IL MORALISMO IN ITALIA

La morale ha come base le necessità fondamentali del genere umano. L’intelligenza della nostra specie ci ha inoltre fatto capire che staremo tutti meglio se osserveremo un numero molto maggiore di regole rispetto a quelle che ci detta la natura: dal non fare rumore la notte per non disturbare i vicini al pagare le tasse; dal fare la coda allo sportello evitando discussioni alla cura dei vecchi, visto che vecchi diventiamo tutti (si spera) una volta o l’altra.
Questo affinamento dei doveri consigliati dalla convivenza è molto meno cogente dell’istinto e infatti in questo ambito le società non sono tutte uguali. Si potrebbe dire che esistono società più o meno morali. Mezzo secolo fa chiesi ad una ragazzina, in Francia, che cosa avrebbe pensato di una compagnetta che a scuola avesse copiato il compito. E lei non ebbe dubbi: “Qu’elle est malhonnête”, che è disonesta. Da noi invece anche i candidati al concorso per magistrato cercano di copiare. Dunque “la società scolastica francese è (era?) più morale dell’italiana”.
La morale nasce dalla società ma diviene un fatto individuale. Chi è abituato ad un certo comportamento finisce col considerarlo naturale. Quella bambina non si strapazzò a dichiarare che lei non avrebbe mai copiato come in Italia nessuno oggi si vanta dicendo: “Io non sputo per terra”.  Eppure un secolo fa tanta gente lo faceva. L’uomo morale lo è senza proclami, mentre il moralista si considera degno di particolare stima. E questo è preoccupante. Chi dice mai: “Io non rubo” se non chi ha frequentato dei ladri o chi deve lottare contro la tentazione di rubare? Per questo Ernest Renan ha scritto: “Ho conosciuto molte canaglie che non erano moraliste, non ho conosciuto moralisti che non fossero canaglie”.
L’Italia, per cause remote, è poco morale. Il rispetto della collettività è evanescente; il sentimento religioso è tenue; il senso civico pressoché inesistente; le regole si rispettano se non se ne può fare a meno. In compenso, in passato i costumi erano tolleranti. Gli italiani (e i cinesi) furono sbalorditi quando gli americani pretesero le dimissioni di Richard Nixon solo perché aveva mentito. Dall’alto di una saggezza e di un pessimismo millenari trattavamo con indulgenza gli errori e i peccati altrui. Pensavamo, con Terenzio, che non ci è alieno niente che sia umano.
Purtroppo nell’ultimo mezzo secolo noi italiani non siamo diventati più morali ma solo meno tolleranti. Dei vizi altrui. Fra i più accaniti moralisti ci sono coloro che non hanno molte possibilità di comportarsi male: per esempio i professori. Non possono imbrogliare sul peso, emettere fatture false o frodare il fisco e perciò sono più arcigni e severi di Girolamo Savonarola. Nel frattempo non si accorgono che le raccomandazioni sono un atto di disonestà. Non capiscono che, se dànno una lezione privata e non la dichiarano al fisco, sono evasori, come lo sono quando non chiedono la fattura all’idraulico per non pagare l’Iva. “Per somme minime!”, esclamano. Come se si fossero volontariamente astenuti dall’ingannare il fisco per milioni di euro.
Il moralismo italiano è una moda. Dimentichiamo le lezioni della storia e arriviamo all’assurdo di sostenere che i politici “devono dare l’esempio”. Per non interferire col corso della Giustizia (più infallibile di Salomone) devono rinunciare a quella prescrizione cui nessun cittadino rinuncerebbe. A cominciare dai moralisti. Gli statisti non che arricchirsi dovrebbero rimetterci; gli amministratori degli enti pubblici dovrebbero essere impermeabili alle raccomandazioni per gli appalti mentre i privati raccomandano i figli a scuola e gli amici per qualche impiego. Ognuno depreca vivamente i peccati che, per una ragione o per l’altra, non può commettere, e scusa quelli che commette con la solita, imbattibile giustificazione: “Lo fanno tutti”.
I moralisti sono quelli che vorrebbero imporre a tutti gli altri una virtù sublime mentre usano un diverso metro per sé e per i loro cari. Il mondo dei media è pieno di questa fastidiosa genia. Siamo al punto che coloro che sono sul serio eccezionalmente morali non dovrebbero mai predicare la virtù: nessuno potrebbe distinguerli dai moralisti.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it
2 settembre 2011

IL MORALISMO IN ITALIAultima modifica: 2011-09-02T09:02:00+02:00da gianni.pardo
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