INCESTO, ABORTO ED EUGENETICA

Esistono incompetenti in  astronomia, in chimica, in batteriologia, e molti addirittura si vantano di non capire nulla di matematica. Invece non se ne trovano in materia di religione e di morale. Qui tutti sanno il necessario ed è molto difficile dimostrare che sarebbe opportuno riflettere, prima di parlare. C’è gente che dice: “Per me il Cristianesimo è quello del Vangelo, il resto sono invenzioni della Chiesa”, senza pensare che, secondo la storiografia ufficiale, i vangeli non sono stati scritti dagli apostoli e soprattutto che i vangeli non sono quattro, ma molti di più. Quattro sono quelli legittimati dalla Chiesa: l’organizzazione di cui il nostro protestante “fai da te” non si fida.

Su questi argomenti, e soprattutto in materia di morale, la tendenza è quella di credere che si tratti di evidenze. Che basti ascoltare la propria coscienza. Del resto questo modo di intendere il problema è stato legittimato da un gigante come Immanuel Kant: che altro è, il suo imperativo categorico, se non la voce della coscienza, cioè la voce del condizionamento ricevuto? 

In fondo, si tratta di una concezione religiosa, la cui base è l’assunto che Dio si sia dato la pena di inserirci nell’anima, come parte del Dna, un codice indiscutibile che qualcuno chiama anche “legge naturale”. Cosa che in realtà è vera, se alla parola Dio sostituiamo la parola “istinto”. Infatti uno degli “imperativi” più forti, per gli esseri umani di qualunque livello di civiltà, è “non uccidere”. È una norma divina? Se così fosse, Dio l’avrebbe data anche agli animali: la violenza intraspecifica è infatti una rarità. 

In natura, alla sopravvivenza dell’individuo pensa l’individuo stesso, ma alla sopravvivenza della specie provvede quell’istinto che spinge il singolo a riprodursi e a non diminuire il numero dei suoi simili (divieto dell’omicidio). Se la base di certi imperativi fosse divina, sarebbe sconsigliabile mettersi a discuterli col suo Autore, ma se la base è etologica, se essi sono dettati dall’istinto, con l’istinto non solo possiamo ma dobbiamo discutere. Come già facciamo se, eccedendo nella preoccupazione della sopravvivenza della specie, esso ci spingesse a commettere una violenza carnale.

Nella società sviluppata l’istinto ci impone di rispettare la vita altrui anche quando l’interessato sarebbe contento di morire (è un reato aiutare un suicida ad uccidersi) o quando la vita non è cosciente di sé, come nel caso del feto focomelico destinato all’infelicità. Ed è interessante vedere come tutto ciò non avvenga con piena coscienza e dopo matura riflessione, ma solo per obbedienza alla lettera della “legge naturale”, non alla sua ratio. Ciò si può dimostrare riflettendo sull’incesto.

Il divieto di questa pratica è draconiano. La generalità degli uomini ne parla come il colmo dell’orrore e per così dire non trova parole abbastanza severe per condannarlo. Eppure si tratta soltanto di una regola eugenetica. L’istinto della specie – o, chissà, l’esperienza di innumerevoli generazioni preistoriche – non solo ci vieta di uccidere, ci impone anche di evitare gli accoppiamenti fra consanguinei che possono produrre figli malati o malformati. La regola è razionale: ciò malgrado, gli stessi uomini che le obbediscono si dichiarano poi risolutamente a favore della nascita dei bambini che un esame ha già dichiarato Down o, peggio, focomelici. La ragione di questo contrasto è la seguente: mentre l’istinto e la tradizione hanno avuto milioni di anni per identificare nell’incesto una causa di malformazione, durante lo stesso tempo nessuno è stato in grado di dire, prima della nascita, che il bambino sarebbe stato un minorato. Dunque non si è maturata un’analoga regola eugenetica. L’obbedienza all’eugenetica è morale per l’incesto e immorale per l’aborto del focomelico.

Qualcuno potrebbe obiettare che col divieto dell’incesto si evita la concezione del piccolo malformato mentre con l’aborto eugenetico si sopprime un feto. Vero. Ma si potrebbe rispondere che mentre si è severissimi nel prevenire il rischio che nasca un bambino malformato, con la nascita del focomelico si provoca volontariamente la realizzazione di quel rischio.

Naturalmente si potrà essere in disaccordo: ma bisognerà convenire che, appunto, non è assurdo discuterne. Ciò dimostra che anche la morale richiede studio e approfondimento. Non basta fidarsi della propria coscienza. Diversamente ognuno dovrebbe essere capace di dimostrare per quale ragione sia contro l’incesto e non a favore dell’aborto del focomelico, anche se ambedue hanno le stesse ragioni eugenetiche. Dire semplicemente “non si fa, è vietato, è un orrore”, non prova nulla. 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

2 ottobre 2011

INCESTO, ABORTO ED EUGENETICAultima modifica: 2011-10-02T18:07:48+02:00da gianni.pardo
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