FLI? CVD

Il numero di parlamentari che qualche mese fa seguì Gianfranco Fini sorprese molti. Tanto che divenne realistico ipotizzare la fine della legislatura. Ma molti badarono in primo luogo al seggio e alla pensione e il governo non cadde. Anzi, mentre sul momento sopravvisse per tre voti, da allora non ha fatto che rafforzarsi. Tutto sarebbe stato diverso, se la fiducia non ci fosse stata? Ecco il problema.
In caso di elezioni, l’Udc non poteva decentemente allearsi con il Pd e Di Pietro. Il Pd non poteva sperare, per il premio di maggioranza, di avere da solo più voti del Pdl. Complessivamente le difficoltà erano insormontabili. In questo panorama, che  avrebbero potuto fare Fini e i suoi amici? Da soli sarebbero stati insignificanti; con l’Udc sarebbero stati dei gregari; con la sinistra sarebbero stati dei traditori. Il potere sarebbe stato comunque fuori portata. Nel momento stesso del massimo successo, avendo contribuito in modo determinante alla caduta di Berlusconi, Fini non avrebbe avuto prospettive. E allora come mai lo seguivano in tanti?
Oggi la situazione è peggiore e senza alternativa. Non ci saranno elezioni. Berlusconi non le vuole e la sinistra fa finta di chiederle solo perché non rischia di ottenerle: infatti immediatamente dopo il 13 dicembre le escludeva. Il potere appartiene al centro-destra ed è ad esso che bisogna tornare, se si vuole contare qualcosa. Alla spicciolata ma realizzando nei fatti una transumanza in direzione opposta. Ha lasciato perfino il sen.Francesco Pontone, quello che ha materialmente venduto la casa di Montecarlo.
Si può trarre un bilancio. I futuristi hanno visto con mesi di ritardo ciò che era evidente sin da principio: nel centro l’unica possibilità è un’alleanza con l’Udc. Ma questa può soltanto stare all’opposizione o tornare col centro-destra. E mentre la prima possibilità per Fli è sterile, la seconda è addirittura impossibile. Dunque esso diviene un partito di mera testimonianza. Ecco perché molti lo lasciano. Non si fonda un partito per dire: “Odio Berlusconi”. Fra l’altro quest’area politica è già presidiata da Di Pietro.
Qualcuno ha detto che sul comodino di tutti i falliti della politica c’è “il Principe” di Machiavelli: chi si crede furbo, spietato, privo di scrupoli, spesso non va lontano. Ma l’affermazione va corretta così: chi legge quel libro e non lo capisce, rischia di rovinarsi. Machiavelli non è un maestro di immoralità, è un maestro di pragmatismo. Non predica lo spergiuro, il tradimento e l’assassinio, dice soltanto che in politica bisogna usare gli strumenti – non importa quali – più adeguati alla situazione concreta. Se combattiamo contro dei disonesti, sarebbe stupido concedere loro il vantaggio della nostra onestà. Al contrario, se si compete per divenire abate, è opportuno avere fama di santità.
Oggi Machiavelli direbbe a Berlusconi: dal momento che hai a che fare con un mondo di moralisti, o sei un gaudente e riesci a nasconderlo, oppure divieni un modello di virtù. Nel XXI secolo il successo è anche al prezzo della [apparente] morigeratezza. A Fini direbbe: potevi pure tradire, ma non avresti dovuto farti la fama di traditore.
Gli insegnamenti del “Principe” bisogna capirli. È certo meglio essere temuti che amati, per esempio: ma solo quando i sottoposti sono disarmati. Quando invece il potere dipende dal loro beneplacito, è meglio essere amati che temuti. D’Alema è sempre molto lodato ma è tanto antipatico che, se mira a qualcosa, la coalizione contro di lui si crea automaticamente.
Gianfranco ha un caratteraccio che forse gli sarebbe stato utile nel Cinquecento. Ha sempre comandato nel modo più arrogante, autoritario e brutale. Il vertice del suo partito alla fine è stato un covo di gente che lo odiava. Gli è andata bene per decenni ma alla prima occasione i collaboratori storici – da Storace a Gasparri, da Matteoli a La Russa – l’hanno mollato senza rimpianti. E tuttavia quell’uomo è incorreggibile: quando ha fondato quel club per pochi intimi che è Fli ha mostrato di non avere compreso la lezione del “Principe”. Ha preteso di comandare col piglio autoritario di sempre e il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. Gli rimarrà Bocchino.
Per vincere in politica non basta comportarsi da ribaldi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
18 febbraio 2011

FLI? CVDultima modifica: 2011-02-19T13:15:47+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “FLI? CVD

  1. Caro Gianni
    mi faccia dire, come si suol dire, una boutade- Il partito di Fini mi ricorda tanto quella canzoncina di Modugno: siamo rimasti in tre, tre briganti e tre somari, sulla strada di Montecitorio, solo tre”

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