GOVERNO E QUESTIONE MORALE

Anni fa Enrico Berlinguer e la sinistra lanciarono la moda della “questione morale”. L’argomento, futile in sé, è divenuto col tem
po importante perché se ne interessa il grande pubblico. Il principio della separazione della politica dalla morale (Machiavelli) non è arrivato a divenire luogo comune e la convinzione generale rimane che un uomo onesto governerebbe bene perché pensa al bene del Paese, mentre un uomo disonesto governerebbe male perché pensa a sé. Molti ne fanno addirittura una questione di soldi: pongono il ministro degli interni allo stesso livello dell’assessore di un paesello e si credono furbi e cinici perché vedono il grande politico come un bambino lasciato senza sorveglianza in una pasticceria. Se uno prova a dimostrargli che questi sono pregiudizi ingenui, sbatte contro un articolo di fede: “I politici sono tutti disonesti e tu li difendi?”. Non si riesce a spiegare che il problema è un altro.
Il punto centrale del problema governativo non è l’onestà ma la difficoltà di sapere qual è il bene per il Paese. Se uno sciocco e incompetente ritiene doveroso fare una certa politica, e questa politica si rivela rovinosa per il Paese, a che sarà servito che sia onesto e in buona fede?
Una volta eletti, tanto l’onesto quanto il disonesto devono governare. L’ideale è che il politico sia un galantuomo ma è sempre meglio avere un disonesto che governa bene che un onesto che governa male. Se nel corso di una legislatura un ministro intelligente si mettesse in tasca un miliardo di euro ma nel frattempo riportasse alla prosperità il Paese, quel denaro non avrebbe potuto essere speso meglio. Tanto che se infine i magistrati lo mandassero in galera, sarebbe giusto stendergli un tappeto rosso fino alla porta del carcere.
Questo può sorprendere ma è la dimensione del problema ciò che cambia tutto. Una buona politica produce vantaggi incommensurabilmente più grandi del guadagno illecito che ne può venire in tasca ad un singolo. Negli primi Anni Quaranta la Gran Bretagna fu guidata da un uomo obeso, bevitore, fumatore e cinico: si chiamava Winston Churchill e salvò l’Inghilterra. Sul continente Mussolini fu un uomo sulla cui onestà personale nessuno ha mai manifestato dubbi e Hitler fu addirittura casto e vegetariano: e tuttavia proprio costoro hanno provocato ai rispettivi paesi infinitamente più danni di quanti ne provocò a Cuba il corrotto Fulgencio Batista.
Quando tutto va bene, l’umanità ha difficoltà a capire questo tipo di cinismo. Se si potesse tornare indietro ai primi Anni Cinquanta, molti cubani favorirebbero di nuovo Castro perché avendo la pancia piena e non vivendo nel terrore ci si occupa di grandi ideali. Purtroppo, è spesso quando si tenta di avere qualcosa di meglio che si provoca un disastro. È la storia stessa del comunismo: questa teoria esiziale non avrebbe trionfato se i rivoluzionari non avessero contrapposto la loro onestà e il loro amore per il popolo alla corruzione dei governanti. Ecco perché le infinite critiche alla democrazia sono stupide: non è che questo tipo di regime non abbia difetti, e Winston Churchill ha anzi detto che il miglior argomento contro quel sistema è una conversazione di cinque minuti con un qualunque votante: ma rimane il fatto, come diceva egli stesso, che gli altri tipi di governo sono largamente peggiori.
L’umanità però ha la memoria corta. I vecchi finiscono col morire e coloro che hanno vissuto sotto il comunismo sono sempre meno. Chissà che un giorno i giovani non ricomincino tutto da capo, con un’altra perniciosa illusione.
Quanto all’Italia, viviamo il festival della questione morale modello portineria. Si sentono dire correntemente assurdità, per esempio qualcosa che avrebbe fatto schiattare dal ridere Machiavelli: che i politici al vertice devono dare l’esempio della moralità! Lui gli perdonava l’assassinio e oggi si vorrebbe che non abbiano una vita sessuale. Si è passati dall’impunità perché capi di Stato alla mancanza dei normali diritti perché capi di Stato. Siamo alla demenza.
Se questa corrente di stupidità si ingrandirà, un giorno si cercherà qualcuno che sia veramente animato solo dall’amore del popolo. Un uomo casto e puro. Un modello di virtù. Magari scoprendo poi che si chiama Iosif Vissarionovič Džugašvili. Stalin per gli amici.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
10 settembre 2009

GOVERNO E QUESTIONE MORALEultima modifica: 2009-09-11T08:25:47+02:00da gianni.pardo
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