IL DISCUTIBILE SOSIA DI LETTA

Indro Montanelli stimava Ugo La Malfa, ma una volta non fu d’accordo con lui e non glielo mandò a dire. Scrisse un editoriale risentito la cui tesi di fondo era che gli avevano rubato l’Ugo La Malfa che lui conosceva e l’avevano sostituito con un uomo che. per come si comportava, non poteva essere Ugo La Malfa.
Qualcosa del genere capita con Enrico Letta. L’avevamo conosciuto come la copia compita dello zio Gianni, anche se lui, Enrico, era di sinistra, e Gianni l’Éminence Grise e conciliatoria di Berlusconi.
Quel giovane occhialuto e quieto, dall’aria di primo della classe ossequiente nei confronti della Signora Maestra, suscitava rispetto e desiderio di sostenerlo, se qualcuno avesse osato attaccarlo. E infatti, quando Matteo Renzi lo addentò ai polpacci, tutti fummo con Garrone contro Franti.
Poi Letta scomparve nelle nuvole, verso il nord, e fece onore all’Italia divenendo il numero uno o giù di lì di Sciences Po, la facoltà di scienze politiche della Sorbona. La crème de la crème dell’intellighenzia di sinistra parigina. Purtroppo però non è rimasto lì. Dopo sei o sette anni di esilio, è tornato da Parigi, dimostrando che la stagionatura non gli ha giovato. Forse non ha imparato niente di ciò che ha insegnato. Non è strano che perfino un nessuno come me, tempo fa, lo abbia paragonato a uno di quegli “émigrés” andati all’estero per sfuggire alla Révolution, e poi tornati con l’idea di rimettere il calendario indietro di un quarto di secolo.
A Parigi abbiamo mandato, se non un agnello sacrificale, certo un mansueto cucciolone; e ne è tornato un mastino assetato di sangue. Non importa se dei nemici o degli amici. Letta procede azzannando a destra e a manca, quasi per sottolineare il contrasto con la mitezza di Zingaretti. Abbraccia le cause più improbabili (ius soli) o stantie (il femminismo d’attacco) pur di mostrare che lui, non che temere la battaglia, la cerca. Anzi l’inventa, se non ne trova una. Continua a cercare di conficcare banderillas nel collo di Salvini, come ignorando che, se lui sta imparando ora ad attaccare, quell’altro ha attaccato per tanto tempo che ora sta imparando a convivere con i cristiani.
Il Letta che conoscevamo lo amavamo, il nuovo Letta prima ci ha sorpresi, poi ha cominciato ad indignarci, ora comincia perfino a farci pena. Perché sembra sbagliarle tutte. Sbaglia quando cerca di allearsi con i Cinque Stelle, perché i perdenti sono contagiosi. Sbaglia quando crede che il Pd sia una macchina da guerra, non lo era già ai tempi di Achille Occhetto. Sbaglia se crede che il Pd abbia la forza, come un tempo, di condurre le danze. E sbaglia anche se pensa di poterlo comandare a bacchetta. La malattia genetica della sinistra è lo scissionismo e Letta sembra più capace di procurarsi nuovi nemici che nuovi amici.
Forse crede di guidare un partito con delle idee forti, con dei grandi ideali da affermare. Forse, mentre capeggiava i vertici politici parigini, non si è accorto che il comunismo è morto. Forse crede di potere dirigere Draghi fino a farne il suo uomo. Cioè non ha misurato la scaltrezza tranquilla di quell’uomo che, fino ad oggi, ha fronteggiato, e vittoriosamente contrastato,. le massime autorità europee. Lui, Letta, non ha sconfitto nemmeno il fantasma di Marx e vuole proporsi come contraltare di un piccolo Metternich che non si è fatto intimidire nemmeno da Angela Merkel?
nsomma, un quadro desolante. Di tutto avevamo pensato di poterlo accusare, un giorno, tranne che di eccesso di aggressività e di velleitarismo. E di questo passo non è facile predirgli un lungo futuro di successi.
È proprio vero, come dicono gli inglesi, che gli sciocchi corrono là dove gli angeli non osano nemmeno camminare. Certo, Letta non è uno sciocco: ma che cos’è?
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
7. maggio 2021

IL DISCUTIBILE SOSIA DI LETTAultima modifica: 2021-05-07T08:15:10+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo