IL SILENZIO DI MATTARELLA. E DELL’ITALIA

Per quanto riguarda la magistratura e i suoi scandali – quali li ha rivelati il libro di Luca Palamara – il lettore, non essendo nessuno e non appartenendo al mondo dell’amministrazione della giustizia, dovrebbe darne un giudizio chiaro ed equilibrato. Ma non è così. Basti vedere quanto è difficile, per cominciare, identificare il colpevole.
Il primo colpevole infati dovrebbe essere la magistratura, ma non possiamo dimenticare che, se per gli incarichi prestigiosi ci sono lotte al coltello, a base di Manuali Cencelli, pressioni, raccomandazioni e, chissà, ricatti, d’altro canto ci sono migliaia di oscuri magistrati che lavorano e non faranno mai carriera. Perché non hanno speciali meriti oppure perché, anche avendoli (si pensi a Carlo Nordio) non essendo ammanigliati con le “correnti”, non hanno santi in paradiso. E possiamo noi per giunta metterli nel mazzo dei “colpevoli”?
Altro argomento di peso è quello “politico”. Se io fossi il sindaco della mia (grande) città e mi trovassi invischiato in una vicenda giudiziaria, sarei terrorizzato all’idea di essere in mano ad una magistratura politicizzata quando va bene e fanatizzata quando va male. Se invece fossi, come sono, un assoluto nessuno, non ho paura della “corruzione” del magistrato quanto della sua “distrazione” (leggerà accuratamente tutte le carte?), della sua incompetenza, della sua pigrizia. L’unica garanzia è che di me al giudice non importa assolutamente nulla, e almeno questo dovrebbe essere una garanzia di imparzialità.
Ma c’è dell’altro. Tutti sogneremmo di avere al vertice delle cariche giudiziarie i magistrati migliori, ma come dimenticare che l’intera Italia considera le raccomandazioni qualcosa che va da sé, in ogni campo? Da ragazzi, i magistrati sono stati raccomandati dai loro genitori. In seguito, da genitori, hanno raccomandato i loro figli ai professori (o ai presidi, quando erano “alti magistrati”). Insomma nella loro vita hanno visto soltanto raccomandazioni a destra e a manca: perché non dovrebbero poi raccomandare sé stessi, per fare carriera? Per non iscriversi a nessuna corrente, e rimanere al minimo sindacale, e vedersi scavalcato da magistrati che valevano meno di lui, un magistrato come Carlo Nordio deve avere un’autostima surdimensionata, “che non passa dalla porta”, come si dice. Deve avere una tale considerazione di sé da reputare che per Carlo Nordio la stima di Carlo Nordio vale più di qualunque carica. Ma quanti sono a pensarla come lui?
Le raccomandazioni sono la peste dell’Italia. La gente non se ne rende conto, ma sono l’allenamento alla corruzione. La richiesta di un’ingiustizia. “Preferisci me, tuo amico, a chi tu pensi meriti più di me”. Oppure: “Violenta la realtà promuovendo quella bestia di mio figlio, tanto ci penserò io, poi, a fargli avere un buon posto. Anche a scapito di chi quel posto lo meriterebbe”. In un mondo in cui tutto questo non suscita più scandalo, come ci si può stupire che le raccomandazioni esistano anche in magistratura? Come ci si può stupire che siano il primo elemento di preferenza, nella scalata alle alte cariche? La magistratura sarebbe colpevole se gli altri fossero innocenti. Ma non lo sono.
È vero, in tutti i campi alcuni non sono raccomandati: ma normalmente è soltanto perché non hanno nessuno cui rivolgersi. Sono onesti per necessità. Viceversa, quelli che rifiutano per principio le raccomandazioni sono dei disadattati. Dei poveracci che “non hanno capito come va il mondoi”.
Un secondo possibile imputato è l’autorità che dovrebbe vigilare sul comportamento dei giudici, cioè il Consiglio Superiore della Magistratura. Ma come si può chiedere che il primo colpevole punisca sé stesso? Il Consiglio è il principale responsabile di ciò di cui s’è parlato. La sede in cui si è consumato tutto il peggio che è stato denunciato. E certo esso non può essere l’autorità sanzionatoria. Nemo iudex in re sua, neanche nel diritto penale.
Vittorio Feltri, in un articolo di ieri, si meravigliava, ed anche un po’ si indignava, perché in tutto questo frangente non ha preso la parola il Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, cioè il Presidente della Repubblica. Quel Sergio Mattarella notoriamente integerrimo e perfettamente estraneo a tutto il fango che si è rimestato in quella sede. Feltri è severo, io non mi sento di esserlo. Basta chiedersi: che cosa avrebbe potuto dire, il Presidente? E che cosa avrebbe potuto ottenere?
Il silenzio tombale dell’Italia è significativo. I magistrati citati nel libro di Sallusti e Palamara, con un dettagliato elenco di malefatte, non querelano, per non fornire al giornalista e a Palamara una tribuna da cui gridare la loro verità. E, quel ch’è peggio, dimostrarla. Quanto ai giornali, non denunciano il comportamento dei singoli magistrati perché sanno che – loro sì – riceverebbero delle querele. E sarebbero condannati dai colleghi dei colleghi. Una giurisprudenza pressoché costante ha terrorizzato i giornalisti. Dite male della morale sessuale di Maria Vergine, ma non osate dire mezza parola contro un magistrato, checché abbia detto o fatto.
Il Presidente Mattarella, da uomo di buon senso, si sarà detto: “Più parlo e più mi metto nei guai, e per giunta non ottengo nulla in concreto. Tanto vale che stia zitto anch’io”.
Gli italiani non sono indignati perché quello che fino ad oggi non hanno saputo con nomi e date lo hanno sempre saputo nella sostanza. Perché volete che il mondo dei magistrati sia diverso da quello del resto degli italiani? L’unica differenza è che mentre un politico innocente può lo stesso essere perseguitato dai pm, quando si tratta di magistrati vige il principio che i panni sporchi [non] si lavano in famiglia.
Per giunta, gran parte dei nostri connazionali continua ad immaginare i magistrati come superuomini imparziali, coltissimi, che non sbagliano mai, fino a fare il successo di giornali che hanno, come motto: “I magistrati dell’accusa hanno sempre ragione”. A questo punto,m che speranza possiamo avere? E non abbiamo forse visto un intero partito, quello che ha ottenuto oltre il 32% dei voti, nel 2018, con questa mentalità? E volete che il Presidente Mattarella si metta contro il popolo italiano? Lui quel popolo lo rappresenta, non lo contraddice.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
3 maggio 2021

IL SILENZIO DI MATTARELLA. E DELL’ITALIAultima modifica: 2021-05-04T12:47:56+02:00da gianni.pardo
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