ELABORARE LA CRISI GRECA

Il verbo “elaborare” ha fra gli altri un uso particolare, come nell’espressione “elaborare il lutto”. In questo caso con tale verbo si intende dire: “comprendere tutte le conseguenze di un fatto e riuscire a superarlo”.
Il problema si pone ogni volta che un avvenimento è così importante che non siamo in grado di “digerirlo” immediatamente: cioè di capire quali saranno i suoi contraccolpi, in noi o nella realtà. Chi ha assistito in diretta  all’attentato alle Twin Towers, oltre ad essere sconvolto e angosciato, si è chiesto: come si risponde, ad un simile fatto? Ce ne saranno altri simili? Come reagiranno gli Stati Uniti? E contro chi? E come?
Interrogativi tutt’altro che ingiustificati. Gli avvenimenti successivi al 2001 nessuno avrebbe potuto prevederli: molti di noi non avevano nemmeno sentito parlare di Al Qaeda e non potevano certo immaginare che la collera di Washington si sarebbe abbattuta innanzi tutto su un paese lontano e insignificante come l’Afghanistan.
Qualcosa di analogo, anche se meno grave – si tratta di denaro, dopo tutto – si verifica in questi giorni con la crisi greca. La maggior parte di noi non sa che pensare. Non solo ci mancano i dati, ed anche la competenza per interpretarli, ma gli stessi competenti dànno indicazioni contraddittorie. Se veramente è indispensabile aiutare Atene, perché Berlino nicchia? E se non è indispensabile, perché i vari governi mettono mano al portafoglio, che poi è il nostro portafoglio?
Si dice – sempre se abbiamo capito bene – che se Atene fallisce, cessa i pagamenti e per conseguenza tutti coloro che detengono titoli greci faranno la fine di coloro che detenevano titoli della Lehman Brothers. E poiché il totale delle somme rappresentate da questi titoli è di gran lunga superiore al prestito alla Grecia, meglio aiutarla a non fallire che subire i danni del suo fallimento.
Sì – dicono però alcuni – ma mentre in caso di fallimento le perdite derivanti dai titoli greci ricadrebbero su coloro che hanno avuto la dabbenaggine di comprarli, in primo luogo le banche, se sborsiamo noi miliardi di dollari per darli ad Atene, e poi Atene non rimborsa il mutuo, chi ci perde siamo noi cittadini. Noi che non abbiamo commesso l’errore di comprare titoli greci. Ma la Grecia, si obietta, ha assunto l’impegno formale di tirare spietatamente la cinghia: rimborserà quanto ricevuto e pagherà perfino un interesse. Sì, risponde però qualcun altro: ma se i greci non capiscono che devono pagare per il loro comportamento passato, e fanno la rivoluzione, e rovesciano il governo, e dichiarano che non pagheranno, i Paesi creditori perderanno il valore dei titoli greci più il denaro che è stato fornito in questa occasione. Allegria.
Tutto questo sempre che abbiamo capito qualcosa in questo guazzabuglio.
Ma c’è da considerare il punto di vista locale. Il greco comune nulla sa di alta finanza e di indebitamento dello Stato. E non perché sia particolarmente ignorante. Noi italiani non siamo migliori di loro. Chi, negli anni della follia, si è reso conto che in Italia si stava creando un astronomico debito pubblico, tanto grande che forse non sarà mai rimborsato? Ricordiamo solo gli avvertimenti di Antonio Martino, una voce che gridava nel deserto e cui nessuno dava ascolto. Oggi lo Stato, per non fallire, continua a pagare eternamente interessi. Continua a pagare, per fortuna a creditori italiani e non esteri, per la follia dei nostri padri. No, proprio non possiamo dare lezioni.
I greci credono che scioperando, sfasciando qualche vetrina e qualche automobile i problemi si risolvano. Filosofia sindacale. Non capiscono che se negli anni delle vacche grasse hanno mangiato bene, è perché il ristorante li nutriva a credito. E non capiscono che quando il credito si esaurisce, e il ristorante li lascia digiuni, il torto non è del ristorante. Forse non è nemmeno loro, perché, potrebbero dire, non sono stati sufficientemente avvertiti: ma siamo sicuri che avrebbero votato per colui che proponeva l’austerità a preferenza di colui che prometteva mari e monti?
Siamo ancora una volta dinanzi alle conseguenze cui può condurre il miglior regime possibile. La democrazia è insostituibile, ma la prima metà della parola è la stessa di demagogia.
I greci dovrebbero capire che non serve a niente chiedersi di chi è la colpa. Se la casa brucia bisogna spegnere l’incendio, costi quel che costi: poi ci sarà tempo per discutere.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
1 maggio 2010

ELABORARE LA CRISI GRECAultima modifica: 2010-05-02T09:08:00+02:00da gianni.pardo
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