IL DEBITO PUBBLICO VISTO DA VICINO

Esistono debiti positivi, che si accompagnano alle speranze, e debiti negativi, che si accompagnano alla disperazione. Chi contrae un mutuo per comprare un appartamento sa benissimo di caricarsi l’obbligo di pesanti versamenti mensili, per anni e anni: ma lo fa per avere una casa. Ha una speranza. Il debito negativo è quello che si accompagna alla disperazione di non ricavarne nulla. Non se ne attende nulla e si ha solo da temere la reazione del creditore insoddisfatto. È il caso dei giocatori o dei drogati che pensano alla reazione degli strozzini o degli spacciatori.
Il debito pubblico italiano appartiene a questa seconda categoria. Se lo Stato avesse investito il denaro per iniziative produttive di utilità, oggi avrebbe sulla colonna del dare il debito e i suoi interessi e sulla colonna dell’avere ciò che ne ricava. Di fatto invece ha soltanto la colonna del dare. Il denaro è stato irrimediabilmente speso per sprechi, regalie, follie di ogni genere e oggi rimane solo il dovere di pagare gli interessi. A vita.
Bisogna in primo luogo avere un’idea dell’ammontare in questione. Dal momento che quando si tratta di somme stratosferiche i numeri perdono sapore è opportuno ricorrere ad un altro metro di misura. Il debito italiano corrisponde a quattordici mesi di prodotto interno lordo e va suddiviso tra tutti i sessanta milioni di italiani. Prendiamo un padre di famiglia che guadagna 2.200 € lordi al mese; dal momento che ha moglie e due figli, il reddito individuale, nella sua famiglia, corrisponde a 2.200 diviso quattro, cioè 550 €. 550 x 14 fa 7.700 €. Ma di fatto chi può pagare è solo colui che ha un reddito, il padre di famiglia con i suoi 2.200 € che, moltiplicati per 14, dànno 30.800 €, sessanta milioni delle vecchie lire. Non è evidente che uno che guadagna 1.500 € netti al mese, con moglie e due figli, una somma del genere non potrà pagarla mai? Non tutti hanno da parte quattordici mesi di reddito e nessuno sarebbe comunque disposto a regalarli allo Stato.
E tuttavia, benché il debito pubblico sia la cosa più odiosa che si possa immaginare, benché pesi come una montagna sull’economia nazionale, lo Stato lo deve trattare con tutti i riguardi. Deve correre tutti i giorni a rassicurare i mercati affermando che pagherà gli interessi fino all’ultimo soldo; deve offrire un rendimento abbastanza allettante perché i risparmiatori e gli investitori comprino i nuovi titoli (con cui pagare i titoli in scadenza); deve persino astenersi dal tassarli pesantemente per paura che i risparmiatori si volgano ad altre forme di investimento, facendo fallire l’Italia. Il Paese è un drogato che non riceve più un grammo di droga dal pusher ma si è indebitato con lui e deve tenerselo buono per ottenere ogni mese un’ulteriore dilazione di pagamento.
Molti si chiedono: i possessori di titoli pubblici sono sanguisughe e sfruttatori dei propri concittadini? La risposta è no. Innanzi tutto nessuno obbliga nessuno a contrarre un mutuo. Basta non spendere più di quello che si guadagna e nessuno mai avrà bisogno di un prestito. Poi, se il mutuatario fa buon uso del denaro, tanto meglio; se lo spreca, non è colpa di chi gliel’ha dato. E il debito deve essere rimborsato. È lo Stato che è stato uno scialacquatore demente. Oggi, se i cittadini non gli prestassero altro denaro, lo metterebbero in guai infiniti che ricadrebbero inevitabilmente su tutta la comunità. I risparmiatori che comprano titoli di Stato sono dei benefattori.
Del resto, lo Stato fa di tutto per scoraggiare ogni altra forma di investimento. I depositi bancari non dànno reddito; gli immobili pagano alte imposte, costano per la manutenzione, possono essere locati solo ad equo canone, c’è l’obbligo di registrare il contratto ogni anno e c’è il rischio che gli inquilini non paghino; senza dire che lo Stato aumenta di un terzo l’Irpef sugli immobili non locati: insomma il piccolo risparmiatore è punito in ogni modo. Invece l’Erario lascia relativamente in pace i possessori di titoli pubblici perché ha bisogno di loro.
Abbiamo avuto ed abbiamo uno Stato famelico, guidato da demagoghi, che pensa, con La Fontaine, che l’avarizia della formica risparmiatrice sia “il più piccolo dei suoi difetti”. E per questo la punisce severamente. La costituzione dovrebbe essere emendata. Non è vero che (art.47) “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”. In realtà la Repubblica tutela – o almeno, ha tutelato – le cicale in tutti i loro sprechi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it
28 agosto 2011

IL DEBITO PUBBLICO VISTO DA VICINOultima modifica: 2011-08-31T13:22:53+02:00da gianni.pardo
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