UN DFFICILE RAPPORTO CON LA VERITA’

Chi, per mestiere o per passione, si interessa di attualità, finisce col fare una distinzione fra gli articoli che riflettono i discorsi appassionati e superficiali che si potrebbero sentire al bar e quelli che a momenti sembrano fuor di luogo in un giornale: talmente uno li vedrebbe bene in saggi di politologia.
È questo che rende indimenticabile un nome come quello di Augusto Guerriero. Chi si accostava ai suoi articoli era fulminato dalla sua chiarezza e dalla sua semplicità. Mentre su certi argomenti, fino a quel momento, avevamo avuto idee confuse e il timore che ci fosse molto di più da capire, con “Ricciardetto” (il suo pseudonimo) avevamo la sensazione di un’elementare evidenza. Poi, si poteva non essere d’accordo: ma sapendo su che cosa e per quali motivi. L’appuntamento settimanale con le sue tesi, su “Epoca”, era da molti sentito più come un bisogno che come un dovere.
Queste caratteristiche di abbagliante fascino intellettuale non furono esclusivamente sue. Già nell’antichità ne esistono fulgidi esempi: Tucidide è detto “padre della storia” perché capace di scrivere chiaro senza che mai si trascuri la serietà dell’informazione. Egli è inoltre riuscito, nei discorsi degli ambasciatori, ad esporre contrapposte tesi politiche con uguale forza dialettica: dimostrando così come la realtà sia ben più complessa di come la vedono i superficiali e i fanatici. Questo genio tranquillo potrebbe essere detto maestro perfino di un’attività che ai suoi tempi non esisteva, il giornalismo: a tal punto è stato capace di scrivere in modo avvincente e di non disdegnare il particolare interessante.
Il merito massimo di questo ateniese rimane tuttavia la sua stupefacente oggettività pur nel momento in cui descriveva una guerra che opponeva la sua patria e Sparta. Una guerra cui egli partecipò non come spettatore ma come uno dei comandanti. E questa è una ragione per la quale non si finirebbe mai di tesserne le lodi. Svetonio è divertente ma le sue pagine si leggono ponendole istintivamente sul registro del corsivo. Tucidide si legge col rispetto dovuto ai testi sacri.
I grandi maestri del giornalismo – oltre a Guerriero vengono alla mente i nomi di Walter Lippman, Indro Montanelli, Alistair Cooke e, fra i viventi, George Friedman – hanno la caratteristica di applicare agli avvenimenti contemporanei la lezione di Machiavelli. Partono dai fatti – la situazione geografica, economica, militare, storica e culturale dei vari Paesi – e dagli interessi che ne derivano. Poi, immaginando i governanti come persone del tutto prive di scrupoli ed egoisticamente attente solo al bene del loro Paese, ne deducono le intenzioni e i probabili comportamenti. La loro grandezza deriva, come nel caso di Tucidide, da uno sconfinato amore per la verità che non si flette dinanzi alle passioni personali o alle illusioni etiche. Essi hanno sempre il coraggio di dire le cose come stanno – coraggio che qualcuno chiama cinismo – e ciò anche quando la realtà è contro la loro Patria o la loro fazione politica.
Questo atteggiamento è una delle ragioni della loro estrema chiarezza. Noi lettori, se ci si parla di ideali, ci chiediamo fino a che punto abbiamo capito bene o, peggio, fino a che punto non si stia cercando di imbrogliarci. Se invece ci parlano di pericoli da evitare e di vantaggi da ottenere, di dare e avere, per così dire, siamo tutti competenti. Come non ci sono analfabeti quando si tratta di leggere le banconote, non ci sono incompetenti quando si parla di interessi.
Un esempio chiarirà questo punto di vista meglio di molti discorsi. Come è noto, in Italia vige un sistema elettorale di cui tutti si sentono in obbligo di dire male. Esso è stato votato da una maggioranza di centro-destra ed anche per questo nel centro-sinistra ci si compiace di chiamarlo “Porcellum”. Fin qui, tutto chiaro. Ma come mai, se ne pensano tanto male, i rappresentanti del centro-sinistra questa legge non l’hanno modificata, anzi, non hanno neppure posto in cantiere la sua modifica, durante gli anni in cui furono al potere? La risposta è semplice: la legge, apprezzata al suo nascere anche da Walter Veltroni, favorisce i grandi partiti: dunque,  in Italia, il Pdl e il Pd. Con essa, a parte questi due, si salvano solo quegli altri partiti che essi accettano nella loro coalizione. Dal momento che la Stella Polare dell’interesse è praticamente indefettibile, è facile capire che non si sega facilmente il ramo su cui si è seduti.
Nel dicembre del 2010, quando in tanti invocavano la caduta del governo Berlusconi “magari solo per creare un governo tecnico che realizzi la riforma della legge elettorale”, in molti sorridevamo. Era uno specchietto per le allodole. E non era necessario essere geniali, per capirlo: semplicemente perché l’eliminazione del premio di maggioranza andava contro gli interessi di quelli stessi che parlavano. Cambiare il modo di designazione dei candidati sì, si potrebbe, ma il premio meglio non toccarlo: è ciò che ha fatto vivere tranquillamente il governo Prodi alla Camera dei Deputati.
La lezione dei grandi intellettuali è solo una: quel buon senso e quel senso del reale che essi hanno in misura eccezionale.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
30 aprile 2011

UN DFFICILE RAPPORTO CON LA VERITA’ultima modifica: 2011-05-01T10:40:12+02:00da gianni.pardo
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