IL COMUNISMO SENZA IL COMUNISMO

Sulla “Stampa” Barbara Spinelli, per una volta, parla solo della sinistra  e si poteva dunque sperare che fosse meno acida e supponente: ma è incapace d’essere diversa. Usa il solito tono saccente, la solita sicumera, la solita altera spietatezza nel giudicare l’universo mondo. Tutti i dirigenti di sinistra, da Occhetto in poi, escono dall’articolo con le ossa rotte. O almeno, così lei vorrebbe. Soprattutto D’Alema, che ha una mentalità “da caserma” e soffre di “volontà di potenza”: come se quest’ultima in un politico fosse un difetto.
La prima accusa mossa ai comunisti e ai socialisti è di non aver saputo creare una nuova ideologia una volta che con il muro di  Berlino è caduto il comunismo. In realtà l’addebito mosso ai socialisti è fuor di luogo. Costoro non hanno mai avuto una teoria palingenetica. Scomparso De Martino – un segretario al rimorchio del Pci – ideologicamente non avrebbero più avuto alcun bisogno di rinnovarsi. I programmi socialisti – come l’uguaglianza, la pietà per i più deboli, l’equo compenso del lavoro, il pacifismo, ed altri ancora – sono perfettamente compatibili con l’economia classica, il liberalismo e perfino il Cristianesimo. Il problema non li riguardava.
Mentre il comunismo è dogma o eresia, il socialismo è compromesso. Se vent’anni fa il Pci non fosse stato miope, e  troppo felice di pugnalare alle spalle un concorrente stroncato dalla magistratura, avrebbe potuto rinunciare al proprio nome, ormai impresentabile, e confluire in un Psi allargato, adottandone le idee. Avrebbe rinunciato alla bandiera ma avrebbe dominato quella grande formazione dall’interno, ottenendo quella chiara personalità politica che oggi gli manca. Invece ha cambiato più volte nome ma non mentalità: è lo stesso di sempre. Un Pci sbiadito, confuso e privo di orientamento.
Certe ideologie non muoiono senza eredi, tuttavia. Se si perde la Fede cristiana non è che si rimanga senza ideologia. Si è costretti ad accettare nuovi parametri: la vita non ha senso; la realtà non è supervisionata da Dio (niente Divina Provvidenza); dopo morto, l’uomo non ha una seconda vita, neanche all’inferno; non è detto che i giusti saranno premiati e i malvagi puniti, ecc. Per questo, abbandonando la Fede bisogna domandasi: sono pronto ad accettare tutte le conseguenze teoriche di questo passo?
Per gli ex-comunisti, la domanda era: siamo pronti a divenire socialisti? Barbara Spinelli dunque sbaglia verbo: non si trattava tanto di “creare” una nuova ideologia, quanto di “accettare” la conseguenza del crollo della precedente. E invece parole come moderatismo e socialdemocrazia sono rimaste tabù. Un sintomo di tradimento o, più miseramente, di “inciucio”.
I comunisti non sono riusciti a cambiare. Sono come quei liberi pensatori che vanno a messa la domenica, si sposano in chiesa e sperano che, in fin dei conti, la morte non sia la fine di tutto. Hanno abiurato la loro religione ma solo formalmente, vorrebbero conservarne i vantaggi e conservano complessi nei confronti di coloro che continuano a proclamare ad alta voce ciò che essi pensano ma non osano più dire. Non sono né comunisti né socialdemocratici: sono insipidi.
Forse tutto dipende da una caratteristica della sinistra politica italiana: dopo che si è predicato per molti decenni che il nemico è sempre brutto, sporco e cattivo, diviene difficile dire: “in questo ha ragione”. Deve necessariamente avere torto, in ogni caso. E con questo terrore della ragionevolezza ci si condanna alla declamazione, all’inazione e perfino al ridicolo. Ottimo esempio: Franceschini.
Questa strada è senza uscita. Bersani tuttavia – invece d’avere il coraggio di riprendere col progetto di Veltroni la via laburista al potere – va ancora più in fondo al vicolo. E invece d’irridere il vetero-comunismo sostanziale della sinistra Arcobaleno, si mette a cantare con essa. Così avrà l’ideologia che Spinelli rimpiange: purtroppo un cadavere d’ideologia.
La “mancanza di nerbo” del Pd deriva dalla sua mancanza di idee e del coraggio di seguirle. Se si vuole rientrare nel gioco del potere bisognerebbe lasciare che tutti i fanatici abbaino alla luna e gridino al tradimento. Se il Pd si rivelasse forza critica ma propositiva, mossa più dall’amore per il Paese che dall’odio per la controparte, potrebbe un giorno ottenere anche i voti  di quelli che Berlusconi avesse deluso.
Oggi, lasciare Berlusconi per il Pd è come lasciare un medico mediocre  ma ben intenzionato per un infermiere demente che sa solo infliggere ferite.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
8 novembre 2009

IL COMUNISMO SENZA IL COMUNISMOultima modifica: 2009-11-09T09:11:36+01:00da gianni.pardo
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