I PRINCIPI GENERALI DELLA COSTITUZIONE

Se la Costituzione fosse indispensabile al funzionamento della democrazia di un paese sviluppato, il Regno Unito l‘avrebbe: ma non l’ha. Se ne deduce che della Costituzione si può fare a meno. Tuttavia è vero che se Reinhold Messner può scalare l’Everest senza maschera d’ossigeno, non tutti possono permetterselo. L’Inghilterra non ha bisogno di una Costituzione scritta perché le sue tradizioni democratiche sono così antiche, così solide, così indiscusse, che fanno parte del suo dna e non è più necessario imporglieli con una legge. I Paesi con tradizioni democratiche meno antiche (Germania, Italia), o politicamente passionali e litigiosi come la Francia, hanno invece una Costituzione scritta e fanno bene ad averla. Infatti distorsioni della pratica democratica si sono avute perfino in presenza di questa camicia di forza: la legge, come si dice sostenessero i Borboni di Napoli, ai nemici si applica, per gli amici si interpreta. Un esempio si è avuto nel 1994-1995 quando per favorire una parte politica, in contrasto con la volontà dell’elettorato, si impedì il ritorno alle urne.
Le Costituzioni si distinguono in flessibili e rigide. Le prime sono modificabili con legge ordinaria, dunque facilmente. Le seconde sono al contrario volutamente difficili da cambiare, e nel caso si voglia farlo si richiedono particolari procedure.
Le Costituzione italiana è rigida e contiene due generi di norme. Nella prima parte ci sono dichiarazioni di principio, per esempio quella riguardante l’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge; nella seconda ci sono norme tecniche, per esempio la durata di una legislatura. Al riguardo si dice continuamente che si può modificare la seconda parte (quella tecnica), mentre deve rimanere assolutamente intangibile la prima parte, perché si tratta di principi di civiltà. Purtroppo, i grandi principi sono in concreto salvaguardati più dalla maturità politica del popolo che non dalle dichiarazioni reboanti – di discutibile natura giuridica – di una carta costituzionale. Per questo bisognerebbe limitarli al massimo: con interpretazioni faziose, essi possono condurre a risultati abnormi. Basti dire che in concreto l’eventuale incostituzionalità di una norma è dichiarata da un organo ad elezione politica come la Corte Costituzionale. Dal momento che la genericità di una norma si presta ad interpretazioni estensive o smaccatamente di parte, si corre dunque il rischio che una legge voluta dal popolo attraverso i suoi rappresentanti eletti sia annullata in base alle proprie convinzioni da un Sinedrio inamovibile.
Un esempio teorico. Secondo l’articolo 2, “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo…” Ma giuridicamente si può riconoscere solo un diritto esistente. Se invece si rinvia, come in questo caso, ad un fantomatico “diritto naturale” – indimostrato,  indimostrabile e di cui anzi i giuristi normalmente negano l’esistenza – si rinvia a proprie apodittiche e indeterminate convinzioni che un giorno potrebbero indurre a dichiarare “inviolabile” un diritto che è tale solo nella mente dei giudici costituzionali.
Un esempio pratico è il lodo Alfano. Veramente il Primo Ministro è uguale a un bidello di Catanzaro? La legge stabilisce mille differenze fra i cittadini a seconda della loro funzione. È contro l’uguaglianza dei cittadini l’art.68 della Costituzione che ancora oggi stabilisce che un parlamentare non possa essere arrestato senza il consenso della Camera cui appartiene? Questo è stato un caso in cui un eccellente principio generale ha prodotto notevoli danni politici, di cui ancora oggi subiamo le conseguenze. Ma i membri della Corte Costituzionale non sono angeli, hanno per la maggior parte simpatie per la minoranza parlamentale e le eventuali difficoltà del Paese non gli dispiacciono.
Non è utile che la Costituzione predichi grandi principi. O il Paese li applicherà senza che nessuno glieli gridi, oppure il fatto che la Costituzione li stabilisca solennemente non ne comporterà l’applicazione. Non ha avuto seguito nemmeno il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, che pure è stato votato dai cittadini a stragrande maggioranza! Né si può dimenticare che la Costituzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era piena di ottimi principi: era la pratica che non la rispecchiava.
Solo gli ingenui e gli incompetenti credono che, affidandosi al giudice, si vada sul sicuro. Il diritto è uno dei più alti raggiungimenti di Roma e dell’umanità, ma cammina sulle gambe degli uomini e non sempre arriva dove doveva arrivare.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
12 gennaio 2010

I PRINCIPI GENERALI DELLA COSTITUZIONEultima modifica: 2010-01-14T09:00:30+01:00da gianni.pardo
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