GLI ITALIANI LA SMETTANO DI VOTARE PER SE STESSI

L’amore della verità può essere la passione di una vita. È stato per amore della verità e della razionalità (come le ho viste io) e contro le mie stesse budella, che a sedici anni ho rinnegato Dio. Per amore della verità, partendo dalla mia reale situazione, ho seriamente creduto non di avere un complesso d’inferiorità ma – come diceva la barzelletta – di essere realmente inferiore. Ed è per amore della verità che sono sempre stato accanitamente contro il M5S. Ma nothing personal, come si dice.
La mia impressione è sempre stata che quel Movimento bestemmia il valore della razionalità. È convinto che si possa – à la Rousseau, non a caso da loro scelto a totem – seguire come bussola il proprio istinto. Che guidare un Paese sia un problema così facile che il primo venuto può risolverlo: tanto, uno vale l’altro e nessuno vale più degli altri. Sonore sciocchezze.
Come una sonora sciocchezza è quella secondo cui la prima, e forse l’unica virtù richiesta all’uomo, sia l’onestà. Un chirurgo onesto e incompetente opera meglio di un chirurgo competente, anche se venale? La realtà non è semplice. Non basta la predica di un parroco di campagna per orientarsi.
Dunque non sono stato visceralmente contro il M5S perché va contro i miei principi politici ma perché va contro il fondamento della Civiltà Occidentale: la razionalità. La loro stessa simpatia per Rousseau (origine dei peggiori difetti della società, inclusi il Terrore giacobino e la criminale tirannia stalinista) mi dimostra quanto siano nello stesso tempo sempliciotti e pericolosi.
A questo punto rimane da rispondere ad una domanda ineludibile, piantata come un elefante al centro del salone: se al Movimento si possono attribuire tanti difetti, come si spiega il trentadue e passa per cento che gli ha dato il popolo italiano, nel 2018? “Tu vuoi dunque condannare in blocco un terzo degli italiani?”, mi si potrebbe chiedere. Ed io rispondo che non avrei paura a farlo (tanto, nessuno sa che esisto) se soltanto gli italiani lo meritassero. Ma non è questo il caso. Si tratta di intendersi.
Dal momento che i Cinque Stelle non hanno un programma, ma soltanto slogan, principi fumosi o privi d’interesse per la collettività (il divieto dei due mandati parlamentari, per esempio), votando per il Movimento gli italiani non hanno votato “per” qualcosa di nuovo, ma soltanto “contro” ciò che esisteva. Hanno pensato: “Questo partito forse distruggerà l’Italia, e dovremo ripartire da zero. Ma sarà un bene. Perché qui è tutto da rifare”. E così si comprende il nocciolo del problema.
Gli italiani sono stanchi, stanchissimi, arcistufi di come viene guidato il Paese. Hanno perso la fiducia nel comunismo (almeno, quegli imbecilli che l’avevano); non riescono più a credere nelle virtù del liberismo (lo chiamano “selvaggio”, se lo vedono apparire all’orizzonte); non credono più alla religione, né come dottrina (che ignorano totalmente) né come Chiesa, anche perché il Papato è a rimorchio dei pregiudizi correnti. Insomma non saprebbero né che strada scegliere né che programma indicare, per la salvezza dell’Italia, ma credono rocciosamente di essere migliori delle loro istituzioni. Votando contro tutto ciò che era al vertice, hanno per contrasto riaffermato che la correttezza, la ragione, la salvezza, stavano non nel vertice, ma nella base, in loro stessi. Ed è stato questo il loro immenso errore.
La classe politica italiana non è peggiore degli italiani. È un’espressione del popolo italiano e guardate quanto è intelligente la lingua: espressione significa compressione che fa uscire. Spremi il popolo italiano per estrarne il meglio e ottieni la classe politica che abbiamo. Il vino non ti piace? Figurati la vinaccia.
Questo errore spiega ampiamente il successo del Movimento nel 2018, così come il seguito spiega ampiamente la sua tendenza alla liquefazione. Col passare del tempo l’errore fondativo (il disprezzo della ragione, “l’uomo che pensa è un animale depravato”, ha detto Rousseau), è finalmente apparso evidente. a quegli stessi che avevano sperato in chissà quale cambiamento. E infatti costoro oggi si stanno guardando intorno, chiedendosi a quale santo votarsi.
Il passaggio da Conte a Draghi è sintomatico. Per cominciare abbiamo avuto come Presidente del Consiglio il primo che passava. Conte anzi era alfabetizzato (un di più rispetto all’“uno vale uno”) era perbene e, al massimo, da bambino aveva rubato la marmellata e da grande si era magari vantato un po’ troppo. Ma rimaneva decente, persino nel vestiario, e potevamo mandarlo in giro senza vergognarci. Certo, era uno privo di esperienza politica e privo di esperienza di amministrazione dello Stato: ma proprio per questo era l’uomo giusto, per la mentalità dei “grillini”.
Poi questo avvocato ha tentato di governare e il Paese è passato dall’“uno vale uno” a “nessuno vale Draghi”. “È lui che dobbiamo mandare al potere, se non vogliamo fare naufragio”. E infatti la paura di tutti, caduto Conte, non fu che fosse nominato Draghi, ma che Draghi non accettasse. L’avremmo capito, se ci avesse detto: “Avete voluto la bicicletta? Avete voluto l’Italia com’è? Ora pedalate”.
La possibile scomparsa del M5S sarebbe un fenomeno storico naturale. E almeno per qualche tempo gli italiani sarebbero vaccinati contro le soluzioni semplici e contro la presunzione infondata di essere migliori dei loro governanti.
Fino al prossimo Masaniello, al prossimo Mussolini e, Dio non voglia, al prossimo Hitler.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
7. maggio 2021

GLI ITALIANI LA SMETTANO DI VOTARE PER SE STESSIultima modifica: 2021-05-08T13:43:53+02:00da gianni.pardo
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