IL PDL COME L’IMPERO ROMANO

Il difetto delle grandi vittorie è che quando nessuno più minaccia il trionfatore, il trionfatore comincia a danneggiare se stesso. Da prima le grandi conquiste conducono alla pax romana, poi cominciano le lotte intestine, infine si arriva alla partizione dell’impero, alla decadenza, al crollo. L’Impero Romano non è stato abbattuto dall’esterno; non è che i barbari siano diventati tanto più forti e che i romani siano diventati tanto più deboli; è che non avevano più lo spirito di prima; non avevano più la voglia di combattere per difendersi, quasi fossero convinti che l’Impero dovesse stare in piedi da sé, per decreto del Destino.
Questo avviene in termini analoghi anche per altri trionfi, come quello del Cristianesimo. Una volta che questa religione ha completamente soppiantato il paganesimo si è stravolta, è divenuta centro di politica, di lusso ed anche di corruzione. Proprio a causa di questa decadenza, quando nessuno la minacciava dall’esterno, ha subito dall’interno la Riforma: l’equivalente religioso della disgregazione dei grandi imperi.
Qualcosa di analogo, anche se di proporzioni infinitamente più piccole, sembra avvenire oggi in Italia. Il centro-destra non solo ha vinto le ultime elezioni politiche e non solo ha vinto le ultime regionali: sembra avere vinto nella società. Nel senso che l’opposizione appare incolore, sbiadita, insignificante. Nessuno, preso a caso per la strada, saprebbe indicare che cosa vuole il Pd e che cosa propone di concreto. Le grandi dichiarazioni di principio beneauguranti in materia di lavoro, ripresa economica, giustizia sociale, sanno di minestra riscaldata. E proprio perché nessuno minaccia il centro-destra dall’esterno, proprio perché le dimensioni della sua vittoria sono enormi, l’edificio comincia a mostrare le crepe causate dal gigantismo. E questo spiega la simpatia con cui la sinistra guarda a Gianfranco Fini. Ha l’atteggiamento frustrato di un Giuliano l’“Apostata” che, avendo fallito nell’impresa di far rinascere il paganesimo, assiste per magia alla contestazione di Lutero e spera che almeno lui riesca ad abbattere il Papa.
Nel giudicare tutti gli scontri, si tiene inevitabilmente conto del passato. Se il più debole ha un piccolo successo, ci si chiede se si stia assistendo alla nascita di un futuro campione; se invece il campione ha un’incertezza o subisce una sconfitta, ci si guarda subito in giro per vedere chi potrebbe essere l’astro sorgente. In Italia, se Silvio Berlusconi ha la minima difficoltà, si annuncia la fine del Pdl o, ad andar bene, ci si chiede chi sarà il successore di un Cavaliere ormai “bollito”. Poi passano un paio di settimane e Berlusconi è più a cavallo che mai.
Per i grandi organismi, così come per i grandi personaggi, il problema è che nessuno sa quando il gigante si arrenderà e rovinerà a terra. Dopo l’Elba ci possono sempre essere i Cento Giorni. Magari senza una Waterloo?
Tutto il discutere che si fa della decadenza del Pdl, delle sue scissioni, della corruzione di alcuni suoi personaggi, invece di indicare la fine di questo partito, potrebbe indicare che esso ha vinto fin troppo. Tanto che si avvia ad occupare l’intero proscenio. Per questo forse si dovrebbe prevedere un successore interno piuttosto che un nemico esterno ed è forse quello che pensa Gianfranco Fini. Il suo errore è che ha sbagliato i tempi. Attaccare Berlusconi non è da dementi. Alarico non solo ha assediato Roma, l’ha anche vinta: ma un Alarico disarmato o con alcune guardie del corpo fa solo ridere.
Almeno fino al 2013 gran parte della politica attuale sembra destinata a rimanere stabile. Salvo il venir meno fisico di Silvio Berlusconi, assisteremo da un lato alla difficoltà del campione di non mostrare mai la minima debolezza, dall’altro ai confusi desideri di rivalsa di tutte le forme di opposizione, attualmente capaci solo di applaudire la minima frecciata acida del Presidente della Camera.
Per vedere sfaldare il Pdl, non c’è che da aspettare. Se è caduto l’Impero Romano, se è caduta la Democrazia Cristiana, se si è liquefatto il Pci, fino a divenire patetico, non c’è ragione che il partito di Berlusconi sia eterno. Si può solo sperare che il partito che lo sostituirà non sia peggiore.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
7 maggio 2010

IL PDL COME L’IMPERO ROMANOultima modifica: 2010-05-07T10:19:41+02:00da gianni.pardo
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