LA MANOVRA, IL CAMBIAMENTO, LA SVOLTA

Così non va. Bisognerebbe cambiare tutto. Riorganizzare dalle basi. Semplificare. Razionalizzare. Troppi sprechi, troppi errori, troppa corruzione. E troppe tasse, sia come complessità di adempimenti, sia come peso fiscale. E la giustizia, poi! Così non si può andare avanti. Il Paese ha bisogno di riforme. Oh sì, il Paese ha bisogno di riforme.

Purtroppo, parlarne è un conto, farle un altro conto. In Italia il mezzo elettorato “progressista” è estremamente conservatore e l’altro mezzo, di centro-destra, non è molto migliore. Tutti vogliono le riforme ma, vedi caso, a carico degli altri. Questi “altri” però la pensano esattamente come loro, il governo non vuole dispiacere a nessuno e il risultato è il più totale immobilismo.

Il meccanismo non è difficile da spiegare. Se si parla di Pubblica Amministrazione tutti sono d’accordo: dovrebbe essere snellita e razionalizzata. Ma i funzionari sono d’accordo per gli altri settori, non per il proprio. Se gli propongono di cambiare attività, metodi di lavoro o, Dio liberi, trasferirsi altrove, di snellire l’amministrazione non si parla più. Si cita il contratto di lavoro, ci si rivolge ai sindacati, la stampa protesta a gran voce, si proclama uno sciopero. Riforma sì, ma non quella riforma. E il governo cede.

È lo stesso per tutto. Il fatto è che qualunque modificazione disturba qualcuno e chi è disturbato in Italia ha sempre ragione. Se domani qualcuno riuscisse a sconfiggere la morte otterrebbe solo uno sciopero massiccio dei fabbricanti di casse da morto e dei becchini: che oggi magari si chiamano “operatori cimiteriali” ed hanno un loro speciale sindacato. 

Senza andare a cercare esempi paradossali, si può fare una semplicissima constatazione. Tutti si lamentano che lo Stato è troppo presente, si occupa di troppe cose, pesa troppo e costa troppo. Però tutti vogliono che lo Stato metta rimedio a tutto e ne chiedono l’intervento; lo Stato ci prova e crea perfino organismi, uffici, enti; poi ci si accorge che questi enti sono inutili, si parla di abolirli ma non ci si riesce mai. Perché sarà pur vero che non hanno alcuna funzione, ma qualcosa producono: stipendi. E come si può togliere lo stipendio a padri di famiglia, regolarmente assunti? Non se ne parla. E non si parla neppure di trasferirli ad altro ufficio o in altra sede, questi padri di famiglia, perché sono sostenuti dai sindacati e dalla stampa e si rifiutano. 

Da noi si ha la micidiale combinazione di una società pronta alla protesta e di un governo paralizzato. Del resto bisogna capirlo: ha tutti contro. 

Questo conduce ad una situazione di stallo. I cittadini dicono di volere le riforme. Il governo ci prova e i cittadini protestano. Allora il governo fa marcia indietro e il popolo chiede di nuovo le riforme. Il governo le promette ma si guarda bene dal realizzarle, ragione per la quale – oh, che noia! – il popolo protesta. Soprattutto la metà che ha votato per quel governo e si sente tradita. È questa la ragione per la quale i giornali, le televisioni, la politica in generale sono così barbosi. Si ha la sensazione che si gira in tondo, si pesta l’acqua nel mortaio, si spinge il masso di Sisifo, insomma si assiste, parafrasando Nietzsche, all’ “eterno ritorno dell’uguale”: il desiderio di un governo che governi insieme con la più risoluta intenzione di impedirglielo.

Né le cose vanno diversamente per l’attuale manovra. Tagliare sì, ma altrove. Togliere qualche vantaggio sì, ma ad altri. Riformare le pensioni sì, ma senza cambiare nulla. Aumentare le entrate sì, ma senza aumentare le tasse. L’inno nazionale non è più “Fratelli d’Italia”, è “Non nel mio cortile”.

La disperazione permette di guardare all’attuale momento con serenità. I popoli dementi sono come i malati gravi: o guariscono o muoiono. E infatti sono spariti gli Ittiti, i Maya e tutti quei gruppi che non sono sopravvissuti all’ultima crisi. Una crisi che sul momento nessuno sapeva fosse l’ultima. L’Italia finirà peggio della Grecia? Rischiamo il fallimento, l’anarchia, la dittatura, o più semplicemente un governo di sinistra ancor più sconclusionato dell’attuale? Oggi non lo sappiamo ma, purtroppo per noi, lo sapremo. Eccome, se lo sapremo.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

1 settembre 2011

LA MANOVRA, IL CAMBIAMENTO, LA SVOLTAultima modifica: 2011-09-01T10:45:27+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA MANOVRA, IL CAMBIAMENTO, LA SVOLTA

  1. Se non sbaglio le situazioni di caos e “tutti contro tutti” spesso precedono l’arrivo di una dittatura. La quale, gran sollievo, mette ordine con la forza e fa le riforme a modo suo senza chiedere il parere della popolazione.
    Persino gli svantaggiati dalle riforme accettano cio’ che e’ inevitabile con una certa rassegnazione, come il castigo del papa’. In altre parole non si sentono “gli unici fessi che accettano di farsi fregare”, per la semplice ragione che non hanno scelta.
    Tutto questo all’inizio piace e rassicura, finche’ un bel giorno ci si comincia a chiedere come fare per liberarsi di questa “soluzione” e tornare alla liberta’.

  2. # Se domani qualcuno riuscisse a sconfiggere la morte otterrebbe solo uno sciopero massiccio dei fabbricanti di casse da morto e dei becchini

    ## La disperazione permette di guardare all’attuale momento con serenità

    LOL! concetti degni delle migliori Mollichine!

    Prof. Pardo, da quell’osservatore pessimista (ma obiettivo) che è, ha ragione da vendere ma io continuo a stupirmi dell’ostinazione dei nostri cosiddetti governanti: se la Buonanima riteneva inutile governare gli italiani perché questi non si rassegnano? il tornaconto è comunque più persuasivo dello sconforto?
    ritorno su un vecchio tema: non sarà la continua sensazione di essere in campagna elettorale a bloccare sul nascere qualsiasi tentativo, anche onesto, di affrontare con un minimo di lungimiranza le necessità del paese ?

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