SE IO FOSSI BERSANI

Del campione in caso di sconfitta si dice che “non era in giornata”. Riguardo al perdente si ha invece tendenza ad essere spietati: ci si chiede perché non si ritiri a vita privata.
Questa durezza si osserva spesso nei confronti di Pierluigi Bersani: tutti sono pronti a spiegargli dove ha sbagliato, a dargli dei consigli e soprattutto a chiedersi chi potrebbe sostituirlo: dimenticando che atteggiamenti analoghi hanno avuto nei confronti di tutti i Segretari che lo hanno preceduto e che se un lungo sentiero in discesa ha condotto il Partito Democratico alla percentuale di appena un quarto dei votanti, non serve a nulla far finta che sia tutta colpa loro.
Bersani non ha vie d’uscita. Se fa la faccia feroce, si sorride: è il ruggito del topo. Se è moderato, lo si critica: così si farà superare da Di Pietro. Se sta zitto si dice che è insignificante. Se i media non si occupano di lui si dice che è irrilevante. Se non annuncia qualche grande iniziativa si dice che non ha un programma. Se infine esprime un’opinione, si trova subito chi lo contesta: nel suo partito infatti nessuno si crede obbligato a tacere almeno per non contraddirlo. In simili condizioni, chi potrebbe guidare un partito al successo? Se anche Bersani avesse una grandissima personalità, se fosse un genio politico e militare come Giulio Cesare, se fosse capace di suggestionare il prossimo come Adolf Hitler, non cambierebbe molto. Durante i secoli della lunga decadenza non sono mancati gli uomini eccezionali che hanno cercato di salvare Roma: ma il grande leader non può deviare il fiume della storia. Non ce l’hanno fatta Costantino, Stilicone, Ezio, Flavio Claudio Giuliano. Odoacre era all’orizzonte già alla morte di Augusto.
Pierluigi Bersani, anche ad ammettere che sia un mediocre, non è il problema: il problema è il senso della sinistra nell’epoca contemporanea.
Per decenni, il Pci ha avuto in mente un diverso modello di società da raggiungere attraverso la rivoluzione antiborghese. Caduta questa utopia, si è creduto di poter prosperare attraverso la contrapposizione tra have and have-not, cioè tra benestanti e proletari, facendosi paladini di questi ultimi: ma anche questo solco si è attenuato. Oggi i muratori hanno la licenza media e ascoltano i telegiornali; gli idraulici guadagnano più dei professori di Scuola Media; un meccanico ha le mani sporche di unto, ma per il resto è una sorta di chirurgo delle automobili. Tutti costoro da un lato sono divenuti impermeabili alla retorica di grana grossa, dall’altro non sperano più in miracolose palingenesi sociali. Anche in Italia c’è una middle class che bada alla concretezza. A Napoli la sinistra è stata sconfitta dalla spazzatura.
La sinistra non ha più sfavillanti ideali da proporre. Non può dire, con Gabriel Péri, che il comunismo è la giovinezza del mondo e non può promettere con lui lendemains qui chantent (domani che cantano). In totale non sa più che dire. Può gridare che il governo sbaglia, magari con ragione, ma agli errori riesce solo a contrapporre gli scopi da raggiungere. Parla di piena occupazione, di rilancio dell’economia, di lotta alla corruzione, di tollerabilità delle imposte, senza indicare realisticamente i modi per raggiungerli. E se i dirigenti lo facessero, susciterebbero opposizioni e contrasti già all’interno della loro parte politica. Si è passati dalla dittatura di Togliatti all’anarchia. Oggi un Franceschini azzanna tutti ai polpacci e si prende per un leader.
La sinistra non sa che cosa opporre al sistema borghese e alla fine si riduce a dire che vorrebbe andare al governo. Per favore votate per noi. Che non è il massimo. Soprattutto quando gli avversari si trovano a disporre di un capo che è un eccezionale venditore di speranze.
Il Pd dovrebbe riunire un congresso e stabilire finalmente la propria linea politica. Non dovrebbe ancora una volta redigere un libro dei sogni come il programma di Prodi, dovrebbe invece indicare una serie di riforme particolareggiate, con gli strumenti realistici atti a realizzarle.
Il Segretario deve essere un tattico e deve saper guidare il partito nella battaglia: ma la strategia deve deciderla il partito.
Oggi chiunque deve dire onestamente: “Al posto di Bersani non farei meglio di lui”.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
29 agosto 2010

SE IO FOSSI BERSANIultima modifica: 2010-08-31T07:51:36+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “SE IO FOSSI BERSANI

  1. Concordo appieno con Pardo, pur essendo un “sinistrato”.

    Ottima analisi, ….anche se noto una certa disaffezione per il Re…ridotto ad un ” eccezionale venditore di speranze”.

    🙂

  2. Non è questione di affezione o disaffezione: è semplicemente una constatazione. Che poi saper vendere speranze sia un difetto o un pregio, è cosa da vedersi.Certo, se è un difetto, il Pd non l’ha.

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