A POCO A POCO

Ricordo vagamente la storia della Francia ma credo sia successo che i re merovingi trovarono più comodo lasciare il governo della nazione ai “maggiordomi” e a poco a poco da un lato i maggiordomi si trasformarono in re, e dall’altro gli antichi re, detti giustamente “rois fainéants”, re fannulloni, furono esautorati. Insomma, la finzione dura per qualche tempo, ma alla fine la realtà ha il sopravvento. Se di fatto comandavano i maggiordomi, perché non avrebbero dovuto anche essere le supreme autorità di diritto? E magari trasmettere il loro potere ai figli?
Lo stesso fenomeno si era del resto già verificato, molto più in grande, alla fine dell’Impero Romano. I romani erano minacciati dai barbari che volevano venire a vivere (e comandare) nell’Impero ma, non essendo in grado di difendersi da sé, cercarono di farsi difendere dai barbari romanizzati o alleati. E a poco a poco avvenne l’inevitabile: chi aveva la forza di difendere l’Impero se ne dimostrò, di fatto prima, e di diritto poi, il padrone. E l’Impero Romano non fu più romano.
Questi due episodi storici hanno un punto in comune. La transizione dall’uno all’altro stato di fatto da principio sarà sembrato assurdo. Ma provocandolo a poco a poco, a pezzettini molto piccoli e quasi impercettibili, alla fine il ciclo inevitabilmente si completa. La morale della storia è che, se una cosa è sbagliata, non bisogna farla nemmeno “a poco a poco”.
Ci fu un momento della mia vita che la sera, dopo cena, mi piaceva concludere la giornata con un “grappino”, un bicchierino di Grappa. La cosa fu gradevole e andò avanti per un paio di mesi, finché non mi accorsi che, se non avessi avuto il mio grappino, mi sarebbe mancato qualcosa. E allora mi sono allarmato. Bere qualche volta è ammissibile, avere l’abitudine di un po’ d’alcol è pericoloso. È così che, subdolamente, si può divenire alcoolizzati. E infatti la breve stagione del grappino serale sparì per sempre.
Lo so, sto moltiplicando gli esempi, ma è perché devo dimostrare qualcosa che, pur essendo evidente, non convince nessuno. Così come non avrebbe convinto i romani chi gli avesse detto che, se non recuperavano le loro tradizioni guerriere, presto sarebbero stati essi stessi un popolo assoggettato.
Non più tardi di ieri sera, in un talk show, ho sentito con le mie orecchie il ministro Tremonti dolersi e meravigliarsi del fatto che l’Italia, avendo un debito pubblico smisurato, da podio del campionato del mondo, vive nella letizia che le dà la coscienza di sapere che “sta arrivando una vagonata di soldi”. Mentre di soldi regalati ne arrivano ben pochi, e il resto sono ancora e ancora debiti. Tremonti non riusciva ad associarsi al tripudio, e neanch’io.
Ovviamente – come dice un mio amico – “Alla fine i debiti nessuno li paga”. Gli stessi re di Francia, che tanto si indebitarono con i banchieri fiorentini, alla fine li lasciarono con un palmo di naso. I re di Francia dunque avrebbero potuto sostenere anche loro che “i debiti nessuno li paga”. Ma gli si sarebbe potuto rispondere che questo valeva per loro, appunto, non per i loro contribuenti. Se un grande proprietario della Piccardia o del lontano Languedoc non avesse pagato le imposte, il re di Francia si sarebbe contentato, come scusa, del fatto che “i debiti nessuno li paga”?
“La raison du plus fort est toujours la meilleure”, la ragione del più forte è sempre la migliore, insegnava La Fontaine in una delle sue favole. Dunque, per prevalere è bene avere ragione o in mancanza essere il più forte. E l’Italia forse lo è?
Il giorno in cui al nostro sciagurato Paese sarà presentato il conto, ci troveremo nella condizione dei re di Francia o dei feudatari del Languedoc?
Sto dicendo che chi contrae debiti crea nei creditori un’aspettativa che, delusa, può divenire rabbia e violenza. Nel migliore dei casi, si può trasformare in sequestro dei beni e in fallimento. Qualcuno ricorda la condizione della Germania, in conseguenza del Trattato di Versailles del 1918?
La coscienza che, essendo anziani, si ha poco da vivere, non è allegra ma è consolante, in questi casi. Si può essere indulgenti con i più giovani e ammettere sorridendo che sì, forse è vero, i debiti non si pagano mai. “Comunque, se per caso vi sbagliaste, mi conforta l’idea che io comunque non sarò lì per soffrirne con voi”.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
2. maggio 2021

A POCO A POCOultima modifica: 2021-05-02T10:04:10+02:00da gianni.pardo
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