente contiene dei “se” e dei condizionali, notoriamente più ardui persino dei congiuntivi. Così, per quanto riguarda il reddito di cittadinanza e i navigator, per scoprire che l’acqua bollente scotta, i nemici dei congiuntivi hanno prima dovuto versarsela su un piede.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
11 dicembre 2020

IL FALLIMENTO DEI NAVIGATORultima modifica: 2020-12-11T11:41:25+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IL FALLIMENTO DEI NAVIGATOR

  1. Fin da principio era chiaro che era una manovra “redistributiva”, speculando sul fatto che, stante la carenza di tornitori, pastori, panettieri, esperti informatici (e idaulici, e falegnami ecc.: ormai tutti anziani e senza apprendisti) ecc., lamentata dalle industrie, si dovevano convincere i disoccupati a convertirsi a quei lavori, istruendoli per benino con l’avviamento a tirocinii, corsi ecc. Nel frattempo, si sdebitavano verso la società con “lavori socialmente utili” stabiliti dai Comuni. Un meccanismo molto carino, che chiaramente si scontrava con la realtà sociale e “psicologica”; e i Comuni si sono ben guardati dal proporre attività socialmente utili. Ovviamente un buco nell’acqua. Ma tenga conto che tra i navigator sono molti quelli con una buona preparazione giuridico/sociologica/filosofica ecc. , ottimi per impieghi pubblici (certo, scarseggiano gli ingegneri, i matematici ecc.) e che l’esame non è stato una barzelletta. Ma era tutto il sistema ad essere sballato. Però ha soddisfatto due scopi: giustificare l’esistenza dei 5S (che Iddio ce li conservi a lungo, a dimostrazione dell’esistenza del “vuoto”) e distribuire soldi a pioggia soprattutto verso il sud, stimolando i “consumi” (non necessariamente di prodotti italiani…) e facendo rientrare parte della spesa attraverso l’IVA e le imposte commerciali (se e quando…) . Poi ci si è messa la pandemia… e le imprese che prima avevano “fame di lavoratori” (??!!) sono entrate in crisi e hanno preferito tenersi ben stretti i lavoratori già presenti, implorando il Governo di non fomentare licenziamenti e dimissioni. E così il figlio del Re potè sposare Caterinella, e vissero a lungo felici e contenti nel Recovery Fund.

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